Chiacchierando col New York Times Magazine, in procinto di tornare sui nostri schermi in Oppenheimer (dal 23 agosto al cinema), Robert Downey Jr. ha sfoderato la sua consueta miscela di autoironia e saggezza: ha definito infatti come uno dei due film per lui più importanti degli ultimi venticinque anni Dolittle e Shaggy Dog. Specialmente nel caso di Dolittle, la cosa può lasciare a bocca aperta: distrutto dalla critica, flop ciclopico, lavorazione complicatissima con reshoot prolungati. La sua però è una considerazione semiseria.
Robert Downey Jr. su Dolittle: "Mi sentivo a prova di proiettile"
Solo un filosofo come Robert Downey Jr. può avere un atteggiamento così ironico e rilassato sul disastro di Dolittle: dopo il trionfo con Avengers: Endgame, poco prima dello scoppio della pandemia, arrivò in sala questo micidale fantasy per famiglie, da lui interpretato ma anche coprodotto, con sua moglie Susan Downey. La lavorazione fu piagata da ripensamenti, dopo le prime tragiche proiezioni di test ci fu quasi un mese di costosi reshoot (con Jonathan Liebesman ad affiancare il regista Stephen Gaghan), e l'incasso mondiale ammontò a 251.400.000 dollari per 175 di costo, rendendolo un flop. Puntuali poi arrivarono sei nomination ai Razzie, con una vittoria per il peggior remake (l'ennesimo, del Favoloso Dottor Dolittle con Rex Harrison).
Ma perché Robert lo realizzò? E perché non liquida l'esperienza? Ecco le sue parole.
Terminato il contratto con la Marvel, di fretta mi buttai in quello che sembrava un altro grosso, divertente e ben eseguito potenziale franchise, Dolittle. Avevo delle riserve, io e il mio team eravamo un po' troppo entusiasti dell'accordo e non abbastanza entusiasti delle modalità di esecuzione. Ma a quel punto ero a prova di proiettile. Il guru dei film di genere. [...]
Onestamente, i due più importanti film che ho fatto negli ultimi venticinque anni sono questo e Shaggy Dog - Papà che abbaia... non morde (2006), perché quello fu il film che fece capire alla Disney che poteva pagarmi l'assicurazione [Robert aveva avuto un passato burrascoso di dipendenze e galera, gli studi lo giudicavano inaffidabile, ndr]. Il secondo più importante film è stato Dolittle, perché ha rappresentato un'occasione sprecata di due anni e mezzo. [...] È stato sconvolgente lo stress che è costato a mia moglie, che si è tirata su le maniche fino alle ascelle per renderlo almeno abbastanza decente per presentarlo sul mercato.
Dopo il salutare trauma di Dolitte, Robert spiega che ha rivisto le sue priorità: oltre a prender parte a un cast corale in un film d'autore come Oppenheimer di Christopher Nolan, è su Netflix col documentario Sr., dedicato al rapporto con suo padre Robert Downey Sr. e la malattia che se l'è portato via. Una produzione curata da lui stesso, intima e indipendente, nello spirito di quel regista indie che era stato proprio suo padre. "È un modo per far sapere a me stesso che anche la cosa più importante e privata che abbia mai interpretato può essere un contenuto per chiunque". Leggi anche Robert Downey Jr. racconta Robert Downey Sr. in un documentario su Netflix
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