Jerry Seinfeld è uno che non dovrebbe aver bisogno di tante presentazioni. In America, è una leggenda. È il comico che, con Larry David, ha creato e poi ha interpretato la sitcom di maggior successo nella storia della televisione americana, uno show geniale che porta semplicemente il suo cognome, Seinfeld, e che è chiaramente una rappresentazione dello stesso Jerry (così come il George di Jason Alexander è chiaramente l’alter ego di Larry David).
Oltre che famosissimo, Jerry Seinfeld è ricchissimo, e dopo le nove stagioni della sua serie non si è mai sprecato più di tanto sul fronte lavorativo: qualche special di stand up comedy, qualche cammeo, le mani nella sceneggiatura e nella produzione del film animato Bee Movie (per cui fece anche il doppiatore).
È stata quindi una sorpresa quando Netflix - piattaforma sulla quale è possibile recuperare anche la serie tv Seinfeld - ha annunciato che Jerry Seinfeld avrebbe scritto, interpretato e perfino diretto un film.
Un film che si intitola Unfrosted: storia di uno snack americano, ovvero la storia di come, nel 1963, Kellogg's e Post, aziende che si contendevano la leadership nel settore dei cereali in scatola, fecero a gara per creare un nuovo tipo di snack che avrebbe cambiato per sempre il volto della colazione americana: le Pop Tarts.
Unfrosted: storia di uno snack americano: il trailer del film
Unfrosted sarà disponibile in streaming su Netflix dal 3 maggio, ma oggi arrivano da oltreoceano gli eco delle dichiarazioni fatte sullo stato del cinema e della forma film da Jerry Seinfeld nel corso di un’intervista rilasciata al mensile GQ. Dichiarazioni non esattamente lusinghiere.
“Si è trattato di un’esperienza del tutto nuova per me”, ha detto Seinfeld riguardo al lavoro fatto con Netflix su Unfrosted. “Pensavo di aver fatto delle cose abbastanza interessanti, ma era niente in confronto a come lavora questa gente. Sono così dannatamente seri, non hanno alcuna percezione del fatto che l’industria cinematografica è finita, non ne hanno idea”.
Seinfeld ha proseguito spiegando che, ovviamente secondo la sua opinione, “I film non sono più al vertice della gerarchia sociale e culturale come è stato per la maggior parte delle nostre vite. Quando usciva un film era un evento, andavamo tutti a vederlo, ne discutevamo, citavamo battute e scene che ci erano piaciute. Ora è come se camminassimo dentro una manichetta a acqua, cercando di vedere qualcosa”.
Ma cosa c’è quindi, oggi, nel dibattito pubblico, al vertice degli interessi socio-culturali, secondo Seinfeld? La risposta non è confortante: “C’è depressione? Malessere? Direi soprattutto confusione. L’industria del cinema è stata rimpiazzata da un profondo senso di disorientamento. Tutte le persone che conosco che lavorano nello show business”, ha proseguito Jerry Seinfeld, “si domandano di continuo cose come ‘che sta succedendo?’, ‘come possiamo andare avanti?’, ‘che cosa dobbiamo fare adesso?’”.
Ovvio che quello di Jerry Seinfeld è solo un punto di vista, e il punto di vista di qualcuno che, rispetto al mondo del cinema, è sempre stato perlomeno tangenziale. Purtuttavia, è difficile negare come oggi non sia facile per nessuno, a Hollywood come in Italia, tenere vivo e ancor di più vitale il settore, sia dal punto di vista creativo che da quello industriale.
Il fatto che, come già abbondantemente illustrato, figure come Francis Ford Coppola o David Lynch facciano fatica a trovare spazio e soldi nell'industria, è un altro chiaro segnale di quella che Seinfeld definisce "confusione". Una confusione dalla quale speriamo il cinema possa uscire al più presto, magari rinnovato, e con una nuova spinta verso il futuro.
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