Con l'ultimo capitolo della trilogia di Bourne uscito nel 2007, sembrava proprio che Matt Damon avesse intenzione di lasciare per sempre il ruolo della spia fuori controllo, in preda all'amnesia, ideata dalla penna di Robert Ludlum. C'era anche stato nel 2012 un tentativo di reboot con Jeremy Renner, ma alla fine Damon tornò nel 2016 con il film Jason Bourne, ancora diretto dal suo sodale Paul Greengrass. Ma come nacque questa rimpatriata, niente affatto scontata?
Jason Bourne, il quarto capitolo per una questione di principio
Matt Damon aveva interpretato l'ex-spia Jason Bourne in The Bourne Identity (2002), The Bourne Supremacy (2004) e The Bourne Ultimatum (2007): dopo che il primo adattamento dei romanzi di Robert Ludlum era stato firmato da Doug Liman, fu la straordinaria e tesa regia di Paul Greengrass a far crescere la saga nei cuori del pubblico, in nome di un cinema thriller con azione fisica, concreta, fatta di controfigure, acrobazie e inseguimenti veri in auto, senza CGI. L'intenzione di Damon era quella di congedarsi dal personaggio dopo Ultimatum, ma la Universal fece un passo falso.
Nel 2012 infatti arrivò in sala The Bourne Legacy, diretto da Tony Gilroy, che aveva collaborato alle sceneggiature dei film precedenti, ma interpretato questa volta da Jeremy Renner, nei panni di un altro ex-agente modificato da un programma di addestramento speciale. Fino a qualche anno prima, sembrava che Damon stesse per cedere, disposto a tornare solo se Greengrass avesse diretto il film, ma per qualche ragione la Universal decise invece di puntare su Gilroy e fare a meno del duetto che aveva portato fortuna alla serie. Il Bourne in versione Renner non attecchì: per 125 milioni di dollari di budget, ne portò a casa nel mondo solo 276 (quando Ultimatum ne aveva registrati 444!).
Cosa successe? Di sicuro non si respirava una buona aria tra Gilroy e Damon, tanto che quest'ultimo una volta, discutendo della prima stesura del copione di Ultimatum, disse: "Avrei potuto venderlo su Ebay e sarebbe stata la fine per quello lì. È terribile, davvero imbarazzante." (la dichiarazione fu diffusa da MSN.com).
Fatto sta che, dopo l'accoglienza non entusiastica riservata a Legacy, la Universal tornò sui suoi passi e nel 2014 annunciò il nuovo Bourne con Damon diretto da Greengrass (e senza alcun coinvolgimento di Gilroy): addirittura la major rimandò il previsto sequel del reboot con Renner, in teoria in uscita proprio nel 2016 per la regia di Justin Lin, pur di riavere a bordo Matt & Paul. Per l'occasione Damon cercò di tornare nella migliore forma fisica possibile, tra esercizi e dieta, trovando il ruolo fisicamente impegnativo, avendo a quel punto superato la quarantina. A marcare la particolarità di questo ritorno, dopo aver meditato su titoli come "The Bourne Betrayal" e "The Bourne Resurgence", si scelse una strada diversa, dando al film semplicemente il nome del personaggio, simbolicamente: per Damon e Greengrass infatti a quel punto il protagonista era tornato se stesso in tutto e per tutto, sapendo ogni cosa del suo passato, e il cerchio si era chiuso. Per un budget di 120 milioni di dollari, Jason Bourne ne ha portati a casa al boxoffice mondiale 415.500.000: la "supremacy" è stata ribadita, ma secondo diversi fan della saga senza la freschezza originale. Forse anche per questa ragione non si è più tornati sul marchio negli anni successivi, né con Damon né con Renner? Leggi anche Jason Bourne: Paul Greengrass dice addio alla saga, ma non è convinto
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