Tanto Lorenzo Richelmy quanto Fabrizio Ferracane si sono già "sporcati le mani", per così dire, con il noir, profondo calderone in cui ribollono, si mescolano e si amalgamano alla perfezione svariati sottogeneri. La ragazza della nebbia di Donato Carrisi, dove ha recitato il primo, ne è un fulgido esempio, così come Anime nere di Francesco Munzi, di cui era protagonista il secondo. I due attori, accomunati dal talento e dalla simpatia, sono gli interpreti principali, insieme a Fabrizio Rongione, della prima regia dello scrittore Massimo Donati, che ha adattato il suo romanzo "Diario di Spezie".
C'è un grande senso di ineluttabilità nel film, con personaggi che non possono sfuggire al proprio destino né mondarsi da colpe terribili. Diario di Spezie segue parallelamente l'indagine di un ispettore di polizia alla ricerca dell'uomo che gli ha rapito la figlia e il viaggio in Germania di un cuoco esperto di spezie (Luca) e di un celebre restauratore di quadri fiamminghi (Andreas). Se il primo ha il volto di Rongione, gli ultimi due sono impersonati da Richelmy e Ferracane, che hanno accompagnato il film al Noir in Festival 2021, che lo ha accolto della sezione Concorso. Abbiamo avuto il piacere e il privilegio di incontrarli in un hotel del centro di una Milano assediata dallo shopping natalizio, e per prima cosa abbiamo parlato con loro della relazione che lega Lucas e Andreas.
LR: "Luca e Andreas hanno il classico rapporto padre-figlio, nonostante Andreas non lo percepisca come tale, anche se poi vuole bene a Luca. Parlerei inoltre di una dinamica mentore-allievo, però su energie demoniache, su cose non belle, quindi Diario di spezie potrebbe essere considerato una specie di romanzo di formazione all'incontrario, che rischia di condurre alla morte".
FF: "Aggiungerei, da parte di Andreas, la voglia di stuzzicare, pungolare, a volte perfino sadicamente, Luca, come fanno quei padri che cercano in tutti i modi di svegliare i figli, e infatti poi accadono le grandi tragedie. Al di là dei personaggi, è stato interessante lavorare insieme a Lorenzo, che è un buon ascoltatore. Ricordo perfettamente e con piacere le nostre belle chiacchierate".
Lorenzo, secondo te che cosa agita Luca? Mi sembra un personaggio pervaso da una grande irrequietezza…
Luca è attraversato da quel turbamento adolescenziale che, in età adulta, diventa devastante. Se una persona non cresce e non matura, e un ragazzo non diventa un uomo entro un certo momento, finisce per portarsi dietro un disagio che diventa totalizzante. Per Luca questo disagio è l'impossibilità di di capire cosa voglia. E’ come un adolescente che dice: "Chi sono io?". Luca è convinto di essere contento di stare nel suo paese di provincia, nel ristorantino in cui lavora e con sua moglie. Luca si dice: "Ma io il mio posto ce l'ho, ho la mia comfort zone". E’ la classica persona che crede che, facendo le cose giuste, si ritroverà una vita felice. E invece non è così. Andreas lo sveglierà, ma Luca parte già con un barlume di consapevolezza, però è immerso in una fanga, perché, come dicevano i saggi, non c'è vento di bonaccia per il navigatore che non ha destinazione, e Luca è un individuo a cui manca la terra sotto i piedi, perché non ha la minima idea di cosa desideri sotto i piedi. Luca non vuole diventare uomo, forse perché, in cuor suo, sa che diventerebbe un pessimo uomo, e allora è meglio restare un po’ scemotti, un po’ adolescenti.
I vostri personaggi hanno un accento che non è il vostro, ed è interessante la maniera in cui, nel film, i corpi si muovono nello spazio. Quindi vi chiedo: che lavoro avete fatto sul corpo e sulla voce?
FF: Per me è stato, non dico un problema, ma comunque un grande impegno. Quando, all'inizio, Massimo mi ha detto: "Guarda, Andreas è un po’ tedesco e un po’ francese, inventiamoci una lingua", per me non è stato semplice, e infatti sono curioso di vedere il film e di scoprire se ci sia una credibilità, che poi per me è la cosa fondamentale di una performance. Come attore devo essere sempre credibile, ho bisogno di diventare altro da me sullo schermo. Ho lavorato sulla lingua di Andreas con una ragazza francese. Mi traduceva in francese le battute e volevo che mi registrasse anche gli errori che faceva nel suo italiano un po’ sgrammaticato. L'ho risentita migliaia di volte e ho individuato una cadenza a metà tra il francese e l’italiano. Poi ho fatto delle prove con Massimo via Skype. Non potevo sottrarmi. Se c’è un regista che ti dice: "Voglio che il tuo personaggio parli così", devi obbedire. Passando al lavoro sulla postura, c'è una scena in cui io e Lorenzo ribaltiamo un quadro, illuminati da una luce meravigliosa. Andreas assume una postura un po’ demoniaca, stramba, dark, in contrasto con l'anima limpida e pulita di Luca, che invece sta dritto, in piedi. Sono cose importanti per un attore, poi magari il pubblico non le nota, ma tu le porti scritte sulla tua pelle. Altrove Andreas ha una postura molto regale, ma si tratta di quella regalità che cerca di avvolgerti come un mantello nero.
LR: Diario di spezie è stato un film complesso perché andava a lavorare sulle scomodità. I personaggi sono molto diversi e un po’ complementari. Andreas è alto, dritto, invece Luca è più "sfigatino". La componente biomeccanica è stata molto forte all'interno del film. Abbiamo lavorato sul modo di presentare questi due personaggi e sul come farli incontrare. Per me è stato molto interessante, perché, sia per l'accento che per la postura, ho cercato di allontanarmi da una semplicità che magari mi avrebbe portato a essere più sciolto. Era fondamentale che i personaggi non suscitassero una grande empatia nello spettatore. Non abbiamo lavorato ammiccando, e questa è stata una scelta molto precisa, anche decisamente ostica per noi, perché Luca e Andreas alla fine provocato repulsione.
Una delle frasi più belle del film è: le persone che non si aspettano di più di quello che hanno sono speciali. Che ne pensate?
FF: "Sposo completamente una simile affermazione. La collego all’umiltà. Mi dico sempre: "Fabrizio, fai le cose che ti senti di fare, ma non ti aspettare nulla". Se vedo una persona a terra, la aiuto, e non importa se non ottengo nulla in cambio. Per me è una cosa istintiva.
LR: E’ una bellissima frase ed è molto saggia. Andreas, che non è uno che si accontenta, la dice a Luca, che invece fa finta di essere uno che si accontenta. La frase, presa di per sé, è giustissima, è buddista, è un invito a vivere. E tuttavia Diario di spezie parla dell’impossibilità, o comunque dell’estrema difficoltà ad applicare questo concetto alla vita di ognuno di noi, anche della società stessa. Tutto sembra dirci: "Ambisci a qualcosa, aggiungi questo, aggiungi quello, non ti accontentare mai".
Sceneggiato dallo stesso Massimo Donati insieme ad Alessandro Leone, Diario di Spezie è una produzione Master Five Cinematografica con Rai Cinema in collaborazione con Rodeo Drive.
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