Come si può raccontare una storia così contemporanea come una storia di genitori e figli adolescenti oggi? In che cunicolo buio e cavernoso ci si infila volontariamente? E dove si trova la luce alla fine del tunnel? Gli sdraiati parte dal romanzo di Michele Serra tracciando un percorso di formazione dei personaggi principali di Giorgio Selva (interpretato da Claudio Bisio) e Tito, il figlio liceale diciassettenne (Gaddo Bacchini). Nelle prime scene - vediamo il ragazzo approfittare della separazione dei genitori per fare come gli pare in due luoghi distinti, gli appartamenti di madre e padre. Il genitore è un uomo famoso, un giornalista televisivo con programma settimanale in prima serata, riconosciuto per la strada da fan che vogliono un selfie o da non ammiratori che gli sputano ai piedi appellandolo scemo. Un padre ingombrante che il figlio combatte con i suoi mezzi: indifferenza, silenzio, vaffanculo. Tra loro un gap generazionale che include l'incapacità assoluta di dialogo, il disordine costante nella casa paterna da single, l'impossibilità a condividere momenti che non siano di scontro. Dall'inizio conosciamo un ragazzo mite, di animo gentile, ben educato, non un buzzurro lobotomizzato: parte di un gruppo affiatato di amici, una cerchia di cinque coetanei coi nomi assurdi, soprannomi come Boh, Lombo, Yacco, Pippo. Tutti maschi, tutti soli senza ragazza a carico, tutti fanno tutto insieme: vanno in bici, stazionano in appartamento, mangiano, bevono, vomitano, scherzano, ridono. Ma solo tra di loro. Sono un mondo a parte, gli altri non entrano, il genere femminile non è benvenuto, ma più ancora mal visti sono gli adulti, ancora di più adulti genitori. Selva è registrato nel cellulare di Lombo come Esaurito, con annessa foto rubata in qualche momento di difficoltà: quando Tito non risponde alle chiamate il padre tenta ripetutamente di chiamare l'amico del figlio, il quale, per naturale osmosi, non si degna manco lui di rispondere. Sono ben narrati lo spaccato milanese alto borghese, i lussi dati per scontati da chi li ha da sempre e per sempre, i divari sociali colmati dal silenzio, la vita bella dei weekend al mare nella vicina Liguria, le olive da raccogliere, le feste da cui andare via, i dubbi e i tabù di una generazione di millennials che non sa chiedere ai grandi, che non vuole imparare da loro, forse a ragione. Secondo l'insegnamento Morettiano le parole sono importanti il copione di questo film è parlato il novantacinque per cento della durata totale: i dialoghi sono fondanti, nessuna frase è ininfluente, ogni informazione comunicata è pertinente al meccanismo dell'avanzamento delle scene. Bisio è un padre nevrotico, infelice della solitudine da cui non riesce a uscire, insoddisfatto nonostante una carriera fiorente e di soddisfazione: è un uomo che patisce i suoi limiti, che confronta le antiche metodologie pedagogiche con il lassismo di autorità paterna attuale, che si attorciglia su se stesso davanti ai continui sbalzi di umori filiali. Tito e i suoi amici sono dei comuni adolescenti inquieti, non più cattivi non più irrequieti non più indolenti di altri. La costruzione di un rapporto è qualcosa che si crea in due, fino a che il ragazzo non sarà disponibile, nulla andrà a buon fine. Ma la vita, l'amore, le esperienze producono cambiamento e maturità, anche in maniera involontaria, in grandi e piccini e alla fine del viaggio ci si ritrova comunque diversi, cresciuti, più o meno maturi a seconda dei punti di vita, forse appena un poco più vicini.
(Gli sdraiati); Regia: Francesca Archibugi; sceneggiatura: Francesca Archibugi, Francesco Piccolo; fotografia: Kika Ungaro; montaggio: Esmeralda Calabria; musica: Battista Lena; interpreti: Claudio Bisio, Gaddo Bacchini, Cochi Ponzoni, Antonia Truppo, Gigio Alberti, Sandra Ceccarelli, Donatella Finocchiaro; produzione: Indiana Production, Lucky Red, Rai Cinema; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia, 2017; durata: 103'
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