È assai probabile, se seguite il cinema e l'animazione, che sappiate dell'esordio amarissimo la scorsa settimana nelle sale americane di Elemental, nuova fatica Pixar / Disney. Ha fatto notizia, perché solo il primo Toy Story nel 1995 aveva incassato meno al debutto: considerando che pochissimi all'epoca sapevano cosa fossero la Pixar e l'animazione in CGI, tenendo presente l'inflazione, Elemental è andato in realtà peggio. Elemental arriva oggi nei cinema italiani e, se avete a cuore la qualità a cui la Pixar ci ha abituato nei decenni, non dovreste farvi intimidire. Perché la situazione non ha nulla a che fare con la qualità del film in sé (notevole, se leggete la nostra recensione qui in basso), ma più col modo in cui ci poniamo in questo periodo davanti a un tipo di proposta. Leggi anche Elemental, la recensione del poetico film di animazione Pixar
Elemental: non aspettatelo su Disney+ dopodomani
L'esplosione della pandemia nel 2020 è coincisa col lancio di Disney+ in molte zone del mondo, Italia compresa, ed è arrivata sull'onda lunga del suo esordio negli Usa nel novembre 2019. Con le sale chiuse Bob Chapek, il precedente CEO della Disney (lo scorso autunno sostituito da Bob Iger al suo ritorno), aveva deciso di dirottare diversi prodotti destinati alla sala sullo streaming: sul fronte animato a farne maggiormente le spese è stata proprio la Pixar. Onward - Oltre la magia uscì in sala a macchia d'olio trovandosi in piena tempesta, mentre Soul, Luca e Red sono stati nella maggior parte dei territori esclusive streaming prestigiose della piattaforma. Quando la Pixar si è riaffacciata in sala l'ha fatto un anno fa con Lightyear - La vera storia di Buzz, di certo non uno dei suoi titoli più ispirati dell'ultimo periodo, ma sulla carta forte del brand Toy Story: nonostante le premesse, i suoi 226.400.000 dollari incassati nel mondo sono stati davvero pochi, specie se paragonati al miliardo registrato nel 2019 da Toy Story 4. Al di là delle riserve su Lightyear in sé, sicuramente corresponsabili del flop, la cifra è però così più bassa da far temere una realtà che il tonfo americano immeritato di Elemental, a soggetto originale e senza la corazza di un brand, conferma amaramente. Sembra che il pubblico di famiglie fidelizzato con Disney e Pixar sia disabituato ad andare al cinema, perché molto probabilmente già abbonato a Disney+, trovando più conveniente aspettare l'arrivo dei film a casa.
Non va bene, non solo alla Disney ma nemmeno al pubblico.
La ragione ovvia, ma degna di essere ribadita, è che questi sono lavori pensati per il grande schermo, ricchi di dettagli e cura: in sala si vivono meglio, anche se a casa abbiamo un impianto eccezionale (saremo sempre più distratti che al cinema). Farsi avvolgere totalmente da un'esperienza che stimola la fantasia, creando un mondo da zero, ha un suo valore.
La ragione meno ovvia è che i lungometraggi ad alto budget hanno bisogno di una doppia vita commerciale, al cinema e in digitale, per recuperare gli investimenti: la Disney e altre major hanno seguito il modello Netflix durante l'emergenza Covid, ma non sono Netflix. Lo streaming è una parte importante della loro attività ma sono un ecosistema che copre più realtà di fruizione, e da quella multiformità dipende il loro stato di salute economico e, per proprietà transitiva, degli investimenti che garantiscono per gli artisti. Risponderete che non avete responsabilità per una major come la Disney, che magari pure detestate, però prima di arrivare lassù c'è qualcuno più in basso al quale forse dovete qualcosa.
Gli amici della Pixar si vedono nel momento del bisogno
Dopo quasi trent'anni, quanti di noi possono dire di non essere stati formati poeticamente dalla Pixar? Forse solo chi detesta a prescindere l'animazione può dire di non essere stato toccato nemmeno una volta da qualche intuizione preziosa della casa di Emeryville, o da qualche loro ispirata ricerca estetica, dal loro sense of wonder. È difficile mantenere la posizione di rivoluzionari dopo tre decenni, e certamente se si vuole la novità-shock si rimarrà oggi più appagati dallo psichedelico Spider-Man Across the Spider-Verse, però in Elemental quell'identità che avete amato c'è: la poesia di personaggi che seguono regole proprie, alternative alla nostra realtà, riflettendo allo stesso tempo le nostre stesse umanissime tribolazioni. È pure normale che l'asticella posta molto in alto con una sfilza di capolavori (andata ben oltre l'umano) sia difficile da toccare ancora senza stancarsi, però nessuno alla Pixar dà l'idea di non voler ancora provare ad alzarsi in punta di piedi per raggiungerla. Elemental incarna benissimo quest'anima e questa disinvoltura ancora artisticamente invidiabile. Sosteniamo un film così, se vogliamo evitare nel migliore dei casi di essere sommersi dai seguiti (ci aspettano già Toy Story 5 e Inside Out 2). Sosteniamo un film così, se nel peggiore dei casi vogliamo evitare che qualcuno sfili il tappeto sotto i piedi di una delle più grandi realtà dell'animazione occidentale. Su Disney+ ci sarà sempre più di quello che in tutta la vita riusciremo mai a vedere, e al cinema le famiglie italiane si accontentano spesso di prodotti animati non a questo livello. Accettare con fatalismo la sconfitta in sala di una proposta come Elemental è triste, soprattutto per il team che ora gestisce Pete Docter: il loro raccontarsi al pubblico alimenta più che mai i loro lavori (Elemental è la metafora fantastica della vita da figlio di immigrati del regista Pete Sohn, così come Luca era un omaggio di Enrico Casarosa alle Cinque Terre). Alto budget investito in un legame privato tra autori e spettatori: non diamo per scontato che sia un miracolo infinito, ma riconosciamo che possiamo almeno cercare di prolungarlo il più possibile.
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