mercoledì 17 giugno 2020

Bordertown: Jennifer Lopez coraggiosa reporter nel film sulla strage delle donne di Ciudad Juarez

Nel 2006 Gregory Nava, che alle figure femminili latino-americane ha dedicato buona parte della sua ristretta filmografia, dalla celebre cantante Selena alla pittrice Frida Kahlo, dirige quello che resta a oggi il suo ultimo film, Bordertown, un'opera sulla carta molto ambiziosa, prodotta e interpretata da Jennifer Lopez, assieme a un cast che comprende attori anche civilmente impegnati nella vita, come Martin Sheen, Antonio Banderas, Juan Diego Botto e Sonia Braga. Nonostante le premesse, però, la denuncia che il i realizzatori vogliono portare non ha l'effetto sperato e critica e pubblico bocciano all'epoca dell'uscita un thriller che ha diverse pecche di sceneggiatura. Ciò nonostante, la storia dietro alla finzione è purtroppo ancora attuale.

Bordertown: la trama

Le grandi aziende americane, sfruttando l'accordo di libero commercio tra Stati Uniti, Messico e Canada firmato nel 1994, aprono in quegli anni una serie di fabbriche sul confine messicano-americano. Sono aziende, chiamate maquilladoras, che impiegano in maggioranza donne messicane, giovani e sottopagate. Lauren Adrian (Lopez) è una giornalista americana del Chicago Sentinel, che vorrebbe andare in Iraq per coprire la guerra, ma viene invece inviata in Messico dal suo capo, George Morgan (Sheen), perché indaghi su una serie di brutali omicidi di donne avvenuti in una città di confine. Arriva così a Ciudad Juarez, dove incontra Diaz (Banderas), un collega con cui lavorava anni prima e che ora scrive per El Sol de Juarez, ed Eva, una donna rapita, stuprata e sepolta viva, che si è miracolosamente salvata e che potrebbe aiutarla a trovare gli assassini. Lauren si presta a fare da esca, prendendo lo stesso autobus dove Eva è stata rapita.

Ciudad Juarez e l'ininterrotta strage delle donne

Quando esce BordertownCiudad Juarez, la più popolosa dello stato di Chihuahua, sul confine vicino a El Paso in Texas, con oltre 1 milione e 300.000 abitanti, è già tristemente famosa per il record di femminicidi, quasi tutti rimasti impuniti. Le giovani rapite, torturate e atrocemente uccise sono innumerevoli, quasi tutte appartenenti a famiglie povere e impiegate nelle maquilladoras della zona. Una storia così orribile che fa di Ciudad Juarez, già nota alle cronache per le cruente guerre tra narcos, una succursale dell'inferno in terra. La storia colpisce moltissimo anche il grande scrittore cileno Roberto Bolaño, che ne fa una delle tracce narrative del suo ultimo, postumo, ponderoso e incompleto romanzo, “2666”. Nonostante l'attenzione e le denunce delle madri, delle nonne e delle attiviste e attivisti locali, che rischiano anch'essi la vita per questo, la strage continua: al 2020 il conto era arrivato a 1500 donne assassinate. Di alcune, i genitori non trovano più neanche i resti. Tra le spiegazioni, multiple, date a questi omicidi che difficilmente ottengono giustizia ci sono la presenza di serial killer (anche americani) che trovano un facile terreno di caccia tra i derelitti del confine e possono contare sulla corruzione della polizia spesso al soldo dei narcotrafficanti, le orge organizzate da questi ultimi con le ragazze rapite e la diffusa cultura maschilista del Paese, che considera la donna come un oggetto e che la vede spesso  vittima di violenze domestiche. Bordertown non è l'unico film di quegli anni a raccontare questi orrori: sempre nel 2006 il meno noto The Virgin of Suarez ha una trama analoga. Nel 2013 ne ha parlato anche la serie tv americana The Bridge. Molti i documentari sull'argomento, tra cui il fondamentale Bajo Juárez: La Ciudad Devorando a Sus Hijas, ancora del 2006. L'orrore per questa strage ha colpito tra gli altri la cantatrice Tori Amos, che ha composto Juarez, e i Misfits che hanno inciso la canzone Where Do They Go, ispirata a questi terribili eventi. A oggi il 56% del territorio messicano è considerato pericoloso per le donne, nonostante la fondazione e le attività di AVGM, un Programma contro la violenza di genere, inizialmente promosso per le zone più a rischio e dal 2015 esteso a tutto il Paese.



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