sabato 20 giugno 2020

The Blues Brothers ha 40 anni! La pazza storia di un film unico, senza tempo e senza età

Dopo sei mesi di lavorazione, conclusi nel febbraio del 1980, sbarcava nei cinema americani quarant'anni fa The Blues Brothers di John Landis, un film destinato a entrare nella leggenda. In Italia uscì invece in pieno inverno, il 26 febbraio 1981: all'epoca chi oggi ne scrive aveva 22 anni e ricorda benissimo la sorpresa, l'allegria, l'energia e le risate folli alla prima visione al cinema di un film che - oltre a far riscoprire al mondo quella musica meravigliosa che è il blues, coi suoi straordinari interpreti - cementò il mito di John Belushi, qui in un altro ruolo memorabile dopo quello di Animal House, uscito con successo due anni prima. Tutti uscimmo dal cinema ballando e canticchiando, ripetendo le battute e le scene più divertenti di un musical moderno denso di scene d'azione con cui Landis, a soli 30 anni, si confermava regista di grandissimo talento. The Blues Brothers fu da subito più amato all'estero che in patria, dove la critica fu a dir poco miope e non lo comprese: nel box office americano del 1980 finì al nono posto con 57 milioni di dollari di incasso (poco, rispetto al budget per allora stratosferico di 30 milioni), in una classifica dominata da L'impero colpisce ancora, dove la “ragazza misteriosa” dei Blues Brothers, Carrie Fisher, riprendeva il ruolo della principessa Leia. In Italia si piazzò al dodicesimo posto, ma in tutto il mondo incassò oltre 58 milioni di dollari, per un totale di 115, che si sarebbero in futuro moltiplicati con le edizioni in homevideo. The Blues Brothers è infatti uno di quei film da vedere e rivedere e per questo da possedere: per i 25 anni del film è stata distribuita una versione in dvd ricchissima di extra e soprattutto con la versione estesa di ben 15 minuti. Ma sono davvero tantissimi i record di questo film memorabile, che proveremo qua a riassumervi in un'impresa a dir poco titanica.

I Blues Brothers prima del film

John Belushi e Dan Aykroyd si conobbero a Chicago - di cui il primo era nativo - nella compagnia comica teatrale Second City e continuarono a lavorare insieme nel mitico Saturday Night Live. Si vollero bene come fratelli, diventando da subito inseparabili e condividendo esperienze e gusti musicali. Aykroyd all'epoca gestiva a Toronto quello che definisce uno speakeasy, un locale dove si beveva e si ascoltava musica, il Club 505. È lì che Belushi, che in quel periodo ascolta solo heavy metal a livelli spaccatimpani, sente il blues e si appassiona. Come in tutto quello che fa, si butta anima e corpo nell'ascolto, e decide di formare una band con Aykroyd per riproporre i classici del blues a modo loro, un misto tra il sound di Memphis e i fiati di New York, che ne farà una “electrified urban blues band”. Aykroyd, che ha un sacco di idee geniali, si inventa per Joliet Jake Blues ed Elwood Blues tutta una backstory, che verrà sviluppata per il film: cresciuti in un orfanotrofio gestito da suore, i due sono spesso ospiti delle patrie galere. Nonostante tutto, adorano la musica e conservano un certo tipo di timor di Dio. Jake ed Elwood iniziano ad esibirsi al Saturday Night Live, per riscaldare il pubblico con brevi stacchi musicali, e ottengono subito un grande successo. Il nome glielo dà per caso, improvvisando una presentazione, il direttore musicale del SNL, Howard Shore. Il grande successo lo ottengono quando aprono lo spettacolo di Steve Martin nel 1978: seguono l'incisione dell'album "Briefcase Full of Blues", doppio disco di platino con 3 milioni e mezzo di copie vendute e una serie di concerti in giro per il Paese.

La divisa di Jake e Elwood

Sulla imitatissima divisa dei BB ci sono molte storie, ma ovviamente è Dan Aykroyd il narratore più attendibile: cappello e occhiali sono un riferimento a quelli portati da John Lee Hooker e l'abito con la cravatta (“come gli agenti delle tasse, o Lenny Bruce”) è una distrazione per gli “square”, i regolari, un modo per mascherare la propria identità di irregolari e hipster agli occhi dei conformisti. Dopo il film, la vendita dei celebri Ray Ban Wayfarer, che l'azienda stava per dismettere, subisce una straordinaria impennata.

La Blues Brothers Band

Belushi mette su la band con Paul Shaffer, canadese, musicista e pianista al SNL e futuro direttore musicale del David Letterman Show, che sarà l'unico, per misteriosi obblighi contrattuali da cui non riesce a liberarsi, a non poter partecipare al film. Alle tastiere, nel film lo sostituirà l'attore e musicista Murphy Dunne. I prescelti sono: il sassofonista “Blue” Lou Marini; il trombonista, jazzista e polistrumentista Tom Malone che ha lavorato tra gli altri con Frank Zappa e i Blood, Sweat & Tears (la scena della sauna è identica alla copertina dell'album di questi ultimi “No Sweat”); l'esperto chitarrista e produttore Steve Cropper, che ha lavorato alla famosa etichetta Stax Records con bluesmen come Sam & Dave e Otis Redding, come il bassista Donald “Duck” Dunn, scomparso nel 2012. Nella formazione originale anche altri due grandi musicisti che ci hanno lasciato: il trombettista Alan Rubin, alias Mr. Fabulous, morto nel 2011, e il grande chitarrista Matt “Guitar” Murphy, scomparso nel 2018, lo stesso anno della grande Aretha Franklyn. La band si è esibita in tournée anche dopo la morte di Belushi, a volte con il fratello James Belushi al fianco di Aykroyd. Noi l'abbiamo ascoltata in un memorabile concerto del 1989 a Pistoia Blues.

The Blues Brothers e le leggende del blues

Per questo vero e proprio musical moderno, dove le canzoni portano avanti la storia e all'improvviso si canta e si balla per strada, Landis chiama a raccolta le leggende del blues, in un'epoca in cui sono state più o meno dimenticate e la musica black ha virato verso la disco, con i successi di Nile Rodgers & The Chic. Ognuno di loro canta celebri successi o le sue stesse canzoni. Il più anziano è Cab Calloway, celebre performer del Cotton Club e interprete di musical negli anni Trenta. All'epoca ha 63 anni e il primo approccio con Landis non è dei migliori quando, in sede di registrazione, cerca di rifilargli una versione moderna di “Minnie The Moocher” e non capisce perché il regista voglia quella originale, ma sul set è un vero tesoro e le cose andranno lisce. Per lui, come per quasi tutti gli altri bluesman coinvolti, The Blues Brothers è il ritorno alla popolarità presso un pubblico giovane che non li conosceva. Nel 1987 chi scrive era tra il pubblico acclamante di Umbria Jazz, in un teatro di Perugia, che cantava in visibilio con Calloway i coretti scioglilingua di Minnie The Moocher. Ray Charles, che non ha mai conosciuto cali di popolarità, si esibisce nel classico “Shake a Tail Feather”. Molti di questi grandi artisti sono abituati a non ripetere mai la stessa versione di un brano e quindi non sono in grado di cantare in playback: per questo il numero di Aretha Franklyn sulle note di “Think” è il più movimentato e spezzettato, mentre cantano dal vivo James Brown (i cori sono registrati), che si esibisce in una splendida versione del gospel “The Old Landmark” e il grande John Lee Hooker che per strada, in Maxwell Street, canta la sua “Boom Boom”.

La sceneggiatura del film

Dan Aykroyd non solo scrive la origin story dei personaggi di Jake e Elwood, ma anche quelle di tutti i membri della band. Scrive in modo non lineare e senza una vera coerenza, visto che non ha mai scritto una sceneggiatura. Il risultato sono 324 pagine zeppe di idee brillanti ma assolutamente infilmabili. Consapevole della cosa, Aykroyd manda il suo copione al produttore rilegato come le Pagine Gialle di Los Angeles. John Landis in tre settimane sfoltisce il mattone fino a ridurlo a 120 pagine, anche se, racconta, si arriva sul set senza una sceneggiatura completa. Nonostante tutto quello che fa nel film e sul set, incluso tenere a bada e lontano dalla cocaina il fratello Belushi (è qua che succede il famoso episodio in cui l'attore sparisce di notte per andare a mangiare e dormire in una casa di sconosciuti), Dan Aykroyd viene pagato la metà del compagno, che è al massimo della fama dopo le sue esibizioni al SNL. Solo due anni dopo John Belushi se ne sarebbe purtroppo andato per sempre.

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The Blues Brothers e il cimitero delle auto

All'epoca The Blues Brothers entra nel Guinness del Primati per il maggior numero di auto distrutte durante un inseguimento. I car chases del film sono molti e tutti spettacolari, con salti, carambole, testacoda mia visti, realizzati ad alta velocità e con stuntmen eccezionali tra cui Tommy Huff e Eddy Donno che fanno le veci di Aykroyd e Belushi nelle scene più pericolose. Il numero di auto demolite arriva a 103. La scena in cui la Pinto dei nazisti dell'Illinois precipita dal ponte è realizzata dal vero, facendola cadere da un elicottero. Per assicurare al disponibilissimo comune di Chicago di essere in grado di mandarla esattamente sul bersaglio, ne vengono fatte cadere per prova altre due. Alla fine, l'auto è completamente piatta. Il record di The Blues Brothers viene battuto solo due anni dopo da un film poco conosciuto come The Junkman, il cui primato resisterà fino al 2003, per essere a sua volta stracciato da Matrix Reloaded. La Bluesmobile (ne esistevano 13, tra cui quella che si smonta alla fine) era una Dodge Monaco del 1974, famosa per la sua resistenza e potenza. Nella impressionante sequenza dell'inseguimento dentro il centro commerciale sono state coinvolte 120 auto, 60 delle quali distrutte, con un totale di 300 collisioni.

I cameo roles e i caratteristi del film

Un altro dei punti di forza di The Blues Brothers sono i numerosi caratteristi che vi appaiono, in alcuni casi solo per un breve cameo role (che in italiano si dice cammeo). Il primo è il regista Frank Oz, la guardia che riconsegna disgustata gli oggetti personali a Jake rilasciato di prigione. Oz aveva iniziato la carriera come burattinaio nello show dei Muppets, ed è un omaggio a lui anche la scena nel centro commerciale (all'epoca abbandonato e appositamente addobbato e ricostruito per il film) in cui un cliente con un pupazzo di Grover in mano chiede se ne hanno anche uno di Miss Piggy, prima che irrompa l'auto dei Blues Brothers. A distanza di 25 anni Oz raccontava che la gente ancora lo riconosceva per la scena del preservativo. Alla fine del film l'impiegato che è fuori per pranzo è uno sbarbatello Steven Spielberg, che aveva diretto Belushi nello sfortunato 1941 – Allarme a Hollywood. Nella scena in cui la band, in prigione, si esibisce in una scatenata cover di “Jailhouse Rock”, il primo che salta sul tavolo a ballare è Joe Walsh, il chitarrista degli Eagles. Ci sono poi diversi noti e ottimi caratteristi, a partire da Henry Gibson (scomparso nel 2009) che è il capo dei nazisti dell'Illinois, apparso in decine di titoli. Il suo ultimo ruolo è stato quello del giudice Clark nella serie Boston Legal. Charles Napier è il leader dei Good Old Boys: volto popolarissimo del piccolo schermo, protagonista di Supervixens di Russ Meyer, che molti ricorderanno come il Murdock di Rambo II, è scomparso nel 2011. La veterana Kathleen Freeman era la Pinguina, la severissima suora dell'orfanotrofio. Uno dei suoi ruoli più famosi è stato quello dell'insegnante di dizione alla diva oca di Cantando sotto la pioggia, ma la ricordiamo anche nella serie The Beverly Hillbillies e in film come Gremlins 2 e Salto nel buio. Ci ha lasciato nel 2001. Hanno un cammeo nel film anche Twiggy, la celebre modella della Swinging London, occasionalmente anche attrice, e Paul Reubens, in arte Pee Wee Herman, che è il cameriere che serve i Blues Brothers. Infine, ultimo ma non ultimo, il grande e indimenticabile John Candy nel ruolo di Burton Mercer, che è l'agente incaricato di controllare Jake in libertà vigilata e “aiuta” la polizia nell'inseguimento, con grande divertimento suo e nostro.

Sweet Home Chicago

Il film è stato girato in gran parte e in modo molto intrusivo nella città di Chicago, patria elettiva del blues, ed è stato il primo in assoluto a ottenere il permesso dopo il divieto del defunto sindaco Dailey (quello della piazza dove c'è l'ufficio delle tasse della contea di Cook). La sindaca Jane Byrne all'epoca mette a disposizione agli invasori da Hollywood - consapevole della pubblicità che ne deriverà alla città - decine di tutori dell'ordine, agenti a pattugliare le strade nei weekend per evitare incidenti durante gli inseguimenti, edifici pubblici e tutto quanto è in suo potere. Nella scena in cui i BB arrivano all'ufficio coi soldi, inseguiti da polizia ed esercito, vengono coinvolte oltre 500 comparse, 200 uomini della Guardia Nazionale, quindici uomini della polizia a cavallo, tre carri armati Sherman, tre elicotteri e tre autopompe dei Vigili del fuoco. Moltissimi dei luoghi ripresi nel film oggi sono cambiati o non esistono più. Tra questi la prigione di Joliet che vediamo all'inizio, dismessa come carcere nel 2002 dopo 144 anni di “onorato” servizio.

La versione estesa e la versione italiana

Per concludere un excursus che potrebbe andare avanti a lungo, un cenno alle due versioni. The Blues Brothers è uscito in sala con la durata di 2 ore e 13 minuti, diventate 2 ore e 28 con la versione estesa del 2005. Tra le scene eliminate, la più divertente vede Elwood che va nella fabbrica di colla in cui lavora e si licenzia (dopo aver rubato due bombolette che mette nella valigetta e che gli torneranno utili per bloccare i pedali del camper dei Good Old Boys) dicendo di volersi far prete. Uno dei tagli più cospicui penalizza purtroppo l'esibizione di John Lee Hooker, al termine della quale si scatena una lite e poi una rissa su chi abbia davvero composto la canzone (che ovviamente è sua). La versione italiana è – onore al merito – di altissimo livello. Massimo Giuliani è la perfetta voce di John Belushi e Piero Tiberi quella di Aykroyd, e ci sono Glauco Onorato, Micaela Esdra, Sergio Fiorentini, Angelo Nicotra, Anna Miserocchi, Michele Gammino e molti altri, in pratica l'eccellenza del nostro bel doppiaggio che fu. Nella traduzione italiana viene aggiunta anche una battuta assente nell'originale: quando Elwood dice “è partito un pistone” si sente la voce di Jake che chiede “poi torna?”. E quando John Candy finisce su un camion con la macchina della polizia, in inglese dice “I'm on a truck”, che è un gioco di parole su “sono sulle tracce”, battuta che in italiano viene resa con “siamo a cavallo”. Infine, nel trailer originale c'è una scena che non è presente nel film e che dà un po' la misura temporale della storia, quando Cab Calloway chiede come faranno a trovare i soldi per l'orfanotrofio in soli 11 giorni.



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