sabato 27 giugno 2020

L’Armata Brancaleone: le curiosità sul capolavoro della commedia italiana di Mario Monicelli

Non solo quello che vediamo sullo schermo, ma anche il dietro le quinte, tante curiosità su L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli, uno dei capolavori della commedia e in generale del cinema italiano: per la capacità di creare un universo a se stante, un passato con i vizi e le virtù dell’oggi, per aver creato una lingua esilarante e fantasiosa che è diventata proverbiale, fra latino maccheronico, lingua volgare medievale e espressioni dialettali, per non parlare degli straordinari interpreti. Parliamo di Vittorio Gassman, naturalmente, qui in una delle sue vette massime di comicità, poi Gian Maria Volontè, Enrico Maria Salerno, Carlo Pisacane, una giovanissima Catherine Spaak, Barbara Steele.

L’Armata Brancaleone, tante curiosità su un medioevo che non è poi così tanto lontano

Siamo nel 1966, in un’Italia fatta di paesi dai nomi fittizi, come Aurocastro, Panzanatico, San Cimone, in un universo medievale, XI secolo, creato dalla fervida fantasia di un gigante della commedia italiana come Mario Monicelli. L’idea ha confessato essergli venuta dopo aver visto casualmente nei laboratori di Cinecittà, delle immagini di un film del 1955, Donne e soldati, di Luigi Malerba e Antonio Marchi, che si stava montando. Ci sono poi i riferimenti letterari, ai grandi cicli di narrativa picaresca e cavalleresca e quelli cinematografici, su tutti il Kurosawa de La sfida del samurai.

La lingua volgare creata per i dialoghi, spesso incomprensibile, per Monicelli doveva servire a confermare la superiorità delle immagini, lui che era un sostenitore deciso del primato del muto rispetto al cinema sonoro. Chi volesse andare a sbirciare un Brancaleone storico, troverebbe il nome di uno dei cavalieri che presero parte alla disfida di Barletta, nel molto più recente 1503. Qui le gesta cavalleresche sono declinate con i vizi dell’italiano medio così bene e spesso raccontati dalla commedia italiana, Monicelli in testa. Niente eroismi, quindi, e non troppe buone maniere, ma un medioevo oscuro e cupo, disperato e straccione, sul cui sfondo violento risaltano ancora di più le dinamiche comiche create dalla sceneggiatura dei grandi Age & Scarpelli, insieme a Monicelli stesso.

Il film è girato in gran parte nell’alto Lazio e nella Maremma laziale. La scelta di Volonté nel ruolo di Teofilatto dei Leonzi fu imposta dal produttore Mario Cecchi Gori. In quegli anni il grande attore era noto per i western di Sergio Leone, ma Monicelli non era per niente convinto, dichiarando molti anni dopo che avrebbe scelto volentieri per il ruolo Raimondo Vianello. Per Zenone fu scelto Enrico Maria Salerno che convinse tutti utilizzando il falsetto, mentre Catherine Spaak era poco più che ventenne all’epoca, non conosceva bene l’italiano e raccontò di venire accolta sul set da “prese in giro e parolacce. All’inizio trattenevo a stento le lacrime ma capivo il loro divertimento e non potevo rovinargli la festa. È anche così che ho appreso il rigore e lo spessore del grande cinema italiano”.

Armata Brancaleone, così come alcune espressione usate nel film, divenne presto una locuzione di uso comune, entrando nei dizionari come “un'accozzaglia di persone dalle idee confuse e poco organizzate”. Gassman definì il suo Brancaleone di Norcia, “il personaggio, credo, che mi ha dato più popolarità”. Quattro anni dopo fu girato un sequel, Brancaleone alle crociate, sempre diretto da Monicelli, che fu un buon successo, ma non eccellente come il film originale, che venne presentato in concorso al Festival di Cannes, uscendo poi con buon riscontro in molti paesi, vincendo anche tanti premi.



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