L’arminuta, la “restituita”, in accento abruzzese. Il titolo di un romanzo di successo di Donatella Di Pietrantonio, vincitore del Campiello nel 2017, e ora di un adattamento per il grande schermo diretto da Giuseppe Bonito, unico italiano in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma 2021. Nelle sale arriverà molto presto, dal 21 ottobre, distribuito da Lucky Red.
La ragazzina del titolo, mai identificata con il suo vero nome, ha tredici anni e viene restituita alla famiglia cui non sapeva di appartenere. All’improvviso perde tutto della sua vita precedente: una casa confortevole e l’affetto esclusivo riservato a chi è figlio unico, venendo catapultata in un mondo estraneo. Un mondo contadino sofferente, incapace di comunicare.
Dopo un casting che ha coinvolto oltre tremila bambine e ragazzine abruzzesi, sono state scelte la protagonista, Sofia Fiore, e la sorellina più piccola, Carlotta De Leonardis. Entrambe davvero convincenti. Insieme a loro le due madri, Vanessa Scalera ed Elena Lietti, oltre al fratello più grande Andrea Fuorto e il padre, quasi sempre in silenzio, interpretato da Fabrizio Ferracane.
“Per me è stato come ritrovarmi davanti a uno specchio, anche se è una storia al femminile e io sono un uomo”, ha dichiarato il regista in conferenza stampa. “Non riesco a razionalizzare come lettore, e ora regista, cosa mi abbia realmente colpito. Come molti lettori è un libro che mi ha toccato nel profondo in maniera potente, attraverso un percorso di consapevolezza che non riesco ancora a mettere del tutto a fuoco. Una storia straordinaria, un luna park di sentimenti e conflitti. Pur non essendo abruzzese, ma cilentano, ho ritrovato con precisione quelle facce, gli ambienti e le situazioni, gli odori. Mi sembrava di guardare una vecchia fotografia, persone che conoscevo nella mia infanzia. Non ho mai letto un romanzo che raccontasse con tale profondità queste persone. Era poi allettante per me raccontare una storia tanto declinata al femminile, una sfida molto interessante per un regista maschio.”
Era presente anche alla Festa anche l’autrice del libro, Donatella Di Pietrantonio, che ha tenuto a precisare come sia, sì, lo scontro fra due mondi, ma “L’arminuta fa un grande sforzo di crescita, nel cercare una o più posizioni mediane. Ci sono poli opposti, sia nel romanzo che nel film, molto evidenti. Città e campagna, ricchezza e povertà, mare rispetto all’entroterra povero e spopolato. Il vero lavoro che fanno i personaggi, e credo tutti noi, è quello di conciliazione, identificando alcune delle infinite posizioni mediane che ci sono tra gli opposti. Quelli che la storia presenta come insostenibili, incompatibili con la sopravvivenza, troppo estremi. Cercano tutti l’arminuta, che insegue una sintesi fra la madre adottiva e quella biologica, che l’ha ceduta ancora lattante. Una donna in difficoltà, con un lato anche infantile, lei che non l’ha potuta vivere, l’infanzia. Non riesce a esprimersi, non coccola perché non ha ricevuto coccole, è figlia di altre mancanze e abbandoni”.
Un conflitto da mondi ben diversi che è stato anche al centro di molte scelte di Petito. “È stato uno dei criteri guida, questa polarità marcata, qualcosa che abbiamo tenuto in grande considerazione, in scrittura ma anche girando. Anche in riferimento ai personaggi, le due bambine ma anche le due madri, sono molto ben identificabili dal punto di vista realistico, ma con un simbolismo molto forte. Modernità, progresso e cultura più antica. Una dicotomia anch’essa cruciale, e tutte queste figure la incarnano benissimo. Sono persone diverse ma accomunate tutte dal bisogno dell’altro. I momenti per me più forti sono quando si sfiorano, si toccano. I momenti di contatto fisico, in cui questi mondi entrano in collisione. Girando, ho sentito come fossero le situazioni più esplosive, un magma, un non detto che prorompe sulla scena. L’arminuta mi sembra un film in cui è forte il bisogno che si ha degli altri.”
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