Un altro grande amico del Noir in Festival, e che con il Noir c'entra eccome, visto che si diletta nella scrittura di thriller ad altissima tensione, è Donato Carrisi. La trentaduesima edizione del festival diretto da Giorgio Gosetti, Marina Fabbri e Gianni Canova (delegato IULM) lo ha voluto tra i partecipanti al convegno "Stivale Giallo. L'Italia raccontata attraverso la detection". Inoltre gli ha affidato il ruolo di intervistatore/moderatore di un incontro con Harlan Coben che si è tenuto nella storica libreria Rizzoli della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano. Il nostro maestro del buio nazionale ha interrogato il collega americano sui suoi personaggi e la loro costruzione, sul suo lavoro per le serie tv e sulle ambientazione delle sue storie.
Prima del faccia a faccia fra Harlan Coben e Donato Carrisi, siamo riusciti a intervistare brevemente il secondo per farci raccontare qualcosa a proposito del suo nuovo romanzo "La casa delle luci". Uscito da poco, è in testa alla classifica dei libri più venduti in Italia, e anche se la nuova avventura dell'addormentato di bambini Pietro Gerber non è fra i libri del Noir in Festival 2021, non potevamo esimerci dal braccare Donato per carpire qualche informazione sul thriller che tanto ci ha appassionato.
Pietro Gerber, come sappiamo, ipnotizza i i bimbi, e stavolta si trova a fare domande a una bambina che è convinta di avere un amico immaginario che ha cominciato a farle del male. Il problema è che questo amico immaginario sembra proprio essere il fratellino scomparso di un amico di infanzia dello psicologo infantile.
Ignoriamo se Pietro Gerber e i suoi pazienti raggiungeranno il grande schermo. Di certo, dopo La ragazza nella nebbia, L'uomo del labirinto e Io sono l'abisso, Carrisi tornerà a parlare la lingua del cinema. Quando succederà, scopriremo se Hanna Hall, Teresa Walker, o la piccola Eva e Maja Salo saranno diventate i personaggi di un film. In ogni modo, ecco le nostre tre domande a Donato Carrisi.
Che potenziale narrativo ha l'ipnosi per uno scrittore di thriller?
L'ipnosi era una cosa che avevo in testa da anni. Raccontarla non era facile, per cui la prima cosa che ho fatto è stata sottopormi a una seduta di ipnosi con quella che poi è diventata la mia consulente. Mi ricordo un pomeriggio di fine primavera/inizio estate, a giugno inoltrato nello studio di questa psicologa milanese. Alle spalle della psicologa c'era una bella finestra che affacciava su un parco di Milano, la luce era intensa, sai quella luce di giugno dorata… io ero steso su un lettino accanto a lei, e lei mi parlava guidando la mia trance, mentre io pensavo: che strazio! Ma quand'è che finisce questa cosa? non esiste l'ipnosi, non è vero. Ed ero lì, tra l'altro mi prudeva il naso, volevo grattarmelo ma non potevo, perché non volevo deluderla, non volevo darle l'impressione di essere pienamente cosciente. Dopo mezz'ora lei mi ha risvegliato e io ho aperto gli occhi. La luce alle spalle della psicologa stava virando verso l'imbrunire. Non era passata mezz'ora ma tre ore, io non me n'ero accorto, e lì ho capito che l'ipnosi era raccontabile, era molto visiva come piace a me, perché non basta solo il racconto, è necessaria anche l'immagine.
"La casa delle luci" comincia con un gruppo di bambini che giocano al Gioco degli Omini di Cera, che termina quando uno dei partecipanti pronuncia la parola "arimo”. Si tratta di un inizio piuttosto inquietante…
Ho mischiato un po’ le carte, che poi questo è un gioco diffuso in varie culture, in varie generazioni. È un po’ un misto fra Acchiapparella e Nascondino, e c'è questa parola libera-tutti, che poi non è sempre "arimo", è "arimò", e si modifica in alcune parti di Italia. L'idea di cominciare un libro con un gioco d'infanzia che non finisce, era molto allettante, come a dire: "Abbiamo cominciato quando eravamo bambini e adesso non è ancora finito".
Nel libro scrivi che gli amici immaginari dei bambini spuntano fuori da un pozzo di solitudine. Quando eri piccolo, avevi un amico immaginario?
Io ne ho ancora tanti di amici immaginari, e hanno popolato i miei racconti e i miei romanzi. Ce ne sono diversi, tra l'altro alcuni diventano talmente invadenti, che non si riesce a mandarli via, e allora si trasformano in un vero problema. Ho fatto parecchie ricerche. Per prima cosa sono andato a domandare ai miei amici, a cercare di capire se i loro figli avessero degli amici immaginari, e i racconti che mi facevano erano sempre piuttosto divertiti, però poi, quando sono andato ad analizzare la cosa con gli psicologi, e quindi facendomi raccontare degli amici immaginari dei loro piccoli pazienti, mi sono accorto che c’era sempre qualcosa di inquietante".
"La casa delle luci" è edito da Longanesi ed è dedicato alla mamma di Donato Carrisi, che infatti ha scritto: “Alla mia mamma, che raccontandomi, mi ha insegnato a raccontare".
from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/61FtKyl
via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web
Nessun commento:
Posta un commento