Abel Ferrara continua nella sua ricerca della “black side” dell'animo umano o di tutti gli anfratti insospettabili delle molteplici esistenze che possono appartenere ad un uomo.
Tutto questo avviene attraverso Siberia, presentato alla 70° edizione della Berlinale, con la presenza di un magnifico Willem Dafoe nel suo settimo film a fianco del regista italo-americano, con cui finora ha sicuramente sperimentato un modo di lavorare profondo e di certo non convenzionale.
Non è un caso, che il sodalizio continui nel tempo, perché solo un attore completo come Dafoe può realmente compensare i momenti di afasia della sceneggiatura, riempendone i vuoti attraverso una interpretazione che potremmo definire complementare alle intenzioni artistiche di Ferrara.
Siberia è un viaggio dell'animo umano nel omonimo luogo geografico dove vive il protagonista, vendendo alcolici, in un piccolissimo e sperduto bar, ai pochi abitanti di un ex campo di concentramento; qui la vita scorre con dei ritmi lenti e in un'atmosfera rarefatta.
Tra i pochi personaggi siberiani, appare molto suggestiva la presenza della donna in attesa di un potenziale figlio del protagonista Clint, che sembrerebbe, più che altro, un simbolo della concezione dell'amore secondo il regista.
Elemento centrale di tutto il film è il senso di colpa, che perseguita Clint, partendo dal ricordo d'infanzia in cui andava a pesca con il padre, poi fantasma della memoria in più riprese, e che si materializza soprattutto attraverso la scena, in cui una sua amante lo accusa di avergli rovinato la vita: non a caso anche qui osserviamo la presenza di un figlio.
È come se Ferrara intravedesse nelle future vite un motivo salvifico a l'interno di percorsi oscuri, le molteplici vite/luoghi del protagonista si riassumono in una visione unitaria dell'"Heart of darkness" e di un uomo apparentemente comune ma con una vita interiore molto complessa e problematica.
Le immagini del film, sempre molto suggestive, vanno dagli spazi desolati siberiani al deserto, evocando gli stati emotivi del protagonista sempre circondato da stupendi cani da slitta, anche essi emblema di un rapporto ancestrale dell'uomo con l'istinto mai sopito e la natura più antica.
Chi non amerà un film come Siberia, potrà forse contestarne i tratti stilistici, ma non si può non apprezzarne il continuo desiderio di sperimentare e, in particolar modo, quello di mettersi in gioco attraverso una ricerca dell'Io più profondo ne l'uomo contemporaneo.
Ferrara e Dafoe sono un binomio vincente nel contestare stilemi e canoni usuali del cinema e della recitazione: un modello molto moderno per coloro che vedono il film come una occasione di viaggio nei meandri più misteriosi del animo umano.
(Siberia) Regia: Abel Ferrara; sceneggiatura: Chris Zois, Abel Ferrara; fotografia: Stefano Falivene; montaggio: Fabio Nunziata; musica: Joe Delia; interpreti: Willem Dafoe, Dounia Sichov, Simon Mc Bourney, Cristina Chiriac; produzione: Vivo Film, Maze Pictures, Rai Cinema; origine: Italia, Germania, Messico; durata: 92'
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