mercoledì 25 gennaio 2023

Terezin: al cinema dal 26 gennaio il film che racconta la storia dei musicisti rinchiusi nel ghetto

Tra i film in uscita il 26 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, c'è anche Terezin, opera prima del produttore Gabriele Guidi (figlio d'arte di Johnny Dorelli e Catherine Spaak), che attraverso la storia di due musicisti ebrei conviventi, il clarinettista italiano Antonio e la violinista cecoslovacca Martina, deportati da Praga a Terezin, a 60 chilometri dal capoluogo, assieme ad altri intellettuali e artisti, racconta una delle pagine più subdole e atroci dello sterminio nazista del popolo ebraico. Realizzato con il patrocinio delle Comunità Ebraiche italiane e in co-produzione con la Repubblica Ceca, il film è girato proprio nei luoghi del ghetto, attivo tra il novembre del 1941 e il maggio del 1944. Terezin era l'insediamento ebraico “modello”, nella propaganda nazista, da cui in realtà partivano quotidianamente per Treblinka e Auschwitz i treni dei deportati, in base alle liste che gli stessi rappresentanti ebrei erano costretti a stilare, mentre chi non moriva per il tifo o per le condizioni in cui era costretto a vivere e lavorare, veniva utilizzato, finché serviva, come manovalanza o intrattenitore e contribuiva suo malgrado alla grande beffa messa in atto dai nazisti, che alle “terme di Terezin”, come era chiamato il ghetto nell'ex fortezza di Theresienstadt, accolsero perfino il 23 giugno 1944 una visita della Croce Rossa internazionale, che non si accorse di niente. Furono molti gli artisti e gli intellettuali che non solo dalla Cecoslovacchia, ma dalla Germania, dall'Austria, da tutta l'area della Mitteleuropa, trascorsero in alcuni casi quasi quattro anni all'interno delle mura della fortezza, prima di essere liberati o stipati sui carri bestiame nei treni diretti a Est, verso lo sterminio.

L'arte prigioniera e la musica come arma di riscatto spirituale a Terezin

I personaggi che vediamo nel film di Guidi, a parte la giovane coppia, sono realmente esistiti. Tra le mura del ghetto, prima di essere assassinati ad Auschwitz, sono passati il direttore d'orchestra Rafael Schächter, che per "gentile concessione" dei carcerieri mise su un'orchestra coi pochi mezzi disponibili e coi valenti musicisti del campo, e rappresentò di fronte a prigionieri e ai gerarchi, alla presenza perfino di Adolf Eichmann, una memorabile versione del Requiem di Giuseppe Verdi, facendo della musica un'arma di riscatto, affermazione di identità e grido di condanna verso gli aguzzini, il compositore Hans Krása, che proprio in prigionia ultimò e rappresentò l'opera per bambini Brundibar, il compositore e direttore d'orchestra Viktor Ullmann e moltissimi altri. Il regime nazista, inizialmente, trovava poco diplomatico far scomparire tutti insieme gli artisti e gli intellettuali dell'ex impero austroungarico, per cui si servì di loro per la grande recita messa in scena agli occhi del mondo (gli internati furono anche costretti a realizzare e apparire in un film di propaganda), senza sapere che molti, prima di scomparire, avrebbero lasciato testimonianza, scritta o dipinta, della vita nel ghetto e dei soprusi subiti. Terezin è tristemente celebre anche per la grande quantità di bambini che vi furono rinchiusi e che, tranne pochissimi casi, vennero uccisi nelle camere a gas della loro ultima destinazione. Anche di di loro si parla nel film, dove li vediamo chini sui fogli da disegno o impegnati a cantare in Brundibar. I disegni e gli scritti con cui hanno raccontato la vita nel ghetto, oltre 4000, nascosti e sottratti alla distruzione, sono in mostra nel museo ebraico di Praga.

Gli attori del film e la verità storica

Nel film colpisce proprio l'aderenza alla verità storica dei fatti, ovviamente raccontata con le debite licenze poetiche, ma senza tradire la realtà. Dalla storia del campo è evidente la volontà del Reich di cancellare non solo ogni traccia fisica degli odiati ebrei, ma di annientare anche il parto delle loro menti migliori, che avrebbero arricchito il mondo in cui viviamo, come hanno fatto i pochi fortunati, scrittori, poeti, compositori e registi, che riuscirono a emigrare e a mettersi in salvo. In Terezin non si vedono scene cruente, e le esecuzioni e le morti sono fuori campo, ma il film rende in modo efficace la lotta spirituale di uomini spogliati di tutto, che all'arte e alla musica, patrimonio di tutta l'umanità al di là di confini e barriere, affidarono il loro grido di libertà. A interpretare Antonio è Mauro Conte, attore già visto in film come L'homme qu'on amait trop di André Techiné, Una questione privata e Sulla mia pelle. La sua amata nel film è l'attrice ceca Dominika Zeleníková, mentre nel ruolo del maestro Schächter offre una prova appassionata Cesare Bocci. Del cast italiano fanno parte anche Alessio Boni e Antonia Liskova, nel ruolo della sorvegliante che paga a caro prezzo il suo interessamento per i bambini. Terezin è prodotto da Santo Versace con Gianluca Curti, che affidano a questo film il compito di risvegliare una memoria oggi offuscata, che abbiamo il dovere di mantenere viva e tramandare, anche e forse soprattutto in tempi cupi e devastati dai conflitti come l'epoca in cui viviamo.



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