Il 19 settembre arriva al cinema con Officine UBU, distribuzione da sempre attenta al cinema di qualità, Il Maestro che promise il Mare, un film che in Spagna è stato candidato a 5 premi Goya e soprattutto ha conquistato e commosso il pubblico, accorso in massa a vederlo. Si tratta del debutto nel lungometraggio della regista Patricia Font, che ha scelto di raccontare una storia vera emozionante e commovente, avvenuta nel 1935, quando la Spagna, sull'orlo della guerra civile, era alle prese con le forze reazionarie che facevano piazza pulita degli oppositori. Anche quando, come vediamo nel film, il “nemico” era un intellettuale, un giovane maestro elementare entusiasta ed empatico, reo di “corrompere” le giovani menti dei suoi alunni, che educava alla conoscenza della cultura propria e altrui e al libero pensiero. Quell’uomo si chiamava Antoni Benaiges e Il Maestro che promise il Mare ha il merito di aver fatto conoscere al pubblico la sua figura e la storia, fino ad oggi poco nota, di come gli ideali e il coraggio siano stati e siano ancora considerati una minaccia da certe società. Ecco cinque buoni motivi (e non sono gli unici) per andare a vedere al cinema la storia di Antoni Benaiges, raccontata ne Il Maestro che promise il Mare.
La commovente storia vera da cui è tratto il film
La storia che Il Maestro che promise il Mare racconta è rimasta a lungo sconosciuta, come quella di molti insegnanti che hanno cercato di plasmare le menti dei loro studenti con un impegno e una dedizione, capaci di lasciare un segno profondo in chi ha seguito i loro insegnamenti. Antoni “Antonio” Benaiges era nato a Mont-Roig del Camp (Tarragona) il 26 giugno 1903. Dopo gli studi e alcuni anni trascorsi ad insegnare nelle scuole di Madrid e Barcellona, venne assegnato alla piccola scuola di Bañuelos de Bureba nel giugno del 1935. In Spagna dal 1931 governa la Repubblica, che sembra destinata a portare il Paese verso un futuro migliore, ma la destra, ancora legata alle tradizioni monarchiche e religiose, domina ancora la mentalità rurale. Sono anni in cui socialisti e conservatori si alternano al potere e le violenze fratricide si scatenano fino ad arrivare alla guerra civile nel 1936, che porterà alla vittoria il dittatore Francisco Franco. Alla vigilia di questi tragici e storici accadimenti, il maestro Beinaiges, nonostante l’ambiente ostile, riesce in poco tempo a conquistare la stima e l’affetto dei suoi alunni, e ad ottenere dai loro genitori il permesso per portarli a vedere il mare per la prima volta. Purtroppo, le sue idee liberali apertamente dichiarate e i suoi metodi di insegnamento innovativi, lo condannano a morte: nel luglio del 1936, dopo la rivolta militare contro il governo della Seconda Repubblica, Antoni Benaiges viene sequestrato, torturato e giustiziato a Briviesca, dove viene e presumibilmente sepolto nella fossa comune di La Pedraja.
Il potere dell’insegnamento e della libera espressione dei bambini
Antoni Benaiges era un sostenitore del metodo “freinetista”, ideato dal pedagogo francese Célestin Freinet, un metodo didattico basato sullo sviluppo naturale del bambino, in cui la continua scoperta viene promossa attraverso la libera espressione, lo scambio e il dibattito di idee. Uno dei suoi pilastri didattici si basava sull'utilizzo in classe della macchina da stampa, attraverso la quale gli studenti creavano e stampavano dei quaderni tematici, che venivano poi scambiati con quelli di altre scuole che seguivano il metodo, in patria e all’estero. Come vediamo nel film, coi suoi soldi Antoni Benaiges ne comprò una e applicò questo metodo innovativo anche nella modesta scuola rurale di Bañuelos De Bureba, dove prima del suo arrivo a insegnare era il parroco, l'educazione era religiosa e non laica e le punizioni corporali all’ordine del giorno. L’arrivo del nuovo maestro per questi bambini, spesso costretti a sottrarsi all’obbligo scolastico per lavorare, è una vera rivoluzione. I quaderni composti e stampati dagli alunni sono una conquista che li aiutano a immaginare altri modi di vivere al di fuori del loro piccolo mondo e ad apprezzare la gioia dell’apprendimento.
L’importanza di mantenere viva la memoria per un futuro più umano libero dalle dittature
La regista Patricia Font sceglie di intrecciare passato e presente attraverso la figura inventata di Arianna (Laia Costa), una donna inquieta alla cui storia manca un tassello importante: è pronipote di un allievo del maestro, e scopre che il nonno aveva fatto richiesta per sapere cosa ne era stato del padre, socialista. Si reca dunque a ricercare le proprie origini dopo la scoperta di una fossa comune, in cui l’uomo potrebbe essere sepolto con oltre 100 vittime. Facendolo, entra in contatto con gli allievi sopravvissuti del maestro Benaiges, il cui corpo non è mai stato trovato. In questo modo si sottolinea l’importanza della memoria e l'importanza di non lasciare che la nostra storia recente cada nell'oblio. A distanza di molti decenni, le famiglie delle vittime della brutalità del regime franchista sono ancora impegnate perché il sacrificio dei propri cari non venga dimenticato. In un momento storico che vede il mondo sconvolto dalle guerre e in cui molti Paesi sono alla mercé di feroci dittature, Il Maestro che promise il Mare ci ricorda quanto sia importante conoscere il passato e tenere accesi i riflettori su quello che è stato, perché non si verifichi di nuovo.
La forza di una promessa e un sogno di libertà
Nel film assistiamo alla faticosa opera di Antoni Benaiges per convincere i genitori dei bambini a cui insegna, a lasciar fare loro una gita estiva per vedere il mare, in ricompensa del loro lavoro durante l'anno scolastico e per regalare loro la visione di una realtà che hanno immaginato in uno dei loro preziosi quaderni. Il mare diventa simbolo di libertà e speranza e anche se la cruda realtà della guerra lo stronca sul nascere, getta il seme da cui cresceranno i cittadini della democrazia futura, che in parte deve ancora fare i conti col suo passato, ma che grazie agli insegnamenti di tanti docenti illuminati ha in sé gli anticorpi per creare una società più tollerante e inclusiva, in cui la cultura è un valore primario. Perché immaginare un futuro migliore, come ci mostra Il Maestro che promise il Mare, fa paura a chi ci vuole ancorati a un passato di divisioni e sopraffazioni, può costare caro ma regala l’insostituibile profumo della libertà a chi ha saputo impegnarsi per realizzarla.
Un grande successo di pubblico per un film dai messaggi importanti e attuali
Sono proprio quei messaggi di cui vi abbiamo parlato finora, resi veri, attuali ed emozionanti dalla superlativa interpretazione del protagonista Enric Auquer e dei bambini che danni volto e vivacità ai suoi alunni, ad aver conquistato il pubblico spagnolo e successivamente quello di tutto il mondo, suscitando gli stessi sentimenti di commozione per una vicenda il cui esito già si conosce ma che fino alla fine speriamo contro ogni evidenza che venga sovvertito dalla magia del cinema. Ma, a differenza di un film di Tarantino, che spesso ha riscritto la storia, Il Maestro che promise il Mare ci fa amare il suo protagonista pur sapendo che la sua stessa fiducia, il suo entusiasmo e la sua fede nel prossimo lo condanneranno. Se le persone muoiono, le idee sopravvivono e per questo il film di Patricia Font, che mette in luce la forza degli insegnamenti “giusti” e non politici, è stato molto richiesto dai docenti scolastici e inserito nei programmi didattici. Vi raccomandiamo di restare fino ai titoli di coda, per vedere i veri protagonisti di questa storia, quando andrete al cinema, dal 19 settembre, per vedere Il Maestro che promise il Mare, una storia remota ma attualissima, che vi farà vedere con occhi nuovi cose che purtroppo oggi diamo per scontate.
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