lunedì 10 agosto 2020

Viale del tramonto: speciale per i 70 anni di un insuperabile capolavoro della crudeltà

La prima volta che ho visto Viale del tramonto è stato quando ero molto più giovane di adesso, in televisione, doppiato con le bellissime voci di Emilio Cigoli e Andreina Pagnani, ma con un adattamento qua e là un po' goffo, per rendere certi riferimenti comprensibili al pubblico italiano dell'epoca. Ricordo di essermene subito innamorata alla follia per gli attori e i dialoghi meravigliosi, il suo inedito mix di noir gotico e commedia, cinismo e romanticismo, e la macabra ironia con cui analizzava in modo spregiudicato un mondo idealizzato dai più, ma dove tutto era in vendita al miglior offerente. L'ho poi rivisto in dvd in inglese tante di quelle volte che ho perso il conto, divorando gli extra, la sceneggiatura e i libri che gli hanno dedicato, oltre ad aver comprato molti anni fa – l'ho sotto gli occhi mentre scrivo - una foto originale del film, che ritrae Joe Gillis (William Holden) alla macchina da scrivere, mentre Norma Desmond (Gloria Swanson), in piedi accanto a lui, gli fa reintegrare una scena dal suo orribile e prolisso copione di Salomé che ha appena buttato nel cestino. Viale del tramonto è insomma il film che mi ha fatto amare il cinema e che porterei sulla proverbiale isola deserta (ammesso che sia dotata di elettricità). Quanto sopra non per parlare di me, come oggi sembra quasi obbligo fare, ma per dire quanto un film del genere, che ebbe la sua prima proiezione ufficiale 70 anni fa, il 10 agosto 1950, al Radio City Music Hall di New York, abbia inciso sull'immaginario e sull'amore per il cinema di milioni di critici e spettatori in tutto il mondo.

Viale del tramonto, interamente ambientato a Hollywood, venne quasi subito acclamato come capolavoro, anche se lasciò sconcertati e indignati alcuni “insider”, che accusarono Billy Wilder di aver sputato nel piatto in cui mangiava. Una di queste reazioni avvenne dopo una proiezione organizzata dalla Paramount per attori e dirigenti di altri Studios, accolta dal plauso generale (Barbara Stanwick si inginocchiò per baciare l'abito della Swanson), quando l'irascibile capo della MGM Louis B. Mayer si scagliò pubblicamente contro Wilder, accusandolo di aver disonorato chi lo aveva accolto, gridandogli che avrebbe dovuto vergognarsi ed essere “incatramato, impiumato e cacciato da Hollywood”. Di fronte alla furia del boss, la risposta di Wilder, che non ha bisogno di traduzioni, fu un semplice “go fuck yourself”. Viale del tramonto uscì in Europa l'anno successivo (in Italia il 6 marzo 1951) e delle sue 11 candidature all'Oscar ne vide concretizzarsi solo 3: miglior soggetto e sceneggiatura e miglior colonna sonora (splendida, dell'amico di Wilder dai tempi di Berlino e con lui esule, Franz Waxman) e miglior scenografia. Quell'anno come miglior film vinse Eva contro Eva e le splendide performance di Bette Davis in quel film e Gloria Swanson finirono per neutralizzarsi a vicenda, dando la vittoria a Judy Holliday per Nata ieri di George Cukor in una performance sicuramente meno innocua di quella delle due star.

La nascita di Viale del tramonto: la sceneggiatura di Billy Wilder, Charles Brackett e dello sconosciuto D.M. Marsham Jr

La scrittura del film – ultima collaborazione di Wilder con Brackett, due anni dopo l'uscita di Scandalo internazionale e del deludente Il valzer dell'imperatore e 4 dopo all'Oscar per Giorni perduti – non andò liscia e veloce come al solito, tanto che a un certo punto i due decisero di coinvolgere un terzo elemento, il giornalista D. M. Mashman Jr. (colpiti proprio da una sua critica al Valzer dell'imperatore) per dare nuova linfa al progetto. Dopo aver collaborato a Taxi e Duello sulla Sierra Madre, Mashman – di cui non si conosce il contributo preciso al copione finale di Viale del tramonto – come una meteora scomparve dal mondo del cinema. Per ingannare la censura, le pagine della sceneggiatura venivano consegnate dagli autori un poco per volta, senza l'inizio e la fine, in pratica mancanti del contesto principale, tanto che il Breen Office potè solo chiedere la riscrittura di alcune battute, ma non avendo modo di comprendere il tema del film non ebbe niente da obiettare. E dunque passò indenne una storia che parlava di una relazione sessuale tra una donna cinquantenne e un gigolò trentenne, il quale, ucciso da lei, da morto raccontava la sua storia.

L'inizio cambiato di Viale del tramonto

Viale del tramonto ha uno degli incipit più famosi della storia del cinema: il titolo del film compare sul bordo di un marciapiede, poi la macchina da presa si muove sull'asfalto sui titoli di testa, e alla fine arrivano moto e auto della polizia, mentre una voce fuori campo ci dice che in una delle lussuose ville del Sunset Boulevard è stato commesso un delitto e che nel fatto è coinvolta una diva nel cinema e che prima che lo leggiamo sui giornali o lo vediamo nei notiziari, lui vuole raccontarci cosa è successo. Vediamo un cadavere galleggiare in una piscina (in un virtuosismo di ripresa difficile da ottenere per i tempi, l'attore è fotografato tramite uno specchio fissato nel fondo). La voce dice “gli piacevano tanto le piscine, e finalmente ne ha una tutta per sé, anche se gli è costata cara. Ma torniamo indietro di sei mesi...”. Dissolvenza e inizio del film. Alla fine sapremo che è il protagonista, Joe Gillis, ad averci raccontato la sua storia. Bene, il film non iniziava così quando vennero fatte le prime proiezioni di prova in provincia: in una scena visibile in parte tra gli extra del dvd, un furgone mortuario arrivava all'obitorio e metteva un corpo sulla lettiga: gli inservienti gli toglievano scarpe e calzini fradici d'acqua e gli attaccavano un cartellino con nome e data della morte all'alluce, per poi inserirlo in un posto libero tra altre lettighe. Poi se ne andavano spegnendo la luce (e qui finiscono i contributi filmati) e i morti iniziavano a parlare tra di loro. Questa cosa, non si sa bene perché, faceva sbellicare dalle risate il pubblico delle sneak previews, rovinando totalmente il tono e gli intenti del film. Fu a quel punto che Billy Wilder decise di cambiare l'inizio con quello celeberrimo che tutti conoscono e che si riallaccia in maniera circolare al finale.

Viale del tramonto: Gloria Swanson: una vamp tra Dracula e la donna ragno

Anche se per ironia della sorte fu proprio diretta da George Cukor che Judy Holliday soffiò l'ambita statuetta alle due rivali Bette Davis e Gloria Swanson, fu grazie al regista che quest'ultima su suo suggerimento venne scelta per il ruolo di Norma Desmond, la protagonista di Viale del tramonto. Inizialmente Brackett e Wilder avevano pensato a Mae West, che aveva sette anni più della Swanson, ma si resero presto conto che il film sarebbe diventato una commedia, oltre al fatto che l'attrice avrebbe pretesto di riscrivere il copione. Dopo di lei furono prese in considerazione altre celebri dive del muto, più o meno dimenticate o recluse, anche se non tutte vennero incontrate per discuterne: da Mary Pickford a Pola Negri e Norma Talmadge. Gloria Swanson aveva all'epoca 49 anni e lavorava in radio e televisione a New York: anche se mancava dal cinema da Papà prende moglie di 9 anni prima, era tutto l'opposto della diva che doveva interpretare e che vive ancora nell'illusione di un ritorno. Era una pratica donna d'affari senza nostalgie per il passato, vivace e giovanile. Capì subito il potenziale del ruolo e accettò con entusiasmo, tornando nella Los Angeles che aveva abbandonato. Avere lei arricchì infinitamente il film: Swanson conosceva bene il cinema muto, dove aveva debuttato ancora minorenne, era stata una grandissima star, aveva conservato tutte le foto e i cimeli dell'epoca che appaiono nel film, ed era troppo intelligente e realizzata per sentirsi umiliata dal ruolo, che ricoprì alla perfezione. La sua presenza permise inoltre di avere nel film il grande regista – lui sì, caduto in disgrazia – Erich Von Stroheim, che l'aveva diretta (finché non ne era stato licenziato) in Queen Kelly, prodotto dall'amante di lei, il patriarca Joseph Kennedy, mai completato, le cui sequenze si videro per la prima volta proprio in Viale del tramonto.

È affascinante osservare Norma Desmond (il cui nome è un mix tra quelli della diva del muto Norma Talmadge e del regista William Desmond Taylor, ucciso con un colpo di pistola nel 1922) mentre tesse la sua tela intorno all'ignaro Joe Gillis, sceneggiatore in cattive acque che per sfuggire al pignoramento della sua auto si rifugia per uno scherzo del destino nella sua maestosa reggia in rovina. Lui è convinto di averla presa all'amo ma è lei in realtà che lo circuisce fino a rinchiuderlo in una gabbia dorata da cui non ha via di scampo. Le movenze teatralmente esasperate, le espressioni esagerate tipiche del cinema muto vengono usate alla perfezione per il ritratto di una donna ragno vorace di sangue giovane: guardate le mani, mobilissime e spesso adunche come quelle di un vampiro. Quando Gillis cede ai suoi desideri dopo il tentativo di suicidio di lei, lo attira a sé come Dracula farebbe con le sue vittime, e la cinepresa, giustamente, dissolve.

Viale del tramonto: Gli altri protagonisti

  • Se c'era un attore che rischiava di entrare nella schiera di coloro che non ce l'avevano fatta, all'epoca di Viale del tramonto, era proprio William Holden, che da tempo non otteneva un ruolo in un film di successo e - sia pure meno disperato di Joe Gillis, che prima della tragedia vede come unica alternativa rinunciare ai suoi sogni di gloria e tornare in Ohio - non aveva molte prospettive davanti a sé. Holden non fu la prima scelta: per la parte era stato scritturato il neanche trentenne Montgomery Clift, a inizio carriera e già candidato all'Oscar per Odissea tragica. Ma durante una vacanza, il giovane e bellissimo attore ebbe un ripensamento: alcuni dicono perché all'epoca stava con una donna molto più grande di lui che gli avrebbe fatto cambiare idea sul fatto di interpretare il mantenuto di una diva matura. Wilder andò su tutte le furie ma non ci fu modo di fargli cambiare idea. Dopo qualche voce priva di fondamento su Marlon Brando e altri, la scelta ricadde su Holden, che dopo questa performance magnifica vide decollare a razzo la sua carriera con la sua prima candidatura all'Academy Award: proprio diretto da Billy Wilder vincerà l'Oscar nel 1954 per Stalag 17 e lavorerà ancora con lui in Sabrina e Fedora, un film che riecheggia alla lontana i temi di Viale del tramonto. Sul set, Holden fu vittima di uno scherzo tipico di Wilder nella bellissima, romantica scena in cui lui e la giovane sceneggiatrice Betty Shaefer si baciano. Il regista aveva già ottenuto al primo ciak quello che desiderava, ma convinse i due attori a ripeterla, dicendo loro che avrebbe dovuto fare una dissolvenza e che dunque dovevano continuare a baciarsi finché non dava lo stop. Lo stop non arrivava mai e la troupe iniziava a ridacchiare quando a darlo fu una voce femminile alquanto seccata: era la moglie di William Holden.
  • Betty, la ragazza semplice, intelligente e pulita, cresciuta nei teatri di posa e hollywoodiana di terza generazione, è interpretata da Nancy Olson che aveva come il suo personaggio 22 anni e call'attivo un paio di particine, prima di ottenere il ruolo. Da poco diplomata in studi drammatici, è molto convincente e credibile nel ruolo che le valse una candidatura all'Oscar, ma si ritirò a un certo punto dal cinema dopo aver sposato il compositore Alan Jay Lerner. Poi non ha più avuto ruoli di rilievo, pur continuando a recitare al cinema e in tv: nel 1975 sul set di Airport 75 ha ritrovato la rivale Gloria Swanson. Oggi ha 92 anni ed è l'unica ancora in vita del cast.
  • Max von Mayerling è il grande regista del muto Erich Von Stroheim, perfetto nel ruolo dello schiavo volontario dell'ex moglie e attrice da lui scoperta. Sul suo volto severo passano attraverso un semplice battito di ciglia o una smorfia mal trattenuta molte emozioni, visibili soprattutto nel finale quando dirige nuovamente Norma ormai impazzita, che lo crede Cecil B. De Mille. All'epoca di Viale del tramonto, Von Stroheim, viennese di nascita come Billy Wilder, caduto in disgrazia come regista a Hollywood per i suoi film del muto scandalosi, lunghissimi e costosissimi (come Greed, Rapacità), sopravviveva accettando piccoli ruoli da attore. Viale del suo tramonto – a cui seguirono poche altre cose – gli meritò una candidatura all'Oscar e al Golden Globe ed è il degno congedo di un grande del cinema.
  • Cecil B. De Mille interpreta se stesso e Norma va a trovarlo, credendo che voglia dirigere il suo film mentre in realtà uno dei suoi assistenti, Gordon Cole (nome adottato da David Lynch per il suo personaggio in Twin Peaks), vuole affittare la sua antiquata Isotta Fraschini. La scena si svolge nel teatro 18 della Paramount dove sta girando Sansone e Dalila, con Hedy Lamarr e Victor Mature, che sarà poi candidato all'Oscar lo stesso anno di Viale del tramonto. Nella scena, bellissima e significativa, De Mille, celebre per i suoi film mitologici un po' pacchiani e per il suo brutto carattere, indossa i suoi celebri stivali. Wilder e Brackett (che del film era anche produttore) avrebbero voluto tra la troupe e le vere comparse di Sansone e Dalila anche un cammeo di Hedy Lamarr, che chiese troppi soldi e dunque fu cassata.
  • Ci sono poi i manichini di cera, come impietosamente li battezza Joe Gillis, ovvero i tre attori del muto e colleghi di Norma che vengono a giocare a bridge una volta a settimana. Il più celebre è sicuramente il geniale attore e regista Buster Keaton, l'uomo di gomma sempre impassibile. C'è poi H. B. Warner, che proprio in Il re dei re di Cecil B. DeMille aveva interpretato Gesù Cristo e Anna Q. Nillson, attrice svedese protagonista di molti successi del muto. Tra le apparizioni del film c'è infine l'editorialista di gossip Hedda Hopper, che alla fine fa il suo rapporto dalla scena del crimine.

Viale del tramonto – La casa

Concludiamo con un'altra protagonista del film, la casa/mausoleo di Norma Desmond al numero 10086 di Sunset Boulevard. Se voleste andare a Los Angeles a visitarla, purtroppo non potete più farlo. Gli esterni in rovina appartenevano a una villa costruita negli anni Venti, chiamata "La casa fantasma", di proprietà della famiglia Getty. Prima di abbandonarla ci aveva vissuto l'ex moglie del miliardario J. P. Getty. Si trovava però sul Wiltshire Boulevard, e non sul Sunset. In seguito è stata utilizzata anche per Gioventù bruciata, e nel 1957 i proprietari l'hanno fatta demolire per costruirvi un palazzo di uffici. L'interno, così kitsch, polveroso e spettrale (con l'organo suonato da Von Stroheim che richiama Il fantasma dell'opera) è stato interamente ricostruito in studio dalla squadra capitanata da Hans Dreier, che col suo team di scenografi e decoratori vinse l'Oscar per questo stupefacente lavoro, che fa della casa di Norma Desmond lo specchio della sua follia e della sua inarrestabile decadenza.



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