sabato 13 dicembre 2025

Le Follie dell'Imperatore compie 25 anni: la storia segreta del classico Disney e del documentario sparito che la racconta

Nel dicembre del 2000 arrivava nelle sale americane Le follie dell'imperatore, nella lunga tradizione dei Walt Disney Animation Studios ancora oggi uno dei loro film più strani: la storia del viziato imperatore inca Kuzco, trasformato in lama per errore dalla strega Yzma e dal suo scagnozzo Kronk, educato però al rispetto del prossimo dal contadino Pacha. 25 anni dopo, l'umorismo scatenato, il ritmo travolgente e le trovate che sfondano la quarta parete lo hanno reso tanto un classico, quanto un film divisivo tra gli appassionati della casa: per qualcuno lo sberleffo e l'animazione slapstick lo avvicinano più alla tradizione warneriana che a quella disneyana. E in effetti, indagando dietro le quinte, non doveva andare così.

Kingdom of the Sun, il film che nessuno avrebbe mai visto

Reduce dal Re Leone, il regista Roger Allers avviò dopo il 1994 un progetto per un altro lungometraggio animato, immerso nella cultura degli Inca, intitolato Kingdom of the Sun. Il giovane pastore di lama Pacha (con la voce originale di Owen Wilson) si scambiava di posto con un suo gemello, un viziato imperatore (David Spade), incarnando con semplicità un buon governo, dalla parte della gente: il tutto conquistando il cuore di una ragazza che aveva sempre detestato il vero imperatore, e resistendo agli attentati della strega Yzma (Eartha Kitt), che trasformava l'imperatore in lama e inseguiva il segreto dell'eterna giovinezza. Nel 1997 il team Disney coinvolse Sting nella composizione di sei canzoni che avrebbero puntellato la storia, nel puro stile dei classici epici musical animati del Rinascimento Disney dei Novanta. Affiancato da Mark Dindal come co-regista, Allers era molto contento della proposta. Venne completato l'intero story reel del film, uno storyboard montato con una colonna sonora provvisoria, inframmezzato da pencil test, cioè sequenze animate a matita per alcuni momenti chiave, utili a delineare in modo chiaro la personalità dei protagonisti. C'è qualcosa che non vi torna? Le follie dell'imperatore ve lo ricordavate un po' diverso, no? Certo, perché, dopo la proiezione dello story reel, gli allora capi dello studio Thomas Schumacher e Peter Schneider lo demolirono pressocché in toto. Troppa carne sul fuoco, una storia che andava in tante direzioni diverse, un film che voleva essere troppi film contemporaneamente. Capita sempre in questa fase che diversi elementi di un cartoon siano modificati, ma - per la stessa ammissione delle persone coinvolte - non in modo così drastico. Kingdom of the Sun, così com'era, per i capi era da buttare.

Da Kingdom of the Sun a The Emperor's New Groove

Fu proposto allora di focalizzarsi su un solo tema: il raggiungimento della maturità, dall'egoismo all'apertura verso il prossimo. La storia venne sfrondata, eliminando l'influenza del "Principe e il Povero" e l'idea del gemello, concentrandosi sull'imperatore Kuzco trasformato in lama (sempre Spade), riprogettando Pacha da zero come uomo adulto e saggio, per contrasto. Fuori quindi Owen Wilson, entrò John Goodman come voce del simpatico pastore. In questo processo, si verificò tuttavia un terremoto più sensibile: specialmente dopo una prima revisione dello storyboard ad opera di Chris Williams (in seguito regista di Bolt, Big Hero 6 e Il mostro dei mari), il tasso di umorismo si alzò. Tanto. Troppo per Roger Allers, che non riconobbe più il progetto come suo, tanto che dolorosamente decise di lasciare il film tutto nelle mani di Dindal. Non fu l'unica defezione: nemmeno l'animatore Andreas Deja, sulle prime felicissimo di dar vita a una villain carismatica come Yzma nella prima versione, riusciva a ritrovarne il fascino in un personaggio buffonesco, che lasciò al collega Dale L. Baer.
A tempi di record, con una data d'uscita che si avvicinava, Mark Dindal iniziò ad assemblare un film tutto costruito sui personaggi, precisamente due coppie, buoni e cattivi, cioè Kuzco / Pacha e Yzma con l'assistente inetto Kronk. A doppiare la strega rimase Eartha Kitt, ma Kronk nacque solo in questa revisione del film, con la buffissima voce originale di Patrick Warburton.
Tutto in discesa a quel punto? Magari. Sting dovette accantonare l'orgoglio d'artista: le sue canzoni sarebbero state tutte cestinate, doveva scriverne adesso solo una per la storia e un'altra per i titoli di coda, in un registro diverso, per giunta quando stava ormai lavorando su un nuovo album e un nuovo tour. "Alla fine mi son detto: so anche fare l'artigiano, se serve, non è detto che debba dare proprio tutto me stesso a ogni progetto" - fu la riflessione dolcemara del cantautore. Sting però protestò per il finale previsto, dove Kuzco semplicemente costruiva il suo arrogante parco acquatico da un'altra parte: per lui contraddiceva la morale della storia, e fu accontentato con una modifica. Guai last minute anche per la colonna sonora, inizialmente affidata a Marc Shaiman, ma giudicata troppo "spiegona" per le scene: rimosso Shaiman, entrò John Debney, definitivo.
I capi adesso apprezzavano quello che vedevano, ma dovevano anche loro superare uno scoglio psicologico: lo studio Disney aveva mai presentato al pubblico un film così farsesco? E il pubblico si sarebbe mai affezionato a un protagonista nel primo atto della storia così sgradevole? Pazienza, il dado era tratto, il film almeno aveva un timone saldo.

Le follie dell'imperatore, il classico suo malgrado

Ma come sappiamo tutto ciò che vi abbiamo raccontato? Pure voci? No. La moglie di Sting, Trudie Styler, fu coinvolta per realizzare un backstage di Kingdom of the Sun, salvo poi trovarsi a testimoniare la tempesta che vi abbiamo raccontato, ricavandone con John-Paul Davidson il documentario The Sweatbox (il titolo si riferisce alla prima cabina in cui Disney rivedeva i giornalieri dei cartoon, senz'aria condizionata). Presentato ai festival, questo lavoro è stato però comprato dalla Disney solo per farlo sparire. Certo, qualcuno nel documentario ogni tanto lancia qualche improperio colorito non proprio "disneyano", ma è un peccato vergognarsi di quello che successe: si evince un enorme rispetto reciproco in ogni circostanza, senza contare che aver partorito un cartoon così coerente, superando il disastro iniziale, è un monumento alla professionalità dello studio. Pensando alla franchezza molto simile del (bellissimo) backstage a puntate Frozen II - Dietro le quinte, disponibile su Disney+ e altrettanto duro e problematico, sarebbe bello che si riconsiderasse oggi la disponibilità di The Sweatbox. La creazione artistica non è un processo lineare: quella collettiva ancor meno. Le difficoltà potranno far paura agli azionisti, per noi spettatori e spettatrici aggiungono solo fascino all'esperienza.
Le follie dell'imperatore non vinse Oscar (solo una candidatura di rito per "My Funny Friend and Me" di Sting) e incassò nel mondo più o meno 170 milioni di dollari, per un budget stimato di 100: flop. La Pixar aveva già avviato la rivoluzione dell'animazione in CGI, la tecnica 2D tradizionale a mano libera era al tramonto a Hollywood, il Rinascimento Disney era agli sgoccioli. Ma il film è cresciuto nel cuore di chi gli diede una chance allora e continua a scoprirlo oggi: scatenato come pochi, fu anche benedetto da una versione italiana tra le migliori mai realizzate. Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu come Kuzco e Kronk vengono messo in ombra, non perché i due non siano perfetti ed esilaranti, ma solo perché a interpretare Yzma c'è una titanica Anna Marchesini: questo film è la vera impronta cinematografica che in carne e ossa non ha mai lasciato. Da applausi.



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