domenica 27 novembre 2022

Anche io: la regista Maria Schrader presenta il film sul caso Weinstein che ha dato il via al MeToo

“Non avevamo visto ancora un film sul giornalismo investigativo con due protagoniste femminili. Hanno detto che questo è come Tutti gli uomini del presidente ma con le donne: in effetti parla di un’investigazione che ha avuto risonanza mondiale e che ha avuto l’effetto di cambiare le cose”.
A parlare così è Maria Schrader, la regista di Anche io (nella versione originale She Said, in uscita a gennaio con Universal Pictures Italia), il film che racconta la vera storia dell’indagine giornalistica condotta da Jodi Kantor e Megan Twohey, le giornaliste del New York Times che per prime hanno svelato le storie di abusi compiuti da Harvey Weinstein, per decenni uno degli uomini più potenti di Hollywood, oggi, in seguito a quello scandalo, alla nascita del movimento MeToo, alle denunce e alle indagini, in carcere per violenza sessuale.

Nel film Kantor e Twohey sono interpretate da Zoe Kazan e Carey Mulligan, guidate da Schrader anche in virtù della sua lunga esperienza come attrice, prima di diventare regista.
“Credo che la mia esperienza nella recitazione influenzi la mia scrittura e la mia regia”, ci ha raccontato al Torino Film Festival, dove Anche io è stato presentato fuori concorso. “Guardo ancora tutto dal punto di vista di un’attrice, non ho paura degli attori e ho l’esperienza necessaria a capire di cosa hanno bisogno. E ho provato sulla mia pelle quanto sia importante  per un attore il rapporto con un regista, un rapporto che è compito del regista creare affinché si crei un clima di fiducia sul set che possa permettere agli attori di prendere dei rischi”.
Schrader racconta che Kazan e Mulligan “hanno scelto di avere uno stretto rapporto con le giornaliste che interpretavano, hanno passato molto tempo con loro, e con le loro famiglie, e lo stesso ho fatto io. Tutte eravamo coscienti che la nostra era una storia vera, i personaggi sono persone reali, e questo può intimidire un attore. Ma questo non era un documentario, e per loro era necessario fare le loro ricerche per poi essere libere di creare una rappresentazione artistica di un personaggio reale. E anche Kantor e Twohey ne erano consapevoli”.

Oltre alla due protagoniste, e a attori e attrici come Patricia Clarkson, Andre Braugher, Jennifer Ehle e Samantha Morton, in Anche io sono coinvolte, con diverse modalità, molte delle reali protagoniste dei fatti raccontati. Ashley Judd ha scelto di apparire nei panni di sé stessa; Gwyneth Paltrow e Judith Godrèche hanno prestato la loro voce. “Il nostro progetto era aperto a tutte le persone coinvolte”, ha spiegato la regista, “e abbiamo accettato ogni decisione individuale sul se e come e partecipare al film”.
Da notare poi, che tra i produttori del film, tramite la sua Plan B, c’è anche Brad Pitt, che la cronaca ci ha svelato aver affrontato, anche fisicamente, Weinstein ai tempi della sua relazione con Paltrow, per difenderla da certi sui attacchi. “Ma non voglio speculare sulle motivazioni individuali che hanno spinto le persone a partecipare o meno”, ha specificato Schrader, “e con Brad Pitt non ho mai parlato direttamente”.

Chiaramente - e ovviamente - al femminile e femminista - il film di Maria Schrader però rifugge da ogni eccesso, limitandosi a far parlare fatti incontestabili e eloquentissimi. Non c’è voglia di mettere il carico, perché non ce n’è bisogno. E non c’è mai nemmeno la tentazione di spettacolarizzare la violenza o l’abuso: “Se si fa un film su tema delicato come la violenza sessuale, o sulla sessualità disfunzionale come mi è capitato dirigendo la serie Unhorodox, ti devi interrogare molto su quello che scegli di rappresentare e non rappresentare, e sul come rappresentarlo”, ha commentato la regista, “Ci sono già troppe immagini di stupro, nel mondo, e io non volevo aggiungerne per non alimentare quell’immaginario”. Non ha dovuto convincere nessuno, Maria Schrader, di questa sua scelta, spiega, aggiungendo che “ci siamo troppo a lungo interessati al fascino dei perpetratori. Per me era importante che le donne che parlano della loro esperienza in questo film lasciassero allo spettatore lo spazio di immaginare attraverso le parole che pronunciano”.

Oltre che su Weinstein e sul MeToo, Anche io è anche un (bel) film sul giornalismo. E, sul paragone con Tutti gli uomini del presidente, Schrader ha commentato dicendo che “in quel film non c’era il versante della vita privata di Woodward e Bernstein, che in quel modo diventavano eroi cinematografici bigger than life. Noi qui, invece, abbiamo deciso di implementare gli aspetti legati alla vita privata delle protagoniste, per raccontare le difficoltà che vengono incontrate da tutte le donne nel lavoro e nella vita”.
L’obiettivo, spiega Schrader, era quello di mostrare dinamiche “mirate a creare un gruppo coeso di le donne che, consapevoli di problematiche comuni, riuscissero a creare tra loro il legame di fiducia necessario per supportarsi a vicemda. E spero che questo film questo film possa ispirare altre persone a trovare quella fiducia per stare vicine”.



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