Top Gun è uscito in Italia il 18 settembre del 1986, praticamente in contemporanea con l'inizio delle scuole. Io, che allora avevo 12 anni, stavo iniziando la seconda media, e infatti mi ricordo, alle medie, che tutti poi avevano preso ad andare in giro col giubbotto di pelle con le toppe, come quello indossato da Tom Cruise.
Anche a me, a un certo punto, ne regalarono uno, anche se mi sono sempre un po' vergognato a indossarlo.
A parte questo, ecco cosa ricordavo di Top Gun, senza averlo rivisto: gli F-14 Tomcat; l'afterburner (che poi mi sa divenne anche il titolo di un videogame); Kelly McGillis, reduce dal successo di Witness, in un bar, a un certo punto; una scena vagamente erotica tra Kelly McGillis e Tom Cruise; i denti di Tom Cruise; gli occhiali di Tom Cruise; la Kawasaki GPZ 900 R di Tom Cruise; canzoni della colonna sonora come "Danger Zone" e "Take My Breath Away"; Tom Skerritt che fa il capo degli addestratori; una sudata partita a pallavolo; Goose (ovvero il futuro dottor Greene di E.R., Anthony Edwards) e la morte di Goose; l'odioso Iceman (cioè Val Kilmer, pre Jim Morrison, ma post Top Secret); Iceman che alla fine del film dice a Maverick che è lui il miglior pilota.
Dopo averlo rivisto, mi sono accorto che non ricordavo quindi: Tim Robbins; il dito medio al pilota russo; che a un certo punto a Goose lo chiamano "Mother Goose" (e a me vengono in mente i Jethro Tull); Meg Ryan; i cieli tutti arancioni; il fatto che Tony Scott avesse fatto agli aerei e ai combattimenti e alle divise e ai corpi maschili quello stesso trattamento estetico che Adrian Lyne ha fatto al sesso, alle città e ai corpi femminili; e in generale quanto sia sfacciatamente gay il film (lo so, Tarantino l'ha detto prima di me, e così tanti altri).
Del fatto che sia così chiaramente omoerotico, come nemmeno Point Break, con tutti quegli omoni muscolosi sempre a torso nudo, con le battute del tipo: "mi sta venendo duro" / "non provocarmi", con le partite a pallavolo al ralenti e i legami fortissimi e maschissimi, non mi importa qui molto.
Così come non m'importa molto dell'estetizzazione di Tony Scott, che è puro cinema anni Ottanta, quintessenziale, nel bene come nel male, e che comunque è il punto di partenza stilistico per tutta una serie di cose fatte successivamente dal regista che per me, ognuna a modo loro, sono notevoli: da Revenge a Unstoppable, passando per L'ultimo boy scout, Una vita al massimo, Nemico pubblico e Spy Game, ma anche Deja vu.
E nemmeno, so che è brutto dirlo, specie in questi mesi di guerra, m'importa molto del militarismo, del bellicismo, dell'ideologia reaganiana più o meno apertamente guerrafondaia, perché alla fine, Top Gun è solo un film.
È un'altra l'ideologia che, oggi, oggi che sta per arrivarne l'attesissimo sequel* m'interessa di Top Gun. L'ideologia del cinema, non quella delle armi o della guerra o della politica.
Ed è un'altra l'estetica che mi interessa, non quella delle patinature anni Ottanta. Perché è chiaro, che più chiaro di così si muore, ancora più chiaro di tutto il sottotesto omosex, che Top Gun è forse davvero il primo blockbuster dell'era moderna, il modello sul quale, coscientemente o meno, sono stati poi modellati tutti quelli arrivati successivamente. Cinecomic Marvel compresi.
*: che poi, sarà davvero attesissimo? Davvero si fa leva e si ripone così tanta fiducia nella capacità si smuovere il pubblico in personaggi e atmosfere di un film che è stato sì un clamoroso successo commerciale e un fenomeno di costume, ma ere geologiche fa per i ragazzini di oggi? Non è che succede la stessa cosa che è successa con Ghostbusters: Legacy?
Vi pare un paragone azzardato? Pensiamo alla struttura della sceneggiatura, e a cosa c'è dentro: i personaggi e i loro "superpoteri", il mix curato tra tormenti personali e ironia, e tra legami amicali e interessi romantici, conflitti vari interni ed esterni al gruppo, scene spettacolari (in questo caso i voli aerei e i combattimenti, nei cinecomic le battaglie) piazzate in momenti topici e studiatissimi e quindi anche un po' meccanici.
Il tutto senza approfondire davvero mai nulla. Tutto all'insegna di una ostentata superficialità narrativa che si gemella alla cura ossessiva della superficie dell'immagine.
All'immagine del divo che cristallizza sé stesso: Tom Cruise è rimasto sempre e solo quel Tom Cruise lì. Meglio: il Tom Cruise di oggi è nato con quel film, e da allora è sempre stato fedele a quel personaggio: quello dai denti scintillanti e il carattere guascone, quello che ama e soffre ma alla fine vince e ride, quello che sta dentro film da milioni che incassano milioni, che è spericolato e scanzonato e ha il ghigno sempre stampato in faccia.
Quello cui a un certo punto, un punto verso l'inizio del film, il suo comandante, Tom "Stinger" Jordan, interpretato da James Tolkan, dice: "Figliolo, il tuo ego sta firmando assegni che il tuo corpo non può coprire". Solo che finora, fortunatamente per lui, gli assegni firmati da Cruise sono stati tutti abbondantemente coperti.
Il grande ideologo di Top Gun, però, più di Tony Scott, più del divo Cruise, è stato il produttore Jerry Bruckheimer, uno che guarda caso prima di lavorare nel cinema era nella pubblicità, e che negli anni a venire si è premurato di spingere sempre più oltre quella formula fatta di spettacolo pirotecnico ma al tempo stesso rassicurante nel suo essere involucro vuoto, tutto concentrato sull'immagine, creando così dal nulla, o quasi, gente come Michael Bay, o saghe come quella di Pirati dei Caraibi.
E difatti, oltre a Cruise, c'è sempre lui, Bruckheimer, dietro al ritorno di Pete "Maverick" Mitchell, al Top Gun: Maverick che, dopo lunghi rinvii pandemici, arriverà nei cinema italiani il 25 maggio.
Resta solo da scoprire se Top Gun: Maverick risulterà vittima della stessa formula che ha inventato, o se sarà stato in grado di reinventarsi al punto tale da risultare imperdibile e immancabile anche per tutto quel pubblico, che è tanto, per cui l'unico ricordo del film originale è solo quello che arriva per via indiretta dai loro genitori.
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