Jirō Taniguchi, scomparso nel 2017, è stato uno dei mangaka più amati di sempre: poeta della contemplazione, è noto per alcune opere amatissime come "L'uomo che cammina" (1990-91), sia come autore dei disegni, sia come autore a tutto tondo. Nella sua sterminata produzione, durata quasi cinquant'anni a partire dal 1970, c'è anche "La vetta degli dei" (2000-2003), ispirata al romanzo omonimo di Baku Yumemakura del 1998: proprio questo manga, a metà strada tra la graphic novel e la vera e propria serialità, disponibile in cinque volumi da Rizzoli, si è trasformato in un film di animazione franco-lussemburghese, The Summit of the Gods, in arrivo su Netflix in streaming a fine novembre. The Summit of the Gods è diretto da Patrick Imbert e si propone di tradurre in immagini e suono la forza sensoriale di Taniguchi, senza forzare uno stile anime non europeo.
Nell'attesa di verificare la riuscita del film, la cui preparazione è iniziata nel 2015 quando Tanighuchi era ancora disponibile per suggerimenti, riassumiamo la trama: nel 1994 un giovane reporter giapponese di nome Fukamachi riconosce nelle mani di uno scalatore solitario, Habu Jôji, una leggendaria macchina fotografica appartenuta agli scalatori Mallory e Irvine, teoricamente i primi a raggiungere la vetta dell'Everest l'8 giugno del 1924. Per scoprire la verità e sfidare sé stesso, Fukamachi farà propria l'ossessione di conquista degli alpinisti più estremi... per raggiungere la Vetta degli Dei.
Un teaser trailer del 2020 ci permette di toccare con mano l'atmosfera e i tempi narrativi di The Summit of the Gods.
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