sabato 29 febbraio 2020

Sette anni in Tibet: la storia del vero Heinrich Harrer


La vita avventurosa dell'alpinista austriaco amico del Dalai Lama, morto nel 2006 a 93 anni, che Brad Pitt interpreta nel film di Jean-Jacques Annaud.

Nel 1997 il regista francese Jean-Jacques Annaud firma il film Sette anni in Tibet, con Brad Pitt e David Thewlis che racconta, con qualche libertà come avviene di solito nei film biografici, la storia delle esperienze del periodo passato dall'alpinista austriaco Heinrich Harrer nella regione proibita agli occidentali tra il 1944 e il 1951, dove divenne precettore e amico del quattordicesimo Dalai Lama e per la cui causa spese gran parte della sua lunga vita, terminata nel 2006. Una storia affascinante del secolo scorso che vogliamo ricostruire in breve.

Heinrich Harrer: un alpinista da record

Heinrich Harrer era figlio di un postino ed era nato il 6 luglio 1912 nella regione austriaca della Carinzia, dove si era distinto fin da giovanissimo nello sci e nell'alpinismo. La prima impresa in questo campo fu la scalata della parete nord dell'Eiger (3970 metri) nelle alpi svizzere, una parete quasi verticale che aveva già reclamato le vite di molti audaci scalatori. Assieme all'amico Fritz Kasparek e a Ludwig Vorg e Anderl Heichmair, tedeschi incontrati lungo il percorso, nonostante le continue valanghe e cadute di rocce, raggiunse la vetta il 24 luglio 1938. Reinhold Messner ha descritto l'impresa come “un momento glorioso nella storia della montagna che fece grande sensazione, visto che molti alpinisti erano periti nella scalata”.

I legami giovanili col nazismo di Heinrich Harrer

Nel frattempo Harrer, come molti giovani dell'epoca, si era iscritto alle SA naziste nell'ottobre 1933 (il ritrovamento della sua tessera è del 1996) e dopo l'annessione dell'Austria da parte del Terzo Reich, nel 1938 si era unito alle famigerate SS, dove il primo maggio divenne sergente e membro del partito Nazista. Dopo l'impresa descritta in precedenza, Harrer e i suoi compagni vennero accolti da Adolf Hitler, con cui furono fotografati. Nonostante questo, però, Harrer non ha mai commesso crimini né prima né durante la guerra e a confermarne la reputazione immacolata è stato il celebre cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal. Nel suo libro “Sette anni nel Tibet” Harrer definisce la sua adesione al nazismo un errore di gioventù. Nel film Brad Pitt, quando viene definito un “eroe tedesco” risponde “grazie, ma sono austriaco”. Si tratta ovviamente di un'invenzione artistica perché all'epoca sarebbe stato estremamente pericoloso rispondere in tal modo e, ovviamente, nel libro il protagonista non dice niente del genere.

La prigionia e i sette anni in Tibet

Nel 1939, Harrer si unisce a una spedizione a quattro verso la parete Diamir del Nanga Parbat (8126 metri) nel Kashmir, per trovare una via alternativa alla vetta. Dopo aver concluso che l'impresa era fattibile, gli scalatori aspettarono a Karachi, nell'India britannica, alla fine di agosto, una nave cargo che li riportasse a casa. Alla fine, visto il ritardo della nave, decisero di avviarsi a piedi verso la Persia, ma vennero fermati da soldati britannici e riportati a Karachi. Due giorni dopo, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, vennero dichiarati nemici e messi dietro il filo spinato per essere trasferiti in un campo vicino a Bombay. Assieme a Peter Aufschnaiter (Thewlis nel film) Harrer fuggì più volte (e fu più volte ripreso) verso il Tibet. Alla fine la fuga, con altri compagni di prigionia, ebbe successo: una parte si diresse a Calcutta e gli altri al confine col Tibet, dove riuscirono ad entrare in quattro. Alla fine Aufschnaiter e Harrer, che conoscevano la lingua tibetana, arrivarono alla capitale, Lhasa, il 15 gennaio 1946.

Due anni dopo Harrer lavorava come traduttore e fotografo per il governo tibetano. Convocato al palazzo di Potala, conobbe il giovane Dalai Lama (il quattordicesimo), per cui gli venne chiesto di fare un film sul pattinaggio su ghiaccio. Coi pochi mezzi a sua disposizione, Harrer costruì un cinema e divenne precettore del Dalai Lama a cui insegnò scienza, inglese e geografia. Fu l'inizio di un'amicizia straordinaria che durerà fino alla morte dell'alpinista. L'alpinista racconterà nel 1952 le sue avventure nel libro “Sette anni nel Tibet”, da cui Annaud trae il film quando è ancora in vita. Prima del film con Brad Pitt e David Thewlis, nel 1956 venne realizzato un documentario omonimo sulla storia, presentato al festival di Cannes.

Nel libro Harrer scrive:

Ovunque vivrò, avrò sempre nostalgia del Tibet. Spesso mi sembra di sentire ancora le strida delle oche selvatiche e delle gru e il battito delle loro ali mentre volano su Lhasa alla fredda e limpida luce della luna. Il mio desiderio profondo è che la mia storia possa creare comprensione per un popolo la cui volontà di vivere in pace e libertà ha ottenuto pochissima simpatia da parte di un mondo indifferente.

Ritorno al Tibet

Harrer raccontò la sua nuova visita in Tibet agli inizi degli anni Ottanta in “Ritorno al Tibet: il Tibet dopo l'occupazione cinese”, in cui espresse la sua disperazione nei confronti della distruzione perpetrata contro la cultura tibetana e il popolo pacifico per cui invocava comprensione e rispetto. Nel 2007 fu pubblicata postuma la sua autobiografia, “Beyond Seven Years in Tibet”. Tra le imprese di questo straordinario personaggio ci sono oltre 40 documentari e il Museo a lui intitolato, a Huttenberg in Austria, dedicato al Tibet. Nel 2002, dalle mani del suo amico di sempre, il Dalai Lama, Harrer ha ricevuto il Light of Truth Award per quanto fatto per diffondere la consapevolezza delle condizioni del Tibet, lo stesso premio che nel 1996 e nel 1998 era stato assegnato a Martin Scorsese e Richard Gere.



from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/2Tq9G8J

via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web

Nessun commento:

Posta un commento