92 milioni di dollari di budget, più di 240 milioni incassati in tutto il mondo: il successo commerciale di Twister è sotto gli occhi di tutti. Un successo che il nuovo Twisters in arrivo nei nostri cinema, e che non sarà un sequel, ma un reboot, o comunque una nuova storia ispirata a quella dei cacciatori di tornado di quel primo film, spera ovviamente di eguagliare. Così come, dichiaratamente, spera di eguagliare quel chiaro passo in avanti che il film del 1996 rappresentò dal punto di vista dell’immagine spettacolare e degli effetti speciali.
Eppure, a rivederlo oggi, Twister - che trovate in streaming su Now, tanto per fare un esempio - colpisce perché sì, certo, la spettacolarità di certe scene, ancora in qualche modo notevole, ma ancora di più perché, rispetto agli standard attuali, lì, allora, c’era ancora la voglia di fare un film. Ovvero, di costruire e di raccontare qualcosa tra una scena spettacolare e l’altra.
Twister: il trailer del film
D’altronde, a scrivere la sceneggiatura del film fu Michael Crichton (non proprio l’ultimo degli scappati di casa) assieme a sua moglie Anne-Marie Martin. E l’ispirazione per la storia del film, ebbe a dichiarare lo scrittore americano, venne da un episodio della nota serie di documentari scientifici della PBS Nova, dedicato appunto a veri cacciatori di tornado dell’Oklahoma, che però Crichton e Martin ibridarono con una struttura narrativa mutuata da un capolavoro come La signora del venerdì di Howard Hawks. E quindi, al posto di Cary Grant e Rosalind Russell, nel ruolo dei due ex che passeranno il film prima a battibeccare e poi a tornare insieme, galeotta la professione, ci sono il compianto Bill Paxton e Helen Hunt (a ruoli invertiti, però, giacché a portare in terra di tornado la sua nuova fidanzata è lui). Da segnalare, poi, che a lavorare non accreditati per il copione del film, in varie fasi e con vari livelli di coinvolgimento, sono stati anche Joss Whedon, Jeff Nathanson e Steven Zaillian.
La storia d’amore tra i personaggi di Paxton e Hunt sono quello che dà il cuore emotivo a un film il cui cuore narrativo, comunque, rimane il conflitto tra i protagonisti e i tornado, e le scene in cui questi devastanti effetti atmosferici - diventati negli ultimi trent’anni sempre più frequenti e distruttivi per via del cambiamento climatico - sono i protagonisti assoluti.
Jan de Bont - ex direttore della fotografia che appena due anni prima aveva esordito con lo scatenato action movie Speed (quello con Keanu Reeves e Sandra Bullock), finito sul set di Twister dopo aver abbandonato per dissidi con la produzione quello del Godzilla poi finito nelle mani di Ronald Emmerich - sapeva benissimo cosa voleva, e come ottenerlo: con un sapiente mix di effetti speciali digitali per i tempi all’avanguardia, e un certo qual gusto analogico capace di mantenere storia e personaggi, e quindi spettatori, coi piedi ben saldi al terreno.
Tre diversi macchinari di diversa potenza furono utilizzati per simulare l’effetto del vento e dei tornado, mentre è rimasta famosa - anche per via di alcune assurde proteste animaliste dell’epoca - la scena in cui uno dei tornado fa volare di fronte agli occhi attoniti dei protagonisti una vacca. Una vacca ovviamente realizzata in CGI, sulla base di modelli realizzati in precedenza per il primo Jumanji, quello con Robin Williams.
Gli effetti speciali di Twister, va da sé, vennero candidati all’Oscar, come candidato fu pure un sonoro che, per via dell’abuso di bassi, divenne famigerato per far saltare i subwoofer di numerose sale cinematografiche. Per realizzare il rumore prodotto dai tornado in piena azione, i tecnici di Twister usarono il verso di un cammello particolarmente rallentato, riprodotto al contrario e mescolato a versi di altre creature.
Tra i primati di Twister, anche quello di essere stato il primo film commercializzato in DVD della storia, ma questa ulteriore evidenza legata al digitale e ai suoi sviluppi futuri ancora non riescono a mettere in ombra il fatto che, oggi, quello di de Bont (e chissà che ne sarebbe venuto fuori se Spielberg avesse deciso di dirigerlo, invece che limitarsi a produrlo) è un film che si apprezza per la capacità di coniugare il fattore umano con quello tecnologico.
E ci si chiede se il nuovo Twisters riuscirà a replicare questo non facile equilibrio, quello garantito da Bill Paxton, Helen Hunt e compagnia (compreso l’indimenticabile Philip Seymour Hoffman nel ruolo dello scalmanato e rubizzo Dusty) da un lato, e dallo spettacolo digital-catastrofico dall’altro. Da questo punto di vista, è interessante e incoraggiante che a dirigere il nuovo Twisters non ci sia un esperto di blockbuster a alto tasso di effetti speciali (come poteva essere considerato all’epoca de Bont) ma il Lee Isaac Chung di Minari: uno proveniente quindi da un cinema in cui il fattore umano è centrale.
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