domenica 18 agosto 2024

Addio a Alain Delon, stella del cinema e sex symbol internazionale

C’è una foto famosissima, e che sui social viene condivisa e ricondivisa da anni. E stata scattata nel 1967 ritrae tre icone del Novecento sedute vicine vicine su un divanetto. Uno è Mick Jagger, l’altra è la sua fidanzata dell’epoca, Marianne Faithfull. Il terzo, Alain Delon, che con Faithfull ha recitato l’anno successivo nel film di Jack Cardiff Nuda sotto la pelle.
Ecco, in quella foto, a sembrare il terzo incomodo è Jagger, che nello scatto, oltre a dei celebri calzini spaiati, ha lo sguardo basso e l’aria smarrita, mentre Faithfull sorride rapita a un Delon che trasuda bellezza, figaggine e potere seduttivo da ogni poro della pelle perfetta, da ogni cucitura dell’abito grigio e impeccabile.
Potrebbe bastare questa foto, per far capire chi sia stato Delon e cosa ha rappresentato a chi non abbia mai visto un suo film: e oggi, specie tra i più giovani, temo siano purtroppo in tanti a non averlo fatto.
Giovani che magari non hanno mai sentito la battura canzonatoria “è arrivato alendelòn!”, rivolta a qualche esemplare maschile vanesio e spaccone, che millantava magari un fascino e delle conquiste tutte presunte.

Alain Delon, che era nato nel 1935 e dal 2018 aveva abbandonato le scene, è stato un’icona del cinema francese e mondiale, oltre che un sex symbol internazionale, e in qualche modo il cinema l’aveva nel sangue: il padre, che poi lasciò la famiglia quando Alain aveva quattro anni e rimase lontano da lui a lungo, era il direttore di un piccolo cinema di provincia. Prima però di far fotografare quel viso angelico e quegli occhi azzurri intensi che ti ipnotizzavano attraverso lo schermo, Delon ebbe una gioventù irrequieta: si arruolò in marina, passò anni in Indocina e mesi di reclusione a causa della sua indisciplina. Tornato in Francia, fece mille lavoretti, trascinato nel gorgo della bohéme di Parigi di fine anni Cinquanta.

Il debutto sul grande schermo arriva nel 1957 grazie al regista Yves Allégret, che lo convince a recitare nel film Godot, e subito dopo Marc, il fratello maggiore di Yves, lo inserisce nel cast di Fatti bella e taci, film in cui recita anche Jean-Paul Belmondo, che in qualche modo sarà sempre il “rivale” di Delon, per la supremazia artistica e seduttiva sul cinema e il pubblico francesi.
Subito dopo, nel 1958, sul set di L’amante pura Delon incontra uno dei grandi amori della sua vita, la splendida Romy Schneider. Con l’attrice austriaca formerà una delle coppie più belle di tutti i tempi, e porterà avanti una relazione burrascosa, e ricca di tradimenti, fino al 1964. Assieme a Romy, Delon reciterà in uno dei suoi film migliori, La piscina di Jacques Deray, un concentrato di erotismo e bellezza che, ancora oggi, fa girare la testa, il film che ha ispirato a Luca Guadagnino il sottovalutato A Bigger Splash.

A parte La piscina, e le collaborazioni con il grandissimo Jean-Pierre Melville in film straordinari come Frank Costello faccia d’angelo, I senza nome e Notte sulla città, i ruoli e i film migliori della sua carriera Alain Delon li ha avuti grazie all'Italia e al cinema di casa nostra. È il 1960 quando Luchino Visconti gli affida il ruolo di protagonista in Rocco e i suoi fratelli. Arriva poi Michelangelo Antonioni che lo fa recitare assieme a Monica Vitti in L’eclisse, e poi di nuovo Visconti, che lo vuole nel ruolo di Tancredi nel Gattopardo. Ma è forse con Valerio Zurlini, che nel 1972 lo fa recitare nel ruolo del professor Dominici in La prima notte di quiete, un altro dei ruoli più personali e intensi dell’attore, che Delon riesce a dare ancora di più.

Bastano pochi fotogrammi dei film che abbiamo citato fino a questo momento, o magari anche di Mr. Klein di Joseph Losey, per capire chi sia stato Alain Delon, la sua qualità come attore, il suo fascino spaventoso, il magnetismo irresistibile di cui era in possesso e che diventava parte integrante di personaggi spesso misteriosi e tormentati.
E non c’è niente nella fase finale della carriera di Delon, di certo non all’altezza di quella degli anni Sessanta e Settanta, né nel suo giocare fino all’ultimo con atteggiamenti anticonformisti e politicamente ambigui, o il suo essere presidente di giuria di mille Miss Italia, che possa scalfire il mito di un attore che ha fatto la storia del cinema. Di un cinema che, oggi, appare tristemente ancora più lontano.



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