Woody Allen è preso dallo sconforto, tanto da meditare di smetterla con il cinema. Il suo nuovo film, già pronto, dal titolo Rifkin’s Festival, potrebbe essere il suo ultimo. Parole pronunciate nel corso di un’intervista concessa al quotidiano britannico Financial Times, parole che fanno preoccupare tutti gli amanti del cinema e di questo monumento della settima arte, capace di mantenere un grande livello qualitativo e quantitativo nella sua produzione.
Non che sia mai stato ottimista, come sappiamo bene da amanti della sua ironia vagamente catastrofica, ma questa volta sono varie le ragioni che lo portano a essere particolarmente pessimista. Ormai ogni film per lui è una battaglia, contro le accuse di abuso, senza fondamento per polizia e magistratura, ma capaci di renderlo un nome ostracizzato negli ultimi anni in una Hollywood a rischio caccia alle streghe. Adesso è arrivata anche la pandemia, che definisce “un altro chiodo nella bara” dell’industria cinematografica.
Come noto, il suo ultimo, bellissimo, Un giorno di pioggia a New York, è uscito in pochi paesi dopo essere stato rinnegato dal suo iniziale distributore mondiale, Amazon Studios. Parlando dalla sua casa di New York, in occasione dell’uscita proprio di questo film, finalmente, nel Regno Unito, parla della sua disperazione per la chiusura dei cinema di New York. “Potrebbe avere un effetto negativo su di me, tutte le sale qui sono chiuse e non so se molte di queste riapriranno mai. La gente sta pensando che in fondo non è male stare a casa, che possono cenare e poi vedere un film su una televisione dallo schermo molto grande, in alta definizione e con il suono surround. Ma io non voglio fare film per la televisione, per cui potrei smettere di farne”.
Rifkin’s Festival potrebbe debuttare al Festival di San Sebastian, dopo la cancellazione di Cannes, cornice nella quale il film è ambientato, sempre che la manifestazione del prossimo ottobre si svolgerà regolarmente, e dal vivo. Nel frattempo non smentisce la sua prolificità, avendo già scritto un altro copione, che si sarebbe dovuto girare a Parigi nel corso dell’estate, “ma il virus ha fermato tutto. Ho 84 anni e presto sarò morto. Anche se avessi scritto la migliore sceneggiatura del mondo, non ci sarebbe nessuno per produrlo e nessun posto in cui proiettarlo, per cui non ho proprio grandi incentivi. Sono abituato a finire una sceneggiatura, tirarla fuori della macchina da scrivere, correre dal mio produttore che prepara il budget, fare il casting e quindi girare. L’ho fatto per anni e anni nella stessa maniera, un processo molto semplice. Ma ora non funziona… cosa posso fare?”.
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