martedì 19 settembre 2023

A Lampedusa soffia Il Vento del Nord e il cinema torna in piazza

In una delle settimane più calde per l'isola di Lampedusa, in questo ultimo scampolo di estate in cui lo Scirocco litiga con il Maestrale, siamo approdati anche noi sulla striscia di terra più a sud dell'Italia, e non per documentare gli sbarchi dei migranti, il sovraffollamento dell'hotspot e la visita del Presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen e del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. No, la ragione per cui ci troviamo qui è partecipare e parlare di una bellissima iniziativa che riguarda il cinema, gli abitanti dell'isola e soprattutto gli studenti di un liceo, che hanno scoperto la fabbrica dei sogni e i suoi mestieri. Anche gli adulti hanno riassaporato il piacere di sedersi al buio di fronte a uno schermo, che nel nostro caso è grande abbastanza da consentire la sospensione dell'incredulità.

È cominciata sabato 16 settembre, e andrà avanti fino a venerdì 22, la quindicesima edizione de Il Vento del Nord, una rassegna ideata da Massimo Ciavarro nel 2008 con la consulenza del Professor Giovanni Spagnoletti e il coordinamento di Laura Delli Colli, Presidente del Sindacato dei Giornalisti Cinematografici Italiani. Mentre ci godiamo la brezza marina e guardiamo il faro di Lampedusa, ci facciamo raccontare la nascita di una manifestazione che non possiamo chiamare festival, e non solo per l'assenza di un tappeto rosso su cui far sfilare le star: "Non c’è mai stata la volontà di fare un festival" - ci spiega Massimo Ciavarro - "perché fin dall'inizio Il Vento del Nord è stato un progetto volto a colmare una lacuna enorme. Trent'anni fa c'era una piccola saletta cinematografica a Lampedusa, ma è sparita proprio come un'arena che per due anni abbiamo utilizzato per una serie di proiezioni con ospiti. Più tardi abbiamo avuto l'idea di fare il cinema in piazza, e abbiamo scelto un posto speciale, un grande slargo che guarda il porto e che è un luogo iconico per l'isola, oltre che una piazza molto frequentata. I primi anni sono stati eroici. Ricordo che abbiamo usato le sedie della chiesa e che a un certo punto siamo riusciti a far arrivare da Palermo uno schermo bello grande. Abbiamo anche stimolato la curiosità di alcuni ragazzi locali che in realtà si occupavano di musica, e che hanno comprato l'attrezzatura. Quando arriviamo, sappiamo che ci sono loro ed è un po’ più facile, anche perché hanno le sedie e tutto ciò che serve per 'organizzare' una platea".
"Poi ci sono stati gli anni del Covid" - prosegue Laura Delli Colli - "durante i quali ci siamo spostati in una piazza più piccola, anche perché c'era bisogno di un'entrata e di un'uscita. Il terzo o quarto anno abbiamo fatto un'edizione speciale a Palermo, perché era un anno molto difficile per Lampedusa, e quindi, a fine settembre, siamo andati nei quartieri della Zisa, dove poi sarebbe nato il Centro Sperimentale. La nostra è stata un'impresa a volte ardita, che abbiamo reso possibile grazie alla passione, al duro lavoro e a un'associazione, Lampedusa Cinema, che abbiamo costituito a un certo punto. Massimo è il rappresentante legale, poi ci sono io e c'è Giovanni Spagnoletti, che è stato coinvolto fin dalla prima edizione".

Perché la rassegna si chiama Vento del Nord?

LDC: Io sono entrata operativamente dalla terza edizione. Nelle prime due era coinvolta anche Eleonora Giorgi, a cui piaceva l'idea che ci fosse un rapporto tra il nord più a nord del mondo e il sud più a sud dell'Italia, e quindi Il Vento del nord aveva preso l'avvio con il cinema tedesco, per la precisione con Rainer Werner Fassbinder. È stata un’edizione veramente bizzarra perché i film tedeschi poco c’entravano con i titoli italiani e soprattutto non erano il tipo di cinema con cui si poteva cominciare ad alfabetizzare il pubblico. Comunque Il Vento del Nord mi sembra un nome azzeccato, perché per Lampedusa il cinema italiano viene sempre dal nord, un nord di cui fa parte perfino Palermo.

A parte i tedeschi, Il Vento del Nord ha avuto ospiti italiani, e quindi registi e attori che hanno vissuto un'esperienza umana importante?

MC: Sono venuti a trovarci Jasmine Trinca, Carolina Crescentini con Motta, Francesco Scianna per due volte, Sergio Castellitto, che ha incontrato Jasmine Trinca e l'ha voluta come protagonista di Fortunata. Chiunque ha messo piede in questa piccola isola per la nostra rassegna e ha incontrato il pubblico di Lampedusa è andato via con l'idea di aver fatto una cosa speciale. Terence Hill, che non va mai in nessun posto, è venuto per 24 ore. Abbiamo proiettato il suo film e lui ha voluto incontrare la gente di Lampedusa, ed è stato un momento molto divertente, perché, a sorpresa, abbiamo chiamato il parroco di Lampedusa, e sembrava più prete Terence di lui, perché il parroco somiglia a un guerrigliero, è un uomo molto ruvido, che porta una croce al collo e ha sempre visto con simpatia ciò che facciamo, ma in quella circostanza abbiamo vissuto il momento più pop di tutta la rassegna, perché l'incontro fra un vero prete e Don Matteo ha fatto sorridere un po’ tutti. Infine, un anno fa, ci sono venuti a trovare Kasia Smutniak e Domenico Procacci, e lei ci ha chiesto di vedere anche i posti "più forti" dell’isola, e con Pietro Bartolo, il medico che ha guidato l’equipe di Lampedusa per anni, ci siamo avvicinati molto all'hotspot e abbiamo visto cose che solo un europarlamentare poteva farci vedere.

Avete già dei progetti per la sedicesima edizione che prevede la partecipazione di qualche filmmaker?

LDC: Sì, c'è un progetto che è una sorta di piccola celebrazione di Respiro di Emanuele Crialese, che forse è il film più rinomato e importante ambientato a Lampedusa. Abbiamo già preparato qualcosa con Procacci, che lo scorso anno si è molto emozionato perché Cala Creta, che è un po’ il nostro quartiere generale, è il luogo dell'isola dove hanno abitato gli attori e la troupe quando è stato girato Respiro. Il proprietario è riuscito a recuperare dalle stanze le tante cose lasciate, ad esempio i copioni, e ha quindi una piccola raccolta di memorabilia che Domenico si è emozionato a rivedere.

Una parte importante de Il Vento del Nord è il laboratorio di cinema insieme agli studenti del liceo. Di cosa si tratta esattamente?

MC: Il laboratorio è nato ormai da una decina d'anni ed è diventato molto importante negli ultimi cinque o sei, anche per la collaborazione con un liceo scientifico. Agli insegnanti abbiamo chiesto di indicarci gli studenti più giusti e in particolare i più disponibili, perché molti, finita la scuola, trascorrono l'estate lavorando. Ad esempio c'era una ragazza che voleva a tutti i costi partecipare al laboratorio e che la mattina andava a fare un turno in un bar alle sei pur di venire a seguirci. Abbiamo fatto tante chiacchierate con i ragazzi, per fortuna via zoom durante il lockdown. Il laboratorio ha una parte "scientifica" sulla letteratura, affidata a Giovanni Spagnoletti, e poi partecipiamo anche noi, ma ci tengo a dire che Stefano Amadio è stato la persona che ha più lavorato con i ragazzi durante l'anno. In prima battuta li abbiamo trasformati in una giuria cinematografica facendo loro vedere alcuni film, scelti da Laura, fra cui dovevano scegliere un vincitore. Abbiamo sottoposto alla loro attenzione sia film impegnati che un po’ più leggeri, e quindi commedie. Poi ci sono stati eventi musicali, con in testa Claudio Baglioni, che ha una casa a Lampedusa. Tornando al cinema, abbiamo voluto insegnare ai ragazzi come si fa un film. In questo senso è stata provvidenziale la Fondazione Claudio Nobis, che è nata per aiutare i giovani che si avvicinano al mondo dello spettacolo, del giornalismo, del teatro, del cinema. La Fondazione ci ha aiutato a finanziare la produzione di tre cortometraggi che abbiamo fatto girare ai ragazzi.

LDC: La prima idea che ci è venuta è stata: raccontate il vostro lockdown. I risultati sono stati sorprendenti. Per esempio un ragazzo affetto da una forma depressiva è riuscito a parlare di sé nelle varie riunioni e si è molto aperto, e quindi il cinema è stato per lui terapeutico. Il secondo corto è stato girato nel settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri. Abbiamo chiesto agli studenti: Se Dante fosse a Lampedusa, come vedrebbe quest’isola? Quindi abbiamo immaginato insieme a loro un Inferno, un Paradiso e un Purgatorio: l'Inferno era quello dei migranti, la cura e il recupero delle tartarughe, che aspettano di tornare in acqua, era il Purgatorio, mentre la natura era il Paradiso. Il terzo corto, realizzato lo scorso anno, riguardava Pier Paolo Pasolini ed è stato un lavoro più complicato. Ho detto ai ragazzi: "Ma voi sapete chi era Pasolini?". Quasi tutti i maschi sapevano che era calciatore, anzi un poeta calciatore. Abbiamo dato agli studenti un mese di tempo per approfondire l'argomento e poi è nato un canovaccio su cui abbiamo lavorato. Fondamentale è stato l'apporto di David Grieco e Alberto Crespi. Abbiamo fatto un lavoro immenso, trasmettendo a qualcuno la voglia di lavorare per il cinema una volta cresciuto. Importantissimo anche l'apporto di Rocco Giurato, che ha curato la fase video e quindi di documentazione.

Quest'anno Il Vento del Nord ha luogo in un momento molto complicato per l'isola di Lampedusa, e quindi immagino che la quindicesima edizione della rassegna si svolga più che mai all'insegna della solidarietà.

LDC: La nostra solidarietà va innanzitutto a un'isola dove abitano persone che hanno una vocazione semplicissima all'accoglienza, che è sia accoglienza dei turisti, che sono anche l'anima della stagione estiva, che accoglienza in generale, perché qui abbiamo conosciuto individui che forse non sono stati raccontati bene nemmeno da un documentario d’autore come Fuocoammare di Gianfranco Rosi: uomini e donne che hanno sempre accolto chi arriva, e quando c'è stato il problema di un gran numero di bambini e ragazzi che non avevano più i genitori, in tanti li hanno assistiti, accuditi e poi, in qualche caso, adottati. Diciamo che negli anni c'è stata una grande mobilitazione, dal pannolino a tutti i generi di prima necessità. La gente di Lampedusa non ha mai voluto essere rappresentata, ringraziata o celebrata in nessun modo, e ci sono dei ragazzi qui, chiaramente con la pelle nera, che parlano siciliano perché sono siciliani a tutti gli effetti.

MC: Questo è un posto strano, perché Lampedusa non ha un ospedale ma un Pronto Soccorso, e quindi è costretta a servirsi di Palermo. I pochi lampedusani che figurano all'anagrafe sono i bambini e le bambine che nascono qui perché vengono alla luce sui barconi, visto che i lampedusani partoriscono a Palermo. L'immondizia dev'essere caricata su una nave e portata ad Agrigento. Lampedusa è un'isola che viene occupata militarmente dai soccorritori, dalla Croce Rossa, dalla Protezione Civile, dai militari, eppure qui la vita va avanti con grande tranquillità ed è giusto anche che ci siano delle proteste, perché quello che la gente vorrebbe sono i servizi, perché i servizi sono pochi per i migranti ma anche per chi vive qui. Lampedusa sembra un posto arretrato, ma la mentalità della gente non lo è affatto, perché qui il tema dell'inclusione non esiste: è già risolto.



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