venerdì 21 febbraio 2020

La Guerra dei Mondi: da George Pal a Steven Spielberg passando per Orson Welles


La guerra dei mondi, romanzo di H.G.Wells, è stato adattato più volte, da Spielberg, George Pal e in modo assai particolare da Orson Welles.

La guerra dei mondi di H. G. Wells (1897), uno dei primi romanzi di fantascienza mai scritti, non poteva non attirare l'attenzione del cinema: due sono gli adattamenti più celebri di cui vogliamo occuparci in questa sede, La guerra dei mondi (1953) diretto da Byron Haskin e prodotto da George Pal, e il successivo La guerra dei mondi (2005) di Steven Spielberg, con Tom Cruise, Dakota Fanning e Tim Robbins. Il libro ipotizza le conseguenze di un'invasione di macchine marziane guidate da alieni, descrivendola dai diversi punti di vista di due fratelli in Inghilterra: uno a Londra e l'altro nel Surrey. Profondamente disturbante, il romanzo tuttora non risente del periodo edoardiano in cui fu concepito e diffuso. Sorridere di fronte alla sua "ingenuità dell'epoca" è difficile, perché la minuziosa descrizione delle devastazioni colpisce ancora, così come lascia impietriti la capacità di Wells di trasmettere la progressiva perdita di senso di ogni cosa, in quella che di fatto è una forma di Apocalisse.

La guerra dei mondi, prima del cinema ci fu la radio di Orson Welles

Prima di occuparci di Haskin e Spielberg, abbiamo il dovere di citare il suggestivo adattamento di Orson Welles, che il 30 ottobre del 1938 terrorizzò la popolazione americana con una versione radiofonica del racconto. Ispirandosi a un simile esperimento della BBC del 1926, Welles pensò di concepire la maggior parte dell'ora di radiodramma come la continua interruzione di normali trasmissioni ad opera di "edizioni straordinarie" di tragici bollettini, riguardanti naturalmente l'invasione aliena negli Stati Uniti. Non è chiara l'effettiva portata del putiferio che l'idea generò tra le persone, ma Welles, almeno ufficialmente, negò che da parte sua ci fosse la volontà di generare un procurato allarme su scala nazionale. Viene da crederlo perché in effetti all'inizio una voce fuori campo spiega chiaramente che quello che stiamo per ascoltare è fiction. Ovviamente, un ingenuo che non si fosse sintonizzato sulla CBS in tempo per ascoltare questa premessa, correva il rischio di cadere nell'equivoco, come accadde (Woody Allen ha scherzato sull'episodio nel suo Radio Days). C'è poco da ridere sulla tonteria dei nostri avi: post virali di bufale sui social, accuratamente confezionati, fanno sembrare oggi il lavoro di Welles uno scherzo da dilettanti.

La guerra dei mondi in Technicolor di George Pal

La guerra dei mondi del 1953, per quanto agli occhi attuali sembri involontariamente ridicolo nella caratterizzazione dei personaggi e nella recitazione sopra le righe, è un monumento al cinema hollywoodiano del più alto livello tecnico. Fu concepito dal suo produttore George Pal, altrove anche regista, uno dei più grandi animatori in stop-motion prima e dopo la guerra, sempre stimolato dalla sfide tecniche che potevano portare più avanti la settima arte: questo La guerra dei mondi, affidato al regista Byron Haskin, fu un trionfo di effetti speciali premiati con l'Oscar ma, soprattutto dopo il restauro, mostra ancora una fotografia più ricercata di quanto normalmente fosse in quegli anni. Il Technicolor iperrealista di George Barnes, specialmente nel terzo atto, non disdegna un uso raffinato delle ombre e un uso visionario delle luci colorate e sature. Addirittura, Pal avrebbe voluto girare l'ultimo atto in 3D, ma rinunciò quando i costi erano già saliti troppo.
Come succede negli altri adattamenti, plot e personaggi sono diversi dalla fonte letteraria: lo scienziato protagonista Forrester interpretato da Gene Barry risponde a un'idea rassicurante di eroe consapevole, pure sconvolto verso la fine del film, ma pur sempre indomito. La presenza femminile di Sylvia (Ann Robinson) è una tipica "damigella in pericolo" che, nella tradizione del monster movie, viene toccata sulla spalla da una repellente mano aliena e collassa nelle braccia del maschio che mantiene il sangue freddo.
Interessante tuttavia l'atmosfera che si respira: a nemmeno dieci anni di distanza dalla fine della II Guerra Mondiale, in piena Guerra di Corea, l'inutilità dei militari di fronte al nemico apparentemente invulnerabile viene confermata per necessità drammatiche, ma la loro efficienza e sangue freddo, la loro volontà di combattere fino all'ultimo vengono celebrate. Si rende il lavoro dello scrittore molto contemporaneo: l'arma finale (inutile) usata contro gli alieni è l'atomica, e immaginiamo che per uno spettatore americano del periodo metaforizzare quello che accadeva sullo schermo era un processo subconscio e naturale. All'apice della Guerra Fredda, col maccartismo ancora vivo e operante, il pericolo alieno e quello "rosso" sono la stessa cosa, tanto che l'aspetto religioso qui è enfatizzato con forza. Wells sulle pagine cita sì Dio quando salva l'umanità per i batteri "da Lui creati", fatali all'organismo degli alieni, però nel romanzo uno dei due protagonisti finisce addirittura per abbattere un curato che può rivelare la posizione agli invasioni con i suoi attacchi isterici. Nel film lo zio pastore Matthew è una figura positiva e martirica, i protagonisti trovano rifugio in una chiesa, e sembra essere proprio la preghiera a salvare il mondo. Il romanzo di Wells si chiudeva invece con un "persistente senso di dubbio e insicurezza".

La guerra dei mondi di Steven Spielberg

Uscito nel 2005, La guerra dei mondi di Steven Spielberg è in modo evidente un film che usa il cinema di genere hollywoodiano per leggere la temperatura dell'anima del pubblico: è un film sull'11 settembre 2001. Naturalmente l'idea del panico totale che scardina le certezze si può applicare a molti momenti storici, non ultima la II Guerra Mondiale che da sempre intriga Spielberg, ma davvero qui il concetto delle navi aliene che sbucano dal sottosuolo, dove erano state sepolte millenni prima, è un'aggiunta inquietante. Gli aerei si schiantarono sulle Torri Gemelle, pilotati da qualcuno già presente sul suolo americano, mimetizzato. Latente. Il pensiero stesso che gli alieni del papà di ET e Incontri ravvicinati diventino cattivi è significativo: questa è la storia di un tradimento della nostra serenità. Le scene di panico di massa hanno la meglio sull'organizzazione della controffensiva, ed è eloquente che il protagonista interpretato da Tom Cruise sia divorziato e anti-eroico, uno più interessato a tenere insieme quello che rimane della sua famiglia che ad alimentare i ranghi di una resistenza inutile. La sceneggiatura di David Koepp recupera elementi del romanzo tenuti fuori dalla precedente versione, come la vegetazione rossa aliena e l'interazione degli alieni con i corpi e il sangue umano. Spielberg non arriva a tramortire un pastore o un prete: un uomo folle (Robbins) viene invece giustiziato per disperazione dal protagonista. La religione comunque latita in questa versione, nonostante Spielberg sia ebreo osservante: sopravvive solo il culto laico americano della famiglia, che viene riunita nell'epilogo, mentre la sorte degli alieni viene liquidata in modo molto particolare. Non sono stati semplicemente soppressi dai batteri "del buon Dio": la voce fuori campo ci spiega che gli esseri umani si sono guadagnati la coesistenza con la biosfera, a differenza degli invasori, che col nostro mondo non hanno niente a che vedere. La speranza metaforica è quella che gli anticorpi esistano anche nella società, e che la minaccia del terrorismo e di chi vive di guerre, per quanto porti morte e distruzione, possa essere tenuta a freno dal lungo e difficoltoso percorso di adattamento della società alla "biosfera" della democrazia.
A livello tecnico, quasi superfluo sottolinearlo, questa Guerra dei mondi è la più spettacolare e convincente, con un magistrale lavoro dell'Industrial Light & Magic, già consapevole nel bilanciare gli effetti digitali con una quantità sufficiente di elementi fisici sul set, in modo tale da evitare il sapore troppo sintetico dell'immagine. I responsabili degli effetti visivi, tuttavia, furono solo nominati all'Oscar, senza vincerlo. Negli anni Cinquanta bastava poco a stupirci. 



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