giovedì 30 novembre 2017

Daphne

Daphne vive a Londra, ha trentadue anni, lavora in un ristorante alla moda del centro, abita da sola, beve come una spugna, quando capita si droga, sceglie gli uomini con la brutalità addormentata con cui si prendono dei calzini spaiati dal cassetto al buio di mattina. Trascura la madre, quando la donna si presenta a casa sua la accusa di essere una stalker, appena rimane sola strappa il suo invito a una qualche celebrazione. Daphne legge ubriaca sul divano Zizec, chiude il libro dicendo “che cazzate”, prova a cucinare ricette che non le vengono mai come vorrebbe, fuma mille sigarette, una sera via l'altra torna a casa sfatta, ordina cibo a domicilio e quando arriva sta già dormendo. È bella, giovane, intelligente sopra la media: queste doti non le impediscono di non farcela, sente di non riuscire a stare con se stessa, dice che non percepisce nessuna emozione, vive forte per mettersi alla prova. Ma le prove non finiscono mai e a furia di spingere sul gas si va a sbattere. Una notte, uscita sballata di coca da casa di un amante occasionale incontrato qualche ora prima in un locale, si reca in un negozio aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Ordina del tabacco e del paracetamolo e diventa, suo malgrado, spettatrice dell'accoltellamento gratuito del gestore mediorientale da parte di un isterico rapinatore incapace che va fuori di testa perché non trova quello che cerca (scaglia a terra il cellulare che Daphne gli ha offerto in alternativa ai soldi dichiarandolo ‘antichità'). Daphne chiama l'ambulanza, prova a tamponare la ferita, tiene la mano all'uomo che ripete disperatamente il nome dei figli facendosi dare la foto dell'intera famiglia da guardare. Questo evento diventa lo spartiacque attraverso il quale la protagonista deve passare per toccare il fondo e risalire: un passaggio purificante nel fuoco della violenza la scuote dall'interno e la porta a reagire. Cruciale la frase pronunciata dallo psicanalista, offerto come risarcimento per essere stata testimone di un crimine: “Le stronzate sono utili”. E Daphne lo sa bene. Rigoroso, solido, piantato nel reale con radici poderose, ben strutturato, ben sceneggiato, ben recitato il film appartiene a quelle opere di finzione in cui il pubblico aderisce senza timore alla trama, la gode nei dettagli, empaticamente o no se ne ritrova coinvolto. L'emotività repressa di Daphne, la fragilità camuffata da arrogante cinismo, l'innato senso della sopravvivenza e di rinascita che alcuni personaggi positivi sono qualcosa a cui aggrapparsi in un mondo contemporaneo spietato, a tratti invivibile, che non favorisce la speranza. Bello. Intenso. Da vedere.

(Daphne); Regia: Peter Mackie Burns; sceneggiatura: Nico Mensinga; fotografia: Adam Scarth; montaggio: Nick Emerson; musica: Sam Beste; interpreti: Emily Beecham), Geraldine James, Tom Vaughan-Lawlor, Nathaniel Martello-White, Osy Ikhile, Sinead Matthews; produzione: The Bureau;origine: Regno Unito/UK, 2017; durata: 90'



from Close-Up.it - storie della visione http://ift.tt/2i41p8l

Nessun commento:

Posta un commento