Dopo la partecipazione in concorso alla Mostra Internazionale del cinema di Venezia, dal 9 novembre è al cinema Lubo, il nuovo film di Giorgio Diritti, uno dei registi più interessanti del nostro paese. Ogni film del premiato autore bolognese è un evento e vi consigliamo di non perdere questa sua ultima fatica, tratta liberamente dal romanzo di Mario Cavatore "Il seminatore" (edito da Einaudi), Si tratta di una co-produzione italo-svizzera con un cast internazionale ad affiancare il protagonista Franz Rogowski: Christophe Sermet, la nostra bravissima Valentina Bellè, Noemi Besedes, Cecilia Steiner, Joel Basman, Philippe Graber, Massimiliano Caprara. Lubo racconta una storia avvenuta nella neutrale Svizzera nel 1939, quando un uomo si vede sottrarre i figli perché nomade e contemporaneamente viene chiamato a difendere il Paese. Questa una clip in esclusiva del film con Franz Rogowski.
Lubo: la trama e il trailer ufficiale del film
Lubo è un nomade, un artista di strada che nel 1939 viene chiamato nell’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca. Poco tempo dopo scopre che sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di prendere i loro tre figli piccoli, strappati alla famiglia in quanto Jenisch, come da programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada (Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse). Lubo sa che non avrà più pace fino a quando non avrà ritrovato i suoi figli e ottenuto giustizia per la sua storia e per quella di tutti i diversi come lui.
Dalle note di regia di Giorgio Diritti su Lubo
Il romanzo “Il Seminatore” di Mario Cavatore, da cui prende liberamente riferimento il progetto di questo film, inizia con l’incipit “gli zingari sono sempre stati un problema”. Lo scontro etnico, la paura del diverso, sono ancora oggi al centro di episodi della cronaca di tutti giorni ed è evidente quanto le differenze razziali o religiose costituiscano elemento di scontro e rappresentino la più forte minaccia alla stabilità delle relazioni tra le persone e i popoli. La lettura del romanzo mi ha svelato una vicenda storica poco conosciuta di persecuzione nei confronti di una minoranza nomade, gli Jenisch, a cui vennero sottratti i figli al fine di “rieducarli” in un periodo storico compreso tra gli anni ‘30 e gli anni ‘70. Le stime sulle ricerche parlano di circa 2000 bambini. Ciò mi è apparso inquietante e particolarmente stridente per un paese democratico e civile come la Confederazione Elvetica, sovente citata come “esempio virtuoso” nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Mi sono chiesto, cosa avrei fatto, come avrei agito subendo una violenza così grande. Avrei reagito contro lo Stato con violenza? Lubo, a cui “rapiscono” i bambini e uccidono la moglie è un uomo solo che improvvisamente si trova in guerra con il mondo, non accetta e lotta contro questa folle discriminazione, vuole ritrovare i suoi figli e cerca nel volto delle varie donne che incontra il volto di sua moglie. Vuole ricostruire un futuro possibile esprimendo anche il suo desiderio di amare, di ritrovare e credere comunque nell’amore.
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