Sette anime (2008) è stata la seconda collaborazione tra Will Smith e Gabriele Muccino dopo La ricerca della felicità: questo secondo film è tuttavia piuttosto diverso, e anche più cupo. Stando tuttavia a Smith, è stato proprio questo lungometraggio a modificargli la percezione del senso stesso della sua carriera. Da MTV:
Ho avuto un'epifania dopo aver lavorato su Sette anime. [...] Mi sono reso conto che nei film precedenti pensavo troppo a me stesso e al mio futuro. Dopo Sette anime, ho avuto quest'enorme rivelazione, su quello che voglio piuttosto fare: vivere al servizio dell'umanità invece di vivere al servizio del successo commerciale dei miei film.
Costato 55 milioni di dollari, Sette anime ne ha portati a casa quasi 170, trovando un buon equilibrio: negli incassi non è stato un blockbuster come altri lavori di Will, ma non è nemmeno andato in perdita. Ma qual è il tema portante della storia?
Sette anime, la fiducia in un futuro migliore
In Sette anime Tim Thomas (Smith), a causa di un incidente causato da una sua stupida distrazione, causa la morte di sette persone (inclusa sua moglie). Travolto dalla necessità di espiare l'enormità della tragedia, decide di salvare l'esistenza di altre sette persone, sacrificandosi per loro anche fisicamente. Parlando con Collider, Smith ha spiegato il senso più profondo del racconto.
Mi sono chiesto: qual è la differenza tra qualcuno che cade in depressione o qualcuno come Nelson Mandela, Alì, Gandhi o Madre Teresa? Continuano ad andare avanti, a dispetto del peso dell'umanità e della vita. Con Sette anime ho scoperto lo scopo. Con uno scopo, tutto è sostenibile. [...]
Perdi il lavoro, divorzi, cose così. Quando è inverno, tutto muore. La primavera arriva sempre. E' così che funziona, no? Questo personaggio non se n'era reso conto. [...] Non sapeva che poteva innamorarsi di nuovo, non sapeva che le cose rotte si potevano riparare. [...]
Insomma concentrati, perché la primavera arriva ma devi farti trovare pronto a salire sull'onda della nuova vita, questo film è quasi una lezione.
Sette anime, la seconda esperienza americana di Gabriele Muccino
Dopo La ricerca della felicità, Muccino alzò il tiro della sfida creativa a se stesso e a Hollywood, realizzando un film come Sette anime, più complesso e più forte nei temi raccontati. Come sia andata, lo ha raccontato in un'intervista a Firstshowings, di cui vi proponiamo due estratti.
Il primo film andò già liscio, ma il secondo è andato ancora più liscio, sentivo che c'era più un'idea di "Lasciamolo lavorare, sa quel che fa". In questo sistema, in questo ambiente, mi considero enormemente fortunato a essere trattato così, perché i registi oggi vengono controllati, licenziati, giudicati. E quando non sono capiti, sono imprigionati nel raccontare storie che non appartengono più a loro, ma agli executive.
Qual è stato il metodo di lavoro nel dare vita a Sette anime?
I cambiamenti più grandi li abbiamo operati nelle prove, direi. Abbiamo provato cinque settimane con gli attori, abbiamo parlato un sacco, leggendo, cambiando le battute, aggiungendole, cancellando e inventando scene. A volte si trovava un buco nel copione e veniva fuori un gioiello perfetto per la storia. Il copione è stato un workshop, un processo inestimabile.
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