mercoledì 12 febbraio 2020

The Day After Tomorrow, le correnti oceaniche e il Global Warming: scienza o fantascienza?


Quando il film di Roland Emmerich debuttò al cinema, la comunità scientifica alzò più di un sopracciglio. Ma le cose, forse, sono cambiate. Alla faccia dei negazionisti.

Nella Hollywood contemporanea, il nome di Roland Emmerich è sinonimo di disaster movie. Lo è grazie a film come l'ultra iconoclasta Independence Day, a un sottovalutato Godzilla, a 2012 e, soprattutto, grazie a The Day After Tomorrow.
Uscito nel 2004, e intepretato da un cast che comprendeva Dennis Quaid, Jake Gyllenhaal, Emmy Rossum, Sela Ward e numerosi altri attori, il film immaginava che a causa del riscaldamento globale - e della sordità della politica di fronte all'allarme degli scienziati - la Terra piombasse con estrema rapidità dentro una nuova era glaciale, con tutti gli sconvolgimenti e le devastazioni del caso: temporali di proporzioni bibliche, maremoti, tempeste e tormente di neve a ghiaccio a ogni latitudine.

Le reazioni della comunità scientifica a The Day After Tomorrow nel 2004

Al momento della sua uscita, la comunità scientifica che si occupa degli studi sul clima accolse con benevolenza la voglia di Emmerich di portare all'attenzione del grande pubblico di tutto il mondo un tema che - come purtroppo ben sappiamo - era destinato a diventare sempre più rilevante per la politica e l'opinione mondiali. Al tempo stesso, però, gli scienziati furono costretti a bacchettare il regista per via della scarsa attendibilità di quello che raccontava proprio dal punto di vista della scienza. Le principali obiezioni riguardavano prima di tutto l'eccessiva rapidità e violenza globale con cui si verificavano i cambiamenti climatici, e il fatto che era ritenuto perlomeno altamente improbabile il piombare del pianeta in una nuova era glaciale, e perfino il suo evento scatenante, ovvero la radicale modificazione delle correnti oceaniche a causa dello sciogliersi dei ghiacci polari.
Stefan Rahmstorf, professore di fisica degli oceani presso il Potsdam Institute for Climate Impact Research, aveva però dichiarato ai tempi dell'uscita di The Day After Tomorrow:

Chiaramente si tratta di un film catastrofico e non di un documentario scientifico, e i realizzatori si sono presi numerose licenze artistiche. Ma il film ci offre la possibilità di spiegare che parte del suo background di base è corretto: gli umani rapidamente modificando il clima, e questo è un esperimento piuttosto pericoloso, che presenta rischi di cambiamenti improvvisi e imprevedibili. Dopo tutto la nostra conoscenza del sistema climatico è ancora piuttosto limitata, e ci troveremo probabilmente di fronte ad alcune sorprese se questo nostro sperimentare con l'atmosfera va avanti. Fortunatamente è ancora molto improbabile che vedremo cambiamenti radicali nelle correnti oceaniche nei prossimi vent'anni (dovessero avvenire, ne sarei sorpreso tanto quanto Jack Hall); almeno la maggioranza degli scienziati pensa che potrebbe essere un rischio solo verso la fine del XXI secolo. E le conseguenze non sarebbero così drammatiche come la tempesta raccontata nel film. Ma comunque, un radicale cambiamento nella circolazione oceanica è un rischio con serie e in parte imprevedibili conseguenze, che dovremmo evitare. E anche senza modificazioni di questo genere, il cambiamento climatico è comunque un fenomeno sufficientemente serio da richiedere azioni decisive.

E, passata una quindicina d'anni, sembrerebbe che le baracconate hollwyoodiane di Emmerich, che comunque su di un piano puramente cinematografico sono innegabilmente divertenti e godibili, fossero perfino meno asinine dal punto di vista della verosimiglianza scientifica di quanto si era ipotizzato, e che Rahmstorf aveva ragione.

Lo studio di Sybren Drijfhout e quello di Francesco Muschitello

Nel 2015 il professor Sybren Drijfhout dell’Università di Southampton ha pubblicato uno studio relativo alla possibile interruzione proprio della corrente oceanica di cui si parla in The Day After Tomorrow, nota come Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica o, più semplicmente, con l'acronimo AMOC. Utilizzando il modello climatico ECHAM del Max-Planck Institute di Amburgo, il professor Drijfhout ha scoperto che, per un periodo di almeno vent'anni, la temperatura terrestre è destinata ad abbassarsi - e non ad alzarsi - nel caso in cui riscaldamento globale e collasso della AMOC dovessero verificarsi contemporaneamente.
Ancora più interessante è lo studio pubblicato di recente sulla rivista Nature dal ricercatore italiano Francesco Muschitello, del Dipartimento di Geografia dell'Università di Cambridge, nel quale si dimostrava che la AMOC si sta progressivamente idebolendo, come non accadeva da almeno 1600 anni, e l'esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra questo indebolimento della corrente e i cambiamenti climatici.

Gli studi del Potsdam Institute for Climate Impact Research e quello della Woods Hole Oceanographic Institution

L'indebolimento della AMOC è stato provato anche altri due studi, sempre pubblicati su Nature: uno condotto dal Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) e l'altro dalla Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI). Insieme, gli studi dipingono un sistema indebolito che ha iniziato a rallentare circa 150 anni fa e soprattutto negli ultimi decenni proprio a causa del riscaldamento globale. Non viene quindi descritto, come nel film di Emmerich, un collasso totale e imminente, ma i ricercatori hanno concluso comunque stabilendo che questa importantissima circolazione oceanica - fondamentale nel far sì che le condizioni meteorologiche utili alla vita sul pianeta rimangano tali - ha rallentato di circa il 15% dalla metà del XX secolo a oggi.
E, secondo quanto dichiarato da Alexander Robinson, uno dei firmatari dello studio PIK, alla rivista Forbes:

Se non fermiamo rapidamente il global warming dobbiamo aspettarci un ulteriore rallentamento a lungo termine della AMOC. Stiamo solo iniziando a comprendere le conseguenze di questo evento senza precedenti, ma potrebbero essere disastrose.

Non si tratterebbe, ovviamente, delle rapidissime modificazioni e devastazioni che nel film di Emmerich avvengono nel corso di pochi giorni, o addirittura ore, ma comunque del verificarsi di fenomeni come l'innalzamento del livello del mare, o di modificazioni della temperatura. Tanto per fare un esempio, la grande ondata di calore abbattutasi sull'Europa nell'estate del 2015 è stata messa in relazione diretta con temperature basse da record nelle acque dell'Oceano Atlantico, così come certo rialzarzi delle temperature sulla costa atlantica degli Stati Uniti.

In sintesi

In estrema sintesi: dal punto di vista scientifico, The Day After Tomorrow è ancora piuttosto risibile, soprattutto per la velocità con cui le condizioni metereologiche e climatiche si verificano; ma dal momento della sua uscita a oggi la scienza è stata costretta ad ammittere che idee e previsioni alla base della sua storia - quella di modificazioni metereologiche che si manifestano in seguito alla modificazione delle correnti oceaniche - sono concrete e realistiche.
Quel che è certo, circolazione delle correnti oceaniche o meno, è che la scienza ha provato che il riscaldamento globale e il ritmo del suo andamento sono o possono essere causa di siccità, ondate di calore, incremento delle tempeste tropicali e degli uragani, scioglimento dei ghiacci polari, incendi e precipirazioni estreme.

The Day After Tomorrow: il trailer



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