L'edizione 2020 della Berlinale segna il passaggio di consegne dalla lunga gestione di Dieter Kosslick, che è stato direttore dal 2001 al 2019, a Carlo Chatrian, ciò che ha, per prima cosa, coinciso con lo sdoppiamento delle mansioni. Durante l'era Kosslick il direttore faceva tutto da solo, adesso la direzione artistica è appunto affidata al quarantanovenne ex direttore di Locarno, mentre quella amministrativa è nelle mani della manager olandese sessantaquattrenne Mariette Rissenbeek, fin qui responsabile di German Films, l'ente tedesco incaricato di promuovere l'esportazione dei film tedeschi all'estero e segnatamente dei rapporti con i festival internazionali. Sarà interessante capire se questa distribuzione e separazione dei ruoli funzionerà.
Non sono moltissime ma certamente tutte significative le novità. La prima ha a che vedere con l'abolizione del Premio Alfred Bauer, l'onorificenza che premiava l'opera che aprisse nuove tendenze nell'ambito del cinema mondiale (nel corso degli anni, fra gli altri, l'avevano vinta: Léos Carax, Lav Diaz, Alain Resnais e per l'Italia Ricky Tognazzi). Adesso il premio è stato sospeso, dopo le tardive rivelazioni circa le compromissioni di Alfred Bauer, fondatore e per un quindicennio direttore del festival, col regime nazista, di cui anche la stampa italiana ha dato ampia diffusione nelle settimane passate. È notizia di ieri l'incarico affidato dalla direzione del festival allo Institut für Zeitgeschichte di avviare accurate indagini sulla questione, ciò che dovrebbe produrre nel giro di pochi mesi una documentata relazione.
Seconda novità: il concorso è stato prosciugato (18 film soltanto) eliminando la categoria del “fuori concorso”. Fra gli autori noti o molto noti presenti in concorso: Philippe Garrel (Le sel de larmes), Abel Ferrara (Siberia), Sally Potter (The Roads Not Taken con Javier Bardem e Salma Hayek), Christian Petzold (Undine), Hong Sangsoo (The Woman Who Ran), il duo Delepine/Kervem (Éffacer l'historique), a questi si affiancano registi non celeberrimi come Burhan Qurbani (con una rivisitazione del romanzo di Döblin Berlin Alexanderplatz), il duo Ilya Khrzhanovskiy/Jekaterina Oertel (DAU. Natasha) o l'iraniano Mohammad Rasoulof (There Is No Evil).. L'Italia – non si sa da quanto tempo non accadeva - è presente con due contributi: nel triste giorno della scomparsa di Flavio Bucci, protagonista del celeberrimo Ligabue televisivo, il nuovo film dedicato al pittore girato da Giorgio Diritti con Elio Germano (Volevo nascondermi) e, dopo La terra dell'abbastanza, il secondo film dei fratelli D'Innocenzo (Favolacce), peraltro anche il film di Ferrara con William Dafoe protagonista, è coprodotto dall'Italia.
Terza novità: al concorso si affianca la sezione Berlinale Special (film di finzione) ovvero Berlinale Special Gala (film documentari), sezione che in realtà esisteva già in passato ma che a partire da quest'anno ricomprende un numero assai più significativo di film, 19 in tutto (9 per Berlinale Special Gala e 10 per Berlinale Special). Si tratta di film talvolta non inediti (fra gli altri Pinocchio di Garrone) o di film un po' più di cassetta, o ancora, diciamo così, fuori formato. Fra gli altri film di finzione che vedremo: Charlatan di Agnieszka Holland, il film di animazione Onward di Dan Scanlon e My Salinger Year di Philippe Falardeau, che aprirà il festival giovedì 20 febbraio; fra i documentari si segnalano: The American Sector sui pezzi di muro di Berlino sparpagliati in giro per l'America, un lunghissimo documentario russo su un centro di ricerca sovietico, che funge da pendant di un film (di finzione) in concorso, intitolato DAU. Degeneratsia (355 minuti), un documentario su Hillary Clinton, un documentario intergenerazionale coordinato da Jiu Zhang-Ke, ma anche un nuovo documentario della storica autrice tedesca Ulrike Ottinger (Paris Calligrammes) cui il festival ha conferito l'Orso d'Oro alla carriera.
Quarta e ultima novità è la creazione di sezione nuova di zecca che è stata intitolata Encounters, che prevede una giuria apposita e ben tre premi finali (miglior film, regia, e premio della giuria) e comprende 15 film e che nelle intenzioni di Chatrian dovrebbe essere guidata da «coraggio e ricerca di un nuovo linguaggio seppur con prestiti tratti dal passato». Si tratta di opere di autori non particolarmente conosciuti, anche se al suo interno troviamo anche film di Christi Puiu e, soprattutto, l'ultima opera del grande Alexander Kluge, intitolata Orphea, ideata a quattro mani col regista filippino Khavn de la Cruz con cui l'ottantottenne regista tedesco da tempo collabora. Dovremo dunque dividerci fra Concorso e Encounters per dar conto di ciò che quest'anno accadrà a Berlino.
A queste novità si affiancano le cose consuete ovvero le sezioni Panorama e Forum, la sezione Generation e quella dedicata alle nuove proposte del cinema tedesco. La retrospettiva (che meriterebbe da sola il viaggio a Berlino) è dedicata a King Vidor (35 film!). L'omaggio è invece dedicato a Helen Mirren che, al pari di Ulrike Ottinger, riceve l'Orso alla carriera.
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