venerdì 25 gennaio 2019

Richard E. Grant & I: un ritratto dell'attore inglese candidato all'Oscar 2019 come miglior attore non protagonista


Prima di essere l'ex detenuto e truffatore Jack Hock, il personaggio di Copia originale che gli è valsa la sua prima nomination all'Oscar, come miglior attore non protagonista, Richard E. Grant è stato molte cose.
È stato il villain di Logan, Zander Rice; il footman George di Gosford Park; il Larry Lefferts di L'età dell'innocenza; Lord Warburton in Ritratto di signora; il marito di Anaïs Nin, Hugo, in Henry & June; il ministro per lo sviluppo economico (prima) e della difesa (poi), e rivale interno di Margaret Thatcher, in The Iron Lady; l'amico e confidente dei Kennedy, William Walton, in Jackie.
È stato perfino il rigido manager delle Spice Girls Clifford in Spice World, e lo stilista Federico Marinoni in Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata.
Ha interpretato anche il Dottore (una volta solo come doppiatore) in due episodi del Doctor Who fuori dalla continuity principale della serie, ed è stato Franz Kafza in un corto diretto da quello che poi sarebbe divenuto il Dodicesimo dottore, Peter Capaldi. Ha perfino presentato una serie di documentari televisivi sui più celebri e lussuosi alberghi del mondo e sui loro segreti: Richard E. Grant's Hotel Secrets.

Grant è, insomma, uno dei migliori e più amati attori, spesso limitato al ruolo di caratterista, e di cattivo (o comunque di antagonista e di sconfitto), di quella che è senza dubbio la miglior scuola attoriale del mondo, quella inglese.
E però spero che non se la prenda a male, quest'attore altro e magro dagli occhi intensamente celesti, che è amico intimo di Carlo d'Inghilterra e Camilla Parker Bowles, che è sposato dal 1986 con la stessa donna, che è padre di Olivia Grant, anche lei attrice, che è tifoso del West Ham e che nel 2006, con l'aiuto del programma BBC Newsnight, ha svelato una truffa da 98 milioni di dollari legata a un farmaco farlocco che avrebbe dovuto curare l'AIDS, se per me rimane e rimarrà sempre il personaggio che, nel 1987, ha segnato il suo debutto cinematografico.
Se quando lo guardo torno sempre col pensiero al Withnail di Withnail & I, il film di Bruce Robinson che è un mio cult personale e che è uno di quei film per i quali l'etichetta di cult movie sembra sia stata creata appositamente.

Per quel film che raccontava la sue esperienze giovani di attore semi-disoccupato e randagio nella Londra dinamica e flippatissima di fine anni Sessanta, per la parte di quell'amico carismatico, sopra le righe e alcolizzato, Robinson lo preferì a gente del calibro di Daniel Day-Lewis, Bill Nighy e Kenneth Branagh.
Preferì a loro quell'attore quasi trentenne, cui chiese di perdere massicciamente peso, e che era da sempre stato totalmente astemio (gli mancano nel sangue gli enzimi necessari a metabolizzare l'alcool) e che fece sbronzare prima delle riprese per dargli un'idea di cosa volesse dire, e di come raccontare, da attore, l'ubriachezza e i postumi.
Grant lo fece alla perfezione, con un'interpretazione esilarante e maestosa eppure malinconica e struggente. Withnail, il folle che nel corso di 107 minuti di film beve nove bicchieri e mezzo di vino rosso, mezza pinta di sidro, due shot e mezzo di gin, sei bicchieri di sherry, tredici scotch e mezza pinta di birra, ma che a un certo punto capace di gridare "I demand to have some booze" prima di tracannare la latta della benzina degli accendini e quasi vomitare (anche perché, per girare quella scena, Robinson mise aceto nella boccetta al posto dell'acqua, senza dirlo a Grant).
Withnail, l'amico egocentrico, arrogante e megalomane che si rifiuterà di crescere, e rimarrà solo, davanti ai lupi dello zoo di Regents Park, sotto la pioggia, a recitare l'Amleto e farci salire le lacrime agli occhi per la commozione dopo avercele fatte venire per le risate.
What a piece of work, is Richard E. Grant.
Chin-chin.



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