“Perché siamo solo noi donne? Beh, questo dovreste chiederlo a Nanni”.
Così risponde Margherita Buy a chi gli chiede di questo incontro stampa tutto al femminile che arriva alla vigilia dell’uscita in sala di Tre piani. Nanni, lui, non c’è. Ha fatto solo il minimo indispensabile al mattino, e ha lasciato ai giornalisti le sue quattro protagoniste femminili.
Ma se già non era così difficile capire come mai lì ci siano solo Buy, Alba Rohrwacher, Elena Lietti e Denise Tantucci, e nemmeno un loro collega uomo, la risposta emerge naturalmente nel giro di pochi minuti.
Perché, per dirla proprio con Buy, le donne di questo film sono “imprigionate dal rapporto che hanno con la loro famiglia, ma sono anche protagoniste di una grande evoluzione, al contrario degli uomini che rimangono cogelati nelle loro idee sull’essere e sull’agire”. Perché, come dice invece Alba Rohrwacher, “in Tre piani si parla di un maschile che è cristallizzato in un’ottusità che non evolve”, mentre le figure femminili “si ribellano in vari modi a una condizione”.
Sono risposte, queste, che difendono la rappresentazione del femminile nel film, che una giornalista aveva definito quasi “misogina”. “Se proprio dobbiamo oggi leggere tutta la realtà attraverso la contrapposizine tra maschi e femmine,” fa notare con polemica arguzia Rohrwacher, “allora possiamo dire che Tre piani è molto più duro con gli uomini che non con le donne. Ma per fortuna il film non parla di questo.”
E di cosa parla allora, per queste attrici, il primo film di Moretti nato da un soggetto non originale, dall’adattamento dell’omonimo romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo?
“Di tante cose,” dice Rohrwacher, “ma forse per me soprattutto di quanto è importante prendersi le responsabilità delle proprie azioni. Questo film ci racconta quando può essere faticoso sopportare le scelte degli altri, ed è un film sul senso di responsabilità, anche”.
Per Elena Lietti, che è rimasta “molto colpita dallo sguardo di Nanni sulle vicende e le miserie di queste famiglie, uno sguardo compassionevole, Tre piani insegna a perdonarci, a perdonare noi stessi per le nostre sventure”.
“Di ossessioni, di senso di colpa, ma anche di un palazzo dove nessuno comunica con l'altro,” aggiunge Buy. “Tre piani racconta una vicenda tristissima fatta di fragilità, ossessioni e perversioni umane racchiuse in un piccolo condominio, dove ognuno può ritrovare qualcosa di sé stesso”.
La giovane Denise Tantucci ha visto invece nel film “molto senso di colpa, molto arrancare nel tentativo di cambiare, con personaggi che vorrebbero far meglio ma non ci riescono, e in questo fallimento forse ci insegnano anche qualcosa”.
Tutte le interpreti si sono trovate d’accordo nel lodare il modo in cui Moretti, anche sceneggiatore del film assieme a Valia Santella e Federica Pontremoli, ha tradotto il romanzo di Nevo in film. Alba Rohrwacher si è detta “ammirata da come ha disteso questa storia su un tempo più ampio, mantenendo il cuore di un romanzo bello e potente ma facendolo diventare altro, emancipandolo dalla radice primaria e dotandolo di vita autonoma”, mentre Elena Lietti ha parlato di un “adattamento di grande intelligenza, nel rispetto della trama con un cambio di punto di vista e di sguardo nel quale, alla fine, l'equazione funziona perfettamente”.
E così le quattro interpreti hanno raccontato i loro personaggi, sospesi tra tra romanzo e film:
Alba Rohrwacher di Monica, giovane madre lasciata troppo sola da un marito (Adriano Giannini) sempre in viaggio, ha detto che è “una donnina persa in un mondo più grande di lei che cerca di prendersi cura di un figlio, ma il cui dolore e la cui solitudine sono troppo profonde, e che quindi e sprofonda in questo piccolo abisso. Ho amato molto la sua vulnerabilità, le sue visioni. Mi sono appassionata alla sua storia e le ho voluto davvero bene, e penso che in me che la andavo a interpretare abbia trovato quell’amore che altrove le era negato.
Margherita Buy parla di Dora, la moglie del severo giudice Vittorio (Nanni Moretti), che non riesce a perdonare il figlio per aver ucciso una donna guidando da ubriaco, come di “una donna che cerca di tenere insieme i pezzi ma non ci riesce, e tutto va in frantumi. Ma che trova la forza di rinascere e ricomporsi in qualcosa di diverso, di ricominiciare da capo con un dolore enorme alle spalle ma con una grande voglia di amare qualcuno e sé stessa che la libera dal suo passato. Leggendo di Dora ho sentito cose fortissime, momento di frattura con la sua vita è stato per me molto emozionante.”
Dice Elena Lietti che Sara, moglie di Lucio (Scamarcio), uomo vittima delle proprie ossessioni condannato a commenttere gli stessi errori che secondo lui altri hanno commesso, “nel libro è raccontata per bocca del marito come di una donna che, scoprisse il tradimento, sarebbe in grado di bere il sangue dell’uomo con la cannuccia. Ma la Sara di Nanni è sorprendente, non è la stessa donna: è qualcuno che ha la struttura e la capacità di elaborare che manca al marito. Una donna che ha cura della sua famiglia per tutelare sua figlia, in un film dove tanto eventi decisivi hanno a che fare con la cura dei bambini, e quindi del futuro.”
Denise Tantucci racconta di Charlotte, protagonista di una traumatica trasformazione da ragazza adolescente a donna adulta (“una trasformazione che non era nel romanzo, e che è stata aggiunta da Nanni”), che è “un personaggio un po' più ambiguo, la cui vicenda spero faccia interrogare sull'importanza del tema del consenso. Ed è una che prova ad aggiustare, a mettere delle pezze in quel che pensa di aver sbagliato, per lasciarsi alle spalle quel che è successo. Charlotte ha cura di sé, prima che degli altri, ma il suo è un egoismo salutare che a quelli della mia generazione troppo spesso manca.”
Per conoscere meglio loro e gli uomini ossessionati e intrappolati in sé stessi che con loro hanno a che fare, non resta che andare a vedere Tre piani, che debutta domani 23 settembre nelle sale di tutta Italia.
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