venerdì 14 febbraio 2020

Il cacciatore di donne: la vera storia del serial killer che ha ispirato il film con Nicolas Cage


Si chiamava Robert Hansen, e ha ucciso diciassette donne in Alaska tra il 1971 e il 1983.

Il cacciatore di donne è un thriller diretto da Scott Walker che vede Nicolas Cage nei panni di un poliziotto dell'Alaska a un passo dalla pensione che deve dare la caccia a a un uomo che rapisce, tortura e violenta giovani donne. La testimonianza di una vittima indica in un uomo di nome Robert Hansen (che ha il volto di John Cusack) il colpevole, ma le prove a suo carico non sono sufficienti, e per la polizia le cose si faranno molto complicate.
La storia raccontata dal film, come spesso accade, è basata su personaggi e fatti realmente accaduti: e questa è la vera storia di Robert Hansen.

Origini di un serial killer

Nato in Iowa nel 1939, Robert Hansen si era trasferito ad Anchorage, in Alaska, nel 1967, con la seconda moglie e i due figli. Lì si era inserito alla perfezione nella comunità, facendosi apprezzare come cacciatore provetto.
In realtà Hansen scappava da una vita difficile e problematica. Da ragazzo, già vittima di una figura paterna ingombrante e severa, che lo obbligava a lavorare nella panetteria di famiglia, fu spesso oggetto di bullismo da parte dei coetanei per via del suo carattere schivo e timido, e ancor di più per la balbuzie e la grave forma di acne di cui soffriva. Ovviamente, con le ragazze non gli andò meglio, e questo non fece altro che far crescere in lui il risentimento e l'odio nei confronti del sesso femminile, che desiderava ma che lo respingeva. Fu durante la giovinezza che si appassionò alla caccia, che gli permetteva di stare in silenzio e in solitudine.
Nel 1960 era stato arrestato in Iowa per aver dato fuoco a un garage scolastico, e durante la sua detenzione gli venne diagnosticato un disturbo bipolare con occasionali episodi di schizofrenia. Successivamente, finì di nuovo in carcere per piccoli furti.

Alaska, un inserimento difficoltoso

Anche in Alaska, però, i problemi mentali di Hansen finirono col manifestarsi presto, e pubblicamente. Nel 1972 fu denunciato e condannato per aggressione, scontando sei mesi di carcere, e nel 1976 di nuovo venne mandato in prigione per il tentato furto di una sega elettrica. In carcere gli venne ordinato di assumere litio per controllare i suoi sbalzi di umore, ma una volta tornato libero Hansen non seguirà la prescrizione.
Nel 1980, con i soldi intascati dall'assicurazione in seguito a un furto subito, Hansen aprirà una panetteria tutta sua. E fu per questo che, una volta scoperto e arrestato come serial killer, venne soprannominato "Baker Butcher", "il fornaio macellaio".
Ma all'inizio degli anni Ottanta, i problemi di Hansen sembravano acqua passata, e lui e la sua famiglia erano oramai nel pieno della rispettabilità sociale, e gli affari andavano bene, tanto che Hansen comprò anche un piccolo aereo da turismo. Le cose, però, stavano in maniera assai diversa.

Il ritrovamento dei primi corpi

Nel settembre del 1982 due agenti di polizia fuori servizio, impegnati in una battuta di caccia, s'imbatterono in un cadavere in decomposizione, successivamente identificato come quello di Sherry Morrow, una spogliarellista ventiquattrenne del Wild Cherry Bar di Anchorage. L'autopsia stabilì che la ragazza era stata legata, torturata e violentata.
Il caso venne subito messo in relazione con la scomparsa di altre giovani donne, tutte ballerine o prostitute, e le indagini vennero portate avanti soprattutto dal detective Glenn Flothe dell'Alaska State Trooper, che già si stava dedicando ai casi di altre due giovani donne ritrovate morte nel mezzo della desolata natura dell'Alaska: una di nome Joanna Messina e una mai identificata, nota tra gli investigatori e gli agenti di polizia come "Eklutna Annie", dal nome della valle dove ne fu rivenuto il cadavere.

Le accuse di Cindy Paulson

Il 13 giugno del 1983, un camionista vede in mezzo alla strada una ragazza giovanissima, ammanetatta, a piedi nudi e con gli abiti a brandelli. La fa salire a bordo e la porta in salvo. La ragazza ha 17 anni, si chiama Cindy Paulson e si fa lasciare in un motel. Ma il camionista avverte la polizia, che la rintraccia presso l'albergo e si fa raccontare cosa le fosse accaduto: un uomo sui quarant'anni, dai capelli rossici, le ha offerto 200 dollari per del sesso orale. Una volta in auto, l'ha ammanettata e minacciata come una pistola, condotta in una casa e violentata ripetutamente. Cindy era riuscita però a fuggire quando l'uomo aveva cercato di farla salite a bordo del suo aereo da turismo.
In base alla testimonianza di Cindy, la cui descrizione del suo assalitore e del suo aeroplano sembravano corrispondere alla perfezione a quella di Hansen, la polizia convocò l'uomo per un interrogatorio, ma fu costretta a lasciarlo tornare a casa libero. Hansen aveva infatti un alibi: un suo amico, John Henning, sosteneva di essere stato sempre insieme a lui. E la parola del rispettabile fornaio di Anchorage e del suo amico sembravano valere di più di quella di una giovane stripper.

Il profilo psicologico dell'FBI e il mandato di perquisizione

Nel settembre dello stesso anno, un altro cadavere viene ritrovato: quello di Paula Goulding. Grazie alla presenza di un proiettile dello stesso calibro di quello trovato nei corpi di altre vittime, la polizia può sostenere a pieno titolo la tesi di un serial killer e chiedere l'aiuto dell'FBI: è l'agente speciale Roy Hazelwood a partecipare quindi alle indagini e a fornire un profilo psicologico del killer in base alle autopsie effettuate sulle vittime. Un profilo che coincide perfettamente con quello di Hansen.
La polizia interroga nuovamente John Henning, l'uomo che aveva fornito un alibi al fornaio dopo le accuse di Cindy Paulson, e che questa volta confessa: aveva mentito. E perfino il rimborso assicurativo ottenuto in passato da Hansen era derivato da una frode. Grazie a un mandato di perquisizione in casa di Hansen vengono ritrovate prove schiaccianti, tra le quali una mappa del territorio attorno ad Anchorage sulla quale numerose X segnavano il punto dove il killer aveva lasciato il cadavere delle sue vittime. In tutto, le X erano 24.

Il modus operandi di Robert Hansen

Hansen rapiva le sue vittime - quasi tutte prostitute, spogliarelliste o ballerine di night club, ma non solo - e le portava in auto o in aereo in uno sperduto capanno nei boschi, dove abusava di loro. Le più remissive venivano riportate in città e intimate di far silenzio sull'accaduto. Le altre venivano lasciate libere di correre via dal capanno, e poi Hansen dava loro la caccia come si trattasse di animali selvaggi. Le uccideva con il fucile, quindi le sezionava con il coltello e infine le seppelliva.

Il numero delle vittime e la condanna

Sono diciassette le donne di cui Hansen ha confessato l'uccisione, di età compresa tra i 41 e i 16 anni, uccise in un arco di tempo che va dal 1971 al 1983. Di altre trenta ha confessato lo stupro.
In seguito a un patteggiamento, Hansen è stato condannato per l'omicidio delle quattro vittime ritrovate prima del suo arresto a 461 anni di prigione e a un ergastolo, senza possibilità di sconti di pena. È morto il 21 agosto del 2014, all'età di 75 anni, per ragioni di salute mai rivelate ufficialmente.

Il cacciatore di donne: il trailer del film



from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/2SrA6Ys

via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web

Nessun commento:

Posta un commento