mercoledì 28 agosto 2024

MaXXXine: Intervista a Ti West, regista del capitolo finale della trilogia horror con Mia Goth

La trilogia di Ti West con Mia Goth cominciata con X - A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl si chiude con MaXXXine, che si svolge a qualche anno di distanza da X. Nell'omaggio a Non aprite quella porta girato nel 2022, Maxine sognava di sfondare nell'industria del porno e sfuggiva a una carneficina per mano di un'anziana coppia. Ora invece desidera diventare una star hollywoodiana, e il suo ingresso nel dorato mondo dell’intrattenimento "lecito" avviene tramite la porta dell'horror: di un sequel di un horror, per la precisione, intitolato The Puritan II e diretto da una regista britannica che si definisce un'artista. Anche MaXXXine è un omaggio alla settima arte, non a Il Mago di Oz come nel caso di Pearl ma a Psyco, ai thriller di Brian De Palma, al primo Dario Argento. Personaggio importante del film è Los Angeles o meglio Hollywood, dove tutti hanno un sogno e dove imperversano la bassezza, la cattiveria e lo squallore.

MaXXXine debutta nelle sale italiane oggi, 28 agosto, distribuito da Lucky Red, e a un giorno dalla sua uscita abbiamo avuto il piacere di conversare con Ti West, uomo intelligente e arguto e grande appassionato di cinema. Vista la smania di celebrità della bella Maxine Minx, gli abbiamo chiesto cosa renda tale una star e soprattutto se nella Hollywwod di oggi ce ne sia qualcuna. Ecco la sua risposta: "Credo ce ne siano, ma è difficile definire una star. Direi che quando ne incontri una, lo senti, anche se non sai  spiegare esattamente perché. Il fatto è che ci sono tantissimi attori che lavorano sodo, amano il loro lavoro e hanno talento da vendere che però non sono star, o grandi cantanti che non sono star, perché non hanno quello che di solito chiamiamo l'X factor. Ti rendi conto di cosa sia una star quando ne vedi una all'opera. Maxine è una star, Mia Goth certamente lo è e magari Brad Pitt è una star, visto che puntualmente le persone fanno la fila solo per vederlo quando partecipa a qualche evento. Se parlo di lui è perché sono decenni che è un divo del cinema, traguardo che è quasi impossibile raggiungere. Non saprei definire quel non so che per cui si distingue da tanti altri attori, ma so che esiste e lo percepisco.

X e Pearl sono stati girati in una fattoria, qui invece lei ha fatto le cose in grande: c'è Hollywood, ci sono gli Universal Studios, c'è Los Angeles. Com'è stato affrontare questo imponente cambiamento?

È stato certamente difficile perché girare a Los Angeles è davvero un'impresa. Nonostante Hollywood sia il posto dove si fa il cinema, non si vedono tante persone in mezzo alla strada che girano film. Tecnicamente e logisticamente MaXXXine è stato molto più difficile di Pearl e di X, ma mi ha dato grande soddisfazione, perché l'idea di girare un nuovo capitolo di una trilogia che parla del cinema proprio a Hollywood, utilizzando una serie di location che ormai sono entrate nel mito, era per me un sogno, e all'inizio non sapevo se ci sarei riuscito. Invece ce l'ho fatta ed è stata una grandissima soddisfazione mettere nel film tutta l'iconografia hollywoodiana di un passato non troppo lontano.

In MaXXXine Hollywood è un postaccio: è brutta, sporca e cattiva. Come mai?

Perché è veramente così. La cosa interessante di Hollywood è che c'è uno strano contrasto, nel senso che da un lato è uno dei posti più affascinanti del mondo, ma dall'altro è un luogo molto triste e cupo. Tante persone arrivano a Hollywood dall'estero con la speranza di lavorare nel cinema, e la stessa Hollywood Boulevard è una strada turistica ma nello stesso tempo fa parte di una zona della città molto pericolosa: ci sono diversi locali notturni e non è certamente fra le vie più belle si Los Angeles. Eppure ospita le anteprime cinematografiche più importanti. Insomma, c'è qualcosa di inquietante e provocatorio nell'idea che sulla stessa strada possano coesistere un'anteprima molto mondana e diversi senzatetto in cerca di un riparo. In fondo questa è l'essenza di Hollywood. La cosa buffa è che a Hollywood una persona può essere derubata ma anche avere un colpo di fortuna e diventare attore o attrice. È un posto tanto strano, che non ha uguali.

So che lei è un grande appassionato di horror. Quando si è innamorato di questo genere?

Ho cominciato a interessarmi all’horror quando ero molto giovane, perché per me il cinema significava videoteche. È stato grazie a una videoteca che ho conosciuto il cinema, e la sezione degli horror quando sei un ragazzo è sempre quella da cui si comincia, e ci sono cose che puoi vedere e cose che non puoi vedere. Io adoravo guardare film che non avrei dovuto guardare. Pian piano ho allargato la mia conoscenza e il rapporto con i film è diventato per me molto viscerale, e quando ho sentito il desiderio di fare il regista, cosa che è accaduta molto più tardi, l'horror era l’unico genere, così come i film per adulti, che ti permetteva di non avere alcun rapporto con Hollywood. Se avevi abbastanza talento, potevi cominciare con un horror spendendo pochi soldi e andando semplicemente in un bosco. Se avevi fortuna, il tuo film veniva distribuito e la gente andava a vederlo. Non avevi bisogno di volti noti, di un grosso budget e delle risorse tecniche che Hollywood offriva, e per me che non venivo da Los Angeles è stato il genere ideale con cui ciniziare.

Il serial killer che in MaXXXine fa mattanza di attrici di film erotici e dell'orrore indossa dei guanti di pelle nera. In questo ricorda alcuni assassini dei film di Dario Argento. Conosce il suo cinema? È stato per caso influenzato da lui quando pensava a MaXXXine?

Quando ero ragazzo, c’erano dei film che non arrivavano dove vivevo, quindi non sapevo nulla del cinema italiano, e quando ho cominciato a interessarmi al cinema, ho cercato di vedere quanti più film stranieri potevo. È stato allora che ho sentito parlare dei gialli italiani, e quando, dopo averli cercati per una vita, ho avuto la possibilità di vederli, sono rimasto folgorato, ad esempio da Suspiria e Profondo rosso di Dario Argento. Non avevo mai visto niente del genere, perché avevano uno stile completamente diverso da tutto ciò che era stato fatto in America. C'erano una poetica ben precisa e una grande consapevolezza del linguaggio del cinema. Per me è stata come una deflagrazione perché finalmente ho capito cosa poteva essere fatto con la macchina da presa. Quel cinema mi ha influenzato in MaXXXine. Più in generale ho cercato di fare una trilogia in cui ogni capitolo favesse il suo stile specifico e quindi composta da tre film molto diversi l'uno dall'altro. Non a caso sono ambientati in epoche differenti.

Una delle battute più belle del film la pronuncia la regista interpretata da Elizabeth Debicki, che dice a Maxine: "Tutti quanti amano un perdente". Lo pensa anche lei?

Credo che sia così anche nella realtà. Tutti possono riconoscersi nella condizione di chi vive un certo tipo di vita ma in realtà vorrebbe viverne un'altra e si rende conto che passare dalla prima alla seconda forse è troppo difficile.  Così, quando leggi o ti trovi a seguire la storia di qualcuno che supera tutti gli ostacoli e ottiene ciò che desidera - e succede soprattutto nello sport, che è un universo nel quale capita che una persona raggiunga un traguardo che sembrava inarrivabile - non puoi che appassionarti. Ognuno ha la sua versione della vita che avrebbe voluto condurre e anche la paura di non poterla vivere, di fallire, e fallire è terribile. Penso che Pearl sia l’esempio più chiaro di questa disfatta. Sia lei che Maxine hanno un fortissimo desiderio di diventare famose, ma una di loro non ci riesce, e e si tratta di una condizione che molti hanno conosciuto e che nei miei film è uno dei temi principali.



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