Tre settimane e tre giorni. Una lavorazione molto veloce e per gli amanti della numerologia, quella di Altri padri, esordio alla regia di finzione per il critico Mario Sesti, presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2021, e in sala il 13, 14 e 15 dicembre.
Altri padri parte da un fenomeno sociale: “più di un terzo degli ospiti italiani dei rifugi della Caritas è costituito da padri la cui separazione provoca la condizione di indigenza e di privazione di una dimora e più di 150mila, solo in Italia. Ssono i padri che si trovano in condizioni analoghe a quelle del personaggio principale del film.” Infatti Giulio, interpretato da Paolo Briguglia, vive in macchina dopo la separazione dalla moglie (Chiara Francini), finendo addirittura in carcere per una grave accusa.
“Un primo film a 63 anni, doveva valere la pena”, ci ha detto il regista a Torino. “Dopo varie sceneggiature che mi sono state proposte, Altri padri mi sembrava quella giusta. Ho chiesto di riscriverla, inserendo una parte thriller e noir. Non ho voluto le solite facce, ma attori italiani che amo con trasporto. Paolo Briguglia ero convinto potesse un ottimo protagonista, poi mi piaceva l’idea di usare un’attrice di commedia come Chiara Francini, mi sembrava avesse un incarnato tragico che secondo me il cinema avrebbe potuto amare. Un mio amico ha definito il film imprudente, mi sono messo in gioco e ho rischiato. Io stesso ero a disagio all’idea di un personaggio di donna cattiva. Era proprio questo che mi interessava e credo faccia bene alla lotta per l’eguaglianza raccontare come, oltre a uomini cattivi o stupidi e limitati, ci siano anche donne di questo tipo. Se non riconosciamo il diritto alla cattiveria delle donne non ci sarà mai eguaglianza. Il patriarcato trionfa da sempre mettendo la donna un po’ più in alto, su un piedistallo, proprio per fregarla.”
A proposito della “donna cattiva”, la moglie protagonista del film, così la racconta Chiara Francini. “Ero convinto fosse storia molto vera, la partenza per me è sempre la verità. Un film, come un libro, può infastidire, farti riflettere, ma non è inutile se ti lascia qualcosa. È un film che fa pensare perché molto attuale. È molto pericoloso o coraggioso rappresentare una donna cattiva oggi, ma è un atto di devozione e onestà intellettuale in un processo di evoluzione della donna che permette di approfondire a 360 gradi. Non è una dark lady, è un essere umano, anche lei vittima in primis di sé stessa. Il padre le ha indicato la strada, il marito è un buono ma non parla il suo alfabeto. Un’incomunicabilità che sfocia nella violenza. Era un atto dovuto raccontare anche una donna cattiva. Noi donne alla nascita siamo influenzate dal modello della “madonna”, con le nostre madri che ci dicono di fare le brave. Le donne della mia generazione hanno imparato a rivendicare il proprio ruolo ad alta voce, a voler avere potere. Siamo santificate, con Il modello della purezza, la martire. La buona è la vittima, il cattivo è il carnefice. Trovo sia un’ingiustizia enorme e un intralcio al percorso delle donne.”
“Il riferimento principale è stata la mia esperienza paterna”, ha dichiarato Briguglia. “Giulio ha un rapporto di simbiosi e amore con i bambini, è pronto a qualsiasi sacrificio. Ha una cecità che non gli permette di capire che la sta soffocando, questa famiglia. Al contrario della creatività della moglie, a lui interessa solo fare un lavoro per mantenere con i soldi la famiglia. È orfano, privo di autonomia emotiva. Reagisce con una violenza inaspettata da lui per primo, anche se non arriva proprio a scatenarla, Altri padri non parla di questo Per lui, il momento di riscatto e ricostruzione emotiva arriva in carcere. È un personaggio dal grande viaggio trasformativo.”
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