Proprio vent’anni fa sbarcava a Cannes, e lo ricorda ancora con un sorriso pieno. Del resto, era la prima volta in assoluto, anche come attrice, per Jasmine Trinca. Una trasferta conclusa con la vittoria della Palma d’oro per La stanza del figlio di Nanni Moretti. “Ho un ricordo molto nitido di vent’anni fa, con un film speciale”, ha dichiarato.
In questa 75esima edizione è in giuria e presenta in selezione ufficiale, come proiezione speciale, la sua opera prima, Marcel!, elaborazione di un cortometraggio ambientato stesso mondo e con gli stessi personaggi. Il film uscirà nelle sale per Vision Distribution il prossimo 1 giugno. Scritto dalla stessa regista insieme a Francesca Manieri, è interpretato da Alba Rohrwacher nei panni di una madre che rievoca quella dell’autrice stessa. Insieme a lei la giovanissima Maayane Conti, Giovanna Ralli, Umberto Orsini, Dario Cantarelli, Valentina Cervi, oltre a Giuseppe Cederna e Valeria Golino con una partecipazione.
Incontrando la stampa italiana a Cannes ha rievocato, come riferimenti, i Peanuts e Charlie Chaplin, nel suo racconto di “una bambina che ama sua madre, ma sua madre ama Marcel, il suo cane. Un evento imprevedibile le porterà in viaggio, avvicinandole e svelando loro, oltre ogni dolore, le vie grandi e segrete dell’amore”.
Parlando dell’esordio, Trinca lo ha così descritto. “A noi donne prende una strana sindrome. Per accettare di assumere una cosa ci mettiamo vent’anni. Un esordio che arriva dopo tanti incontri come interprete, elaborazioni, esempi, con registe importanti per me. Ho deciso di ribaltare lo sguardo sulle cose. Mi sono detta: mi piacerebbe farlo anche a me. Questa trasformazione creativa del vissuto mi ha dato grande entusiasmo, rendendo tutto più leggero e intenso. Il lungometraggio è il proseguimento di un viaggio già iniziato con il corto in cui eravamo tutte coinvolte, a parte Giovanna Ralli che si è aggiunta. Lo stesso gruppo, costituito da persone molto legate. L’abbiamo scritto con Alba in testa come protagonista. Non ho mai immaginato di interpretarlo in qualche ruolo. È talmente impegnativa la regia. Abbiamo violato la regola che dice che i film non vanno fatti con barche, bambini e bestie. Di queste solo la bestia ci ha dato problemi. È stato un cane in tutti i sensi, ma abbiamo deciso di metterlo poi nel film. Era la madre che proietta su questo cane oltre all’amore molto altro”.
Come detto c’è molto della madre di Jasmine Trinca, nel personaggio della protagonista. “Mia mamma era sicuramente molto più libera di me, anche rispetto a come sono adesso. Un’avanguardista non oblativa, non necessariamente devota. Mi ha trasmesso il senso di cosa deve essere il femminile. Col poco che avevamo sono arrivata qui, quindi dire che ha fatto bene. Il film è per fare pace e ringraziarla in questo senso. I personaggi sono tutti simboli di una visione non paradigmatica della società che viviamo. Volevo provare a scrivere col cinema immagini diverse. La madre è sghemba, ma nonostante il suo zoppicare è abitata da arte e dolore, capace di grandi messaggi e amore. La trovo una supereroina in battaglia con la vita, che crede nonostante tutto nell’arte. Durante questa esperienza ho guardato agli attori come non fossi una di loro. La loro forza infinita e le loro fragilità mi hanno molto commosso e adesso che sono tornata a fare l’attrice continuo a pensare a quello che vedevo quando eravamo insieme”.
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