giovedì 16 dicembre 2021

Ben Affleck sul flop di The Last Duel: "C'è un cambiamento in atto"

Nel giorno in cui festeggiamo i felicemente pazzeschi numeri al boxoffice italiano del primo giorno di Spider-Man: No Way Home, sembra quasi una provocazione parlare di un flop sonoro degli ultimi tempi, quel The Last Duel di Ridley Scott. Le parole a The Hollywood Reporter di Ben Affleck, comprimario nel film con Matt Damon e Adam Driver, ma coautore della sceneggiatura, sono però interessanti proprio in questo contesto: se il cinecomic fa puntualmente rialzare la testa del botteghino, non sono forse i giovani (o i nerd giovani nell'anima) che mancano all'appello... Leggi anche Ben Affleck sul flop di The Last Duel: "C'è un cambiamento in atto"

The Last Duel, il flop e la comodità secondo Ben Affleck

Non è la prima volta che Ben Affleck si esprime sullo stato dell'industria non strettamente legata ai grandi marchi e ai blockbuster, non tanto in quanto attore ma in quanto star hollywoodiana attiva anche nel mondo indipendente (sta promuovendo il nuovo film di cui è protagonista, The Tender Bar di George Clooney, su Prime Video dal 7 gennaio). Questa volta parla incalzato dal giornalista, che gli ricorda le considerazioni di Ridley Scott sul flop del film, con 30.500.000 di dollari d'incasso per 100 di costo: la colpa per il regista sarebbe dei millennial e della loro dipendenza dagli smartphone. Ben dribbla e, a nostro modesto parere, inquadra meglio la situazione.

La verità è che ho fatto film che non funzionavano e hanno floppato, non erano buoni. È molto facile capire perché. Il film fa cagare, la gente non lo vuole vedere, ok? A me questo The Last Duel piace proprio. È buono, ho visto come funziona con il pubblico, sta funzionando sullo streaming [su Disney+ sezione Star qui da noi, ndr]. Non era uno di quei film che ti fa dire: "Mi sarebbe piaciuto che funzionasse". Qui secondo me si parla più di una scossa sismica che sto osservando, ne sto parlando con ogni persona che conosco. Anche se ci sono punti di vista diversi, la questione è: cosa sta cambiando? [...]
Uno dei cambiamenti fondamentali è che la gente che vuole vedere drammi complessi, adulti e non basati su qualche marchio è la stessa gente che si dice: "Sai che c'è? Non devo andare al cinema perché mi piace mettere in pausa, andare al bagno, finire il film domani". Quello è il punto, insieme al fatto che a casa puoi vedere roba di qualità. Non è come quando ero bambino e a casa avevi un televisore da 11" in bianco e nero. Puoi farti un 65" all'ipermercato. C'è in giro roba di qualità e la gente a casa se la vede in Dolby Vision e Dolby Atmos. È cambiato tutto.

Di certo, di nuovo guardando all'esplosione di Spider-Man No Way Home e ai buoni risultati della riedizione di Harry Potter e la Pietra Filosofale, i fan di un marchio o di un universo, mossi da un senso di appartenenza, una vera fede, si presentano in sala senza troppi problemi: i più giovani riprendono i momenti chiave con lo smartphone, registrano la loro reaction alla scene e la condividono sui social, come si fa in un concerto o davanti a un video di YouTube. Abominio per il cinefilo? Eppure pagano il biglietto e tengono all'esperienza comunitaria. E qualche grande autore come Paul Thomas Anderson questa cosa l'ha capita e non pensa si debba andare troppo per il sottile. Ben non ha tutti i torti: chi è che manca davvero all'appello? Leggi anche Spider-Man No Way Home utile al cinema per Paul Thomas Anderson



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