lunedì 13 dicembre 2021

Donato Carrisi: "Lo scrittore e il regista non litigano mai". L'autore di thriller incontra al Noir in Festival

Non può mancare al Noir in Festival l'appuntamento con Donato Carrisi, che Giorgio Gosetti, uno dei direttori, ama giustamente chiamare il "Re dei bestseller di genere", e il genere non può che essere il noir, o il thriller, per meglio dire. L'autore de "Il Suggeritore" quest'anno concede al suo pubblico di ascoltatori meno tempo, perché è molto impegnato con la sua terza regia, adattamento del suo romanzo "Io sono l’abisso" che arriverà nelle nostre sale, con Vision Distribution, probabilmente in primavera. Ma lo scrittore, da sempre, è un vero e proprio affabulatore, e basta ascoltarlo una mezz'ora per rientrare automaticamente nel suo mondo di storie e di personaggi.

Donato Carrisi è a Milano anche per presentare il suo nuovo romanzo, "La casa dei ricordi", libro “gemello” e quindi non sequel de "La casa delle voci", sempre edito da Longanesi e sempre incentrato su un paziente dell’infallibile ipnotista di bambini Pietro Gerber. Stavolta l'abile psicologo infantile fiorentino deve frugare nella mente di un bambino che è stato ritrovato in un bosco e che non riesce a parlare. Intervistato da Gosetti prima della proiezione ufficiale di Inexorable, film che lo scrittore avrebbe di certo apprezzato, Carrisi ha parlato volentieri delle sue due anime, quella di filmmaker e quella di autore di romanzi, ed è stato bene attento a non lasciar trapelare quasi nulla del suo terzo lungometraggio.

Lo scrittore e il regista

Lo scrittore e il regista in realtà vanno d'accordo, non litigano mai. Non è mai successo che abbiano dovuto discutere animatamente. Quando giro un film da un mio libro, tendo a tenere il Carrisi scrittore ben legato in fondo a una cantina, perché lo scrittore non deve interferire con ciò che fa lo sceneggiatore e lo sceneggiatore deve interferire poco con quello che fa il regista. Questo è il mio metodo. Lo scrittore non si sente tradito, a dire la verità. Non è mai accaduto, anche perché tendo a scrivere sempre prima la sceneggiatura e poi il romanzo, e questo perché, venendo dal set, dal cinema e dalla fiction, sono quasi stato costretto a scrivere romanzi, dal momento che all'inizio nessuno voleva fare dei film dalle mie storie, per cui, per esempio, "Il suggeritore", che era una sceneggiatura che ho portato in giro ma che tutti hanno rifiutato, grazie al consiglio di un amico produttore è stata tramutata in un romanzo. E da lì è nato tutto, è sempre dalla sceneggiatura che nasce tutto, dall'immagine. Io scrivo per immagini.

Maestri e metonimie

Il mio vero maestro mi ammoniva, a volte, quando confondevo lo sceneggiatore con lo scrittore. Mi diceva sempre: "Devono avere distinte identità". E mi ha aiutato anche a capire che cosa cercasse uno e che cosa invece volesse l’altro. Vincenzo Cerami per me è stato fondamentale, in particolare mi ha spiegato che i due potevano essere accomunati da una cosa: la ricerca delle metonimie nel racconto. La metonimia, tanto per spiegarvi, è mettere un indizio nella testa del lettore o dello spettatore e poi farlo esplodere molto tempo dopo. Le metonimie possono essere semplici oppure estremamente complesse, magnificamente complesse, per cui da una metonimia ne nasce un'altra e così via. La vita è bella, per esempio è una perfetta architettura di metonimia. Se voi leggete la sceneggiatura e poi guardate il film, vi renderete conto di quale sublime architettura sia stata costruita appositamente per quel film, tanto che poi il regista ha avuto vita facile a muoversi all'interno di quel copione.

L'addormentatore di bambini Pietro Gerber

Mi interessava esplorare l’argomento dell’ipnosi e mi interessava soprattutto associarlo alla mente dei bambini dal momento che l'ipnosi praticata sugli adulti non è affascinante come quella che si può fare con i bambini, perché i bambini è come se fossero ancora legati da una specie di cordone ombelicale al mondo misterioso e oscuro da cui tutti proveniamo e a cui probabilmente siamo destinati dopo la nostra morte.I bambini portano dietro un che di misterioso, di mistico, ed è qualcosa che solo i bambini conoscono. Ci sono cose che soltanto i bambini sanno, quindi raccontare la storia di uno psicologo infantile ipnotista mi sembrava perfetto.

Sherlock Holmes

In realtà non mi affido mai al personaggio per la costruzione della storia. Non mi affeziono ai personaggi, tendo a far prevalere la storia. I miei personaggi sono pronti, nell'armadio, li tiro fuori di tanto in tanto, anche perché non vorrei soffrire dell'effetto Conan Doyle. Conan Doyle ha creato Sherlock Holmes e poi ha passato tutta la sua esistenza a struggersi perché gliel’avevano portato via. Non so se ricordate, ma nel primo romanzo Conan Doyle crea Sherlock Holmes. Dopodiché i fan scrivono a Doyle per complimentarsi, e dal secondo romanzo cominciano a scrivere direttamente a Sherlock Holmes, così lo scrittore si ingelosisce e decide di uccidere Holmes nel terzo, salvo poi essere costretto a resuscitarlo a a furor di popolo nel quarto. Sherlock Holmes era diventato più famoso del suo inventore. Io non potrei mai accettare una cosa del genere.

Pietro Gerber ne "La casa dei ricordi"

In questo secondo romanzo ho dato ulteriore spessore al personaggio, però bisogna stare attenti. Quando il personaggio acquisisce troppo potere all'interno della storia, può essere anche pericoloso, perché quella parte della sua vita che racconto deve essere funzionale alla storia, altrimenti sono costretto a portarmela dietro anche nei romanzi successivi.

Firenze: l'ambientazione perfetta

Ho fatto un'operazione su Firenze: ho tolto i turisti, è stata una mossa liberatoria, perché i turisti io li vedo quasi come topi. Invadono le nostre città, fanno male alle nostre città, il turismo fa male a questi scenari straordinari. Amo i viaggiatori. Il viaggiatore sa, è consapevole. Il turista, invece, lo riconosci subito, lo vedi per strada e dici: "Quello è un turista". Il viaggiatore arriva, ha rispetto, non porta via niente, semmai lascia qualcosa di sé e non solo rifiuti. Vedere Firenze senza turisti secondo me era come restituire in qualche modo l’Italia agli italiani, perché mi è capitato, negli ultimi anni, andando in giro per portare i miei romanzi fuori dal nostro paese, di imbattermi in libri di autori stranieri, che magari in Italia non vengono pubblicati per pudore, che saccheggiavano il nostro mondo, le nostre città, storie ambientate a Firenze, a Venezia, a Milano, a Roma. Noi italiani non facciamo niente del genere. Ho girato un film sul Lago di Como (Io sono l'abisso ndr) ed è stata una cosa drammatica. Sono stato il primo regista italiano a girare un film interamente sul Lago di Como. Perché non si girano film sul Lago di Como? E’ uno scenario internazionale. Perché farcelo depredare in questo modo? La seconda serie di The Morning Show è ambientata tutta sul Lago di Como, che però è stato ricostruito completamente a Los Angeles. Noi dovremmo impadronirci nuovamente di questi posti. Pietro Gerber deve stare a Firenze perché Firenze è un posto magico, e questa magia, questo misticismo legato alla città volevo esplorarlo perché l’avevo studiato nel corso del tempo e da parecchio avevo in mente di servirmi di Firenze e di farla diventare un personaggio silenzioso di uno o più libri.

Il lavoro di ricerca

Il lettore di thriller è esigente oltre che intransigente, per cui se io inciampassi in qualcosa di inverosimile, mi abbandonerebbe subito. Trattando argomenti estremi, è chiaro che deve passare molto tempo per poterli raccontare bene. Ogni mio romanzo nasce dopo circa due anni di gestazione. Un anno e mezzo è il tempo che dedico di solito alla ricerca, a battere il territorio, a cercare i consulenti giusti. La parte più avvincente dello scrivere non è mettersi davanti alla pagina bianca. All'inizio tutto passa per le letture, poi bisogna tentare di capire se qualcuno prima di noi abbia raccontato una storia simile.

Thriller freddi e thriller caldi

Sono freddi alcuni thriller scandinavi. Io ho provato a scaldare le mie storie noir. Per esempio La ragazza nella nebbia è ambientato in un freddissimo paesino delle Alpi, però sia il libro che il film dovevano essere caldi. Quando ho parlato con lo scenografo, gli ho detto: "Questo paesino e questa selva che noi andiamo a raccontare devono essere accoglienti. Soprattutto il bosco dev'essere un posto in cui una bambina deve aver voglia di avventurarsi, dev’esse fiabesco. La freddezza la dobbiamo creare altrove, nel cuore dei personaggi, per esempio".

I nomi e le parole

Bisogna assolutamente evitare che i nomi dei personaggi siano parolacce all'estero, o che siano buffi. Questa è una ricerca che faccio dai tempi de "Il Suggeritore". All'epoca mi chiedevano: "Ma perché hai scelto nomi così strani per ‘Il Suggeritore'?". In realtà erano dovuti al fatto che i nomi avevano un significato vivo. In vietnamita, per esempio, c’è una parola italiana che suona volgarissima, se la utilizzassi come nome o come cognome di qualcuno, sarebbe un delitto. C'è stato inoltre un personaggio a cui abbiamo cambiato il cognome in portoghese, perché in portoghese aveva un significato piuttosto blasfemo.

Io sono l'abisso: un film segreto

E’ ancora segreto. Ogni tanto qualcuno azzarda: "Mah, non è che hai preso tizio? Caio?”. Siamo riusciti a tenere blindato il set e non me la canterò, continuerò a tenere il massimo riserbo, anche perché gli attori che troverete nel film sono assolutamente irriconoscibili. Il trailer è stato mandato recentemente alle Giornate Professionali di Sorrento. Qualcuno lo ha visto, però, molti mi hanno detto: "Ma sai, ma non ho riconosciuto…". Sarà così fino alla fine. E’ stata una lavorazione strana perché Io sono l'abisso è un curioso thriller con una storia d'amore dentro. Succedono delle cose stranissime e poi, tra l'altro, dovendo raccontare una storia d'amore, dove i colpi di scena non sono di meccanismo, ma sono sui sentimenti e arrivano all'improvviso e viaggiano sottotraccia e, quando poi spuntano, arrivano come un cazzotto nello stomaco, il lavoro con gli attori è stato oltremodo complicato. Io chiedo agli attori uno sforzo fisico notevole, non mi accontento, nel senso che sono davvero chiamati a immergersi totalmente nel personaggio, e stavolta anche nell'acqua del Lago di Como, acqua freddissima, tra l'altro. E’ un tipo di preparazione che è indispensabile fare, tant'è che qualcuno mi ha detto pure di no: "Io questo film non lo posso fare, non me la sento, non c'ho il fisico".



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