venerdì 10 dicembre 2021

Ferzan Ozpetek: tra passato e futuro

Sono passati 25 anni. Era il 1997 quando usciva al cinema Hammam - Il bagno turco, una sorprendente storia drammatica che rivelava il talento dell'allora 38enne Ferzan Ozpetek. Quell'esordio alla regia apriva la strada per la carriera cinematografica dell'autore turco, nato a Istanbul il 3 febbraio 1959, che a distanza di più di due decenni rimane una delle voci del cinema d'autore più apprezzate in Italia, tanto dalla critica quanto dal pubblico. Trasferitosi a Roma nel 1978 per studiare cinema all'Università La Sapienza, Ozpetek ha completato la sua formazione frequentando corsi di storia dell'arte e del costume all'Accademia Navona e di regia all'Accademia d'arte drammatica Silvio d'Amico. Ha iniziato a calcare i set nei primi anni 80 lavorando come assistente alla regia per Massimo Troisi, Maurizio Ponzi, Ricky Tognazzi e Francesco Nuti. Considerando tutto il suo percorso artistico, Ferzan Ozpetek festeggia oggi 40 anni di carriera e lo fa con una serie tratta da Le fate ignoranti attualmente in lavorazione di cui dirige il primo episodio, e con un cortometraggio intitolato L'uomo che inventò il futuro, cortometraggio che è anche l'occasione di lancio di MediolanumPlay, il nuovo spazio digitale dove trovare la selezione dei migliori contenuti video che raccontano il mondo di Banca Mediolanum, e di cui possiamo leggere i dettagli scorrendo l'articolo.

Così come Istanbul, la sua città d'origine, è un punto di incontro fra Oriente e Occidente, la poetica di Ferzan Ozpetek ha due anime che si mescolano e si confondono. Da un lato ci sono lo struggimento, la malinconia, il romanticismo e la nostalgia, dall'altro la gioia, l'ironia, la musica allegra, un profondo senso di libertà e una corroborante leggerezza. Da dove arrivi ciascuna di queste caratteristiche non possiamo dirlo, ma il risultato è un cinema magnetico, caldo ed empatico che ha portato il regista a essere uno dei pochi che, in Italia, sanno fare il melodramma.
Dopo il successo de Il bagno turco, ambientato nella contemporaneità, Ferzan Ozpetek ha percorso la strada, mai più intrapresa, del film in costume. Per Harem Suare ha scelto ancora una volta la sua Istanbul ed è tornato agli inizi del Novecento, alla vigilia del crollo dell'Impero Ottomano. Forte del favore del film precedente, il regista ha potuto disporre di una molteplicità di set e, aiutato dai suoi attori e da una colonna sonora di Pivio e Aldo De Scalzi, ha girato in location autentiche e ci ha portato in un harem, dove ha ricreato atmosfere cariche di sensualità e quasi decadenti, raccontando di un mondo che si sgretola e dirigendo l'immensa Lucia Bosé, messa a confronto con una giovane Valeria Golino.

Il boom de Le fate ignoranti e La finestra di fronte

A 20 anni dalla sua uscita in sala Le fate ignoranti resta ancora il film più conosciuto di Ozpetek, e pensare che all’inizio nessuno credeva nella storia che Ferzan aveva inventato modificando appena il titolo di un quadro di Magritte. Uscito dopo L'ultimo bacio del grande competitor Gabriele Muccino, il film è esploso dopo tre settimane per una serie di ragioni, innanzitutto per il suo sguardo nuovo non solo sull'omosessualità, ma anche su un modo di vivere la vita "di pancia", secondo i propri più intimi bisogni e desideri. Mettendo in un film il suo quartiere, Ostiense, e i suoi pranzi in terrazza con gli amici, il regista ha difeso la libertà di amare chi si vuole ed è riuscito a unire due universi lontani anni luce, mostrando il cambiamento e la liberazione di una donna prigioniera degli ingranaggi di un'esistenza borghese e anaffettiva.
Con Margherita Buy e Stefano Accorsi nel ruolo di protagonisti, Le fate ignoranti ha avuto il pregio di difendere tutte le persone che non si nascondono e che, con la loro energia positiva, possono accendere la magia nel cuore altrui.

Forte della popolarità de Le fate ignoranti, Ferzan Ozpetek ha girato, nel 2003, La finestra di fronte, un altro melò che ha segnato l'ultima apparizione cinematografica di Massimo Girotti. Il film, impreziosito da una bellissima colonna sonora (con musiche di Andrea Guerra e il brano di Giorgia "Gocce di memoria"), si è aggiudicato cinque David di Donatello e ha segnato la prima collaborazione fra Ozpetek e Giovanna Mezzogiorno. La finestra di fronte narra di un amore passato e di uno presente, entrambi impossibili, e, attraverso il personaggio di un uomo anziano che ha perso la memoria, ci presenta una figura femminile alla ricerca della propria identità. A unirli, la passione per i dolci, vero e proprio guilty pleasure di Ferzan, che si è rivolto alla sua pasticceria preferita per le torte del film.

La finestra di fronte è più drammatico e malinconico de Le fate ignoranti, anche perché si getta nell'abisso di ricordi struggenti e parla più apertamente di e con la morte. Al primo dei due film il regista è sembrato rifarsi nel 2007, quando ha riunito Margherita Buy, Stefano Accorsi e la cara amica Serra Yilmaz in Saturno Contro, affiancandoli a Luca Argentero, Ambra Angiolini, Isabella Ferrari, Pierfrancesco Favino e un immenso Ennio Fantastichini. Il film Ferzan l'ha girato nella sua casa e nella sua cucina, e ancora una volta ha radunato i suoi interpreti intorno a un tavolo. Tuttavia è di un lutto e della sua elaborazione che ha voluto parlare, mostrando come un dolore possa essere lenito dalla condivisione con chi ci vuole bene. Sono in crisi i personaggi del film, ma si danno man forte, e Ozpetek ha vinto la sfida di trasformare individui ordinari in persone straordinarie, mettendo anche qui qualcosa del proprio vissuto.

La ricerca del sacro e i fantasmi

Uscito nel 2005, Cuore sacro è certamente uno dei film più personali di Ferzan Ozpetek, che è partito da domande che lo ossessionavano, interrogativi sul senso della vita, sulla paura della morte, sul desiderio di sapere cosa succede alle persone che non ci sono più. Cuore sacro è la storia di una donna all'apparenza algida e con una crisi di identità che ritrova se stessa aiutando i poveri. Per narrare il suo viaggio interiore, il regista ha abbandonato la sua comfort zone e ha esplorato con la sua macchina da presa i vicoli del quartiere Monti. Ha inoltre inventato personaggi enigmatici e si è mosso fra sogno e realtà, è stato a Sant'Egidio e ha citato "La Pietà" di Michelangelo, senza però mai abbandonare la sua luce guida, e cioè l'istinto. Infine, con la sua protagonista, Barbora Bobulova, ha fatto un grande e attento lavoro.

I critici non hanno apprezzato Cuore Sacro, che è un film difficile e dallo stile quasi barocco. Ozpetek, però, ha continuato coraggiosamente a parlare di visioni e fantasmi. Ha solo cambiato linguaggio, muovendosi con leggerezza e sfiorando la commedia in Magnifica presenza, in cui ha voluto Elio Germano nei panni di un ragazzo del sud che arriva nella capitale per fare l'attore. Il film, ambientato in una casa di Monteverde popolata dai fantasmi dei componenti di una vecchia compagnia teatrale, rappresentava per il regista il passato che non se vuole andare, i ricordi che ci fanno voltare indietro con rimpianto e nostalgia, le esperienze che insegnano, la difficoltà a lasciare andare le cose, la spaccatura fra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. Anche qui c'è l’autobiografia ma il racconto non è autoreferenziale, e l'eco degli antichi fasti di un gruppo di eleganti teatranti d'altri tempi dà al film un suggestivo tocco pirandelliano

Mine vaganti ha segnato un altro importante successo per Ferzan Ozpetek, dopo lo scarso gradimento di Un giorno perfetto, film del 2008 complesso e tutt'altro che confortante tratto dall'omonimo durissimo romanzo di Melania Mazzucco.
Non sarebbe giusto definire Mine vaganti un prodotto commerciale o un tentativo di sedurre il pubblico con una storia di semplice fruizione, perché il dramma, a tratti, fa capolino, e fra le pieghe di una narrazione scorrevole, si nascondono non detti e "non risolti". Per girare il suo ottavo film il regista ha voluto andarsene via da Roma, città che sembrava avergli un po’ voltato le spalle, almeno creativamente. E così si è spostato a sud, e Lecce è diventata teatro della sua prima vera commedia. 

Rammentate la prima scena del film con Riccardo Scamarcio che balla davanti allo specchio e canta "50mila"? Quella sequenza stabilisce il tono leggero del racconto, senza però abbandonare la cara e vecchia malinconia. In Mine vaganti Il regista ha narrato la famiglia quella vera, quella della provincia: chiusa, immobile, solidamente e stolidamente borghese. Il film si lascia talvolta andare al divertimento puro, anche se il messaggio è che la libera scelta sessuale di cui parlava Le fate ignoranti è ancora inconcepibile per molti, a cominciare dal padre padrone Ennio Fantastichini. Con il suo cast strepitoso (c'erano anche Alessandro Preziosi, Lunetta Savino, Elena Sofia Ricci, Nicole Grimaudo, Ilaria Occhini) e le musiche di Pasquale Catalano, Mine vaganti ha totalizzato un incasso di oltre 8 milioni di Euro.

Ben diverso era Allacciate le cinture, un "curioso animale" nel senso positivo del termine che ha riportato Ferzan Ozpetek a parlare d'amore. Allacciate le cinture, che vedeva protagonisti Kasia Smutniak e Francesco Arca, è nato dal bisogno di Ferzan di fare un bilancio della propria vita. Lungi dall'essere una summa di tutto il suo cinema, il ha riproposto le due anime dell'artista che lo ha scritto e diretto: quella solare e gioiosa, che inneggia all'innamoramento, e quella più notturna. Non a caso il regista ha deciso di parlare di malattia, di un corpo che cambia, della morte che bussa alla porta di alcuni, mentre per altri decide di passare più tardi.

Napoli e Istanbul

Prima ancora di diventare un film, uscito nel 2017, Rosso Istanbul era un romanzo. Adattandolo per il grande schermo, Ferzan ha cambiato alcune cose, ma immutata è rimasta la spinta di tornare a casa, di riattraversare strade conosciute e di guardare di nuovo il Bosforo, per accorgersi tuttavia che i posti dell'infanzia hanno perso in parte la loro poesia e che la modernità ha inghiottito la dolcezza che li avvolgeva. E’ una metropoli chiassosa e caotica quella in cui si muove il protagonista della storia, un luogo rumoroso in cui le gru superano per numero le cupole e minareti delle moschee. In questo universo di rumore, il regista ha voluto rompere le righe di un cinema dell'agire e del parlare a favore un cinema dell'ascoltare e del guardare. Lo ha fatto attraverso la cronaca di un risveglio emotivo in cui ha inserito un elemento mistery. Il passato, in Rosso Istanbul, è diventato così il tempo del rimosso e la città ha potuto assurgere a simbolo di un'umanità inquieta, fatta di anime in costruzione.

Se la Istanbul di Rosso Istanbul non è più la "dimora" di Ozpetek bambino, il regista sembra aver trovato una nuova casa, anzi un nuovo luogo del cuore tra i vicoli, le scalinate, i rituali e il teatro sui generis di Napoli, città "femmina" in cui la morte "diventa qualcosa con cui giocare" e "con tante domande e poche risposte". In Napoli velata il regista si è tuffato tra le sue strade con la sua macchina da presa, percorrendo contemporaneamente i sentieri della mente della sua protagonista (Giovanna Mezzogiorno) e accostandosi al giallo o thriller, celebrato fin dalla scena iniziale. Ipnotico e avvolgente, Napoli velata è infine la storia di una passione che si dischiude, di un'ennesima liberazione interiore, e per questo è un ulteriore passo avanti nel cammino personale e professionale di Ozpetek.

La Dea Fortuna

L'ultimo film di Ferzan Ozpetek uscito al cinema è stato La Dea Fortuna, terzo sodalizio artistico fra il regista e Stefano Accorsi, qui in crisi sentimentale con il compagno di una vita Edoardo Leo. Siamo ancora una volta a Roma fra amici affettuosi e schietti, ma stavolta ci sono i bambini e un'ironia che fa rima con maturità. La Dea Fortuna, in cui ritroviamo le terrazze e i bisticci d'amore, non è un ritorno al passato, ma un superamento dello stesso. Ci viene da dire che forse la passione ha lasciato il posto al disincanto e alla voglia di essere un po’ meno concilianti, magari per affidarsi a un destino che qui ha il volto e la dolcezza di Jasmine Trinca, che balla sotto la pioggia insieme ai due protagonisti come per vestirsi di una nuova pelle o aggrapparsi ancora alla vita. Fiore all'occhiello del film è un Edoardo Leo mai così autentico e a fuoco.

L'uomo che inventò il futuro

Recentemente Ferzan Ozpetek è tornato al lavoro sul fronte pubblicitario, essendo sempre stata la sua visione molto richiesta dalle grandi aziende italiane che dovevano confezionare i propri spot affinché avessero anche un'anima artistica oltre a quella commerciale. L'uomo che inventò il futuro è il nuovo cortometraggio del regista realizzato per Banca Mediolanum con protagonista Filippo Nigro. Il lavoro è stato presentato a Roma nel corso di una serata di gala a inviti e introdotto dall'amministratore delegato di Banca Mediolanum Massimo Doris, il critico cinematografico Gianni Canova e lo stesso Ozpetek. La storia narra di un’epoca in cui gli uomini non avevano consapevolezza del futuro e di come ogni piccolo passo in avanti rendesse invece la vita molto più libera e degna di essere vissuta. "Mai come in questi ultimi periodi siamo stati messi alla prova sul come e quando immaginare il tipo di futuro che ci aspetta" - ha dichiarato Ozpetek. "La continuità del tempo va salvaguardata, i suoi cicli e ricicli come li definiva il filosofo napoletano Vico a proposito del ripetersi della storia. Anche se credo in sostanza che tutto è destinato a cambiare, ad arricchire il corso della nostra esistenza". Rispetto ai tanti film e spettacoli realizzati dal regista, la misura del cortometraggio lo ha indotto a raccontare in pochi minuti una storia di sentimenti forti e delicati al tempo stesso, nella quale non mancano attriti, incomprensioni ed emozioni suscitate dai ricordi, con uno sguardo commosso rivolto al futuro che verrà.



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