lunedì 15 luglio 2024

Il giudice e il boss, intervista a Pasquale Scimeca: "Racconto il giudice Cesare Terranova, eroe tragico dimenticato"

"Tutte le vittime della Mafia meritano lo stesso rispetto" - ha scritto Pasquale Scimeca nelle note di produzione de Il giudice e il boss, che figura fra le grandi anteprime del Taormina Film Festival 2024. Per il regista nato in provincia di Palermo che non ha proseguito la carriera di professore di storia e di letteratura, la Mafia è sempre stata un tasto dolente. Alla criminalità organizzata siciliana ha infatti dedicato film e documentari e ha sempre creduto nel cinema come potente strumento di informazione, educazione e recupero della memoria. Il giudice e il boss comincia laddove terminava Placido Rizzotto, che è forse il suo film più conosciuto, interpretato da un grandissimo Marcello Mazzarella. Nel nuovo film ci sono invece Claudio Castrogiovanni, Peppino Mazzotta e Gaetano Bruno. Quest'ultimo fa la parte del giudice Cesare Terranova, figura fondamentale nella lotta a Cosa Nostra a cui si sono ispirati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che come lui sono stati brutalmente assassinati.

Cesare Terranova è stato un eroe e un uomo riservato e dolce, e a provocare la sua prematura dipartita  è stata la stessa figura che ha organizzato l'assassinio di Placido Rizzotto. La nostra intervista a Pasquale Scimeca parte proprio da qui, da un dove eravamo rimasti che ha aggiunto qualche tessera al mosaico delle efferate violenze dei corleonesi: "Placido Rizzotto" - spiega il regista - "finisce con l’uccisione, nel 1948, di Placido, ma dopo cosa accade? Lo scopriamo in questo film, nel quale Luciano Liggio uccide il vecchio boss Navarra e diventa il capo del clan dei corleonesi. Nello stesso momento il giudice Terranova riceve l'incarico di indagare proprio sui malavitosi di Corleone. Non è un’impresa facile, perché Corleone è lontana, per arrivarci ci vuole una mezza giornata e non ci sono alberghi. Terranova si mette al lavoro proprio quando Liggio prende il potere e chiede  di essere affiancato da un poliziotto che conosca la zona e che sia in gamba, e così gli affidano questo giovane agente che si chiama Ninni Mancuso e che conosce Corleone perché con la squadra mobile di Palermo ha fatto la lotta al banditismo e quindi è pratico del luogo. La nostra storia inizia così, ed è quindi una continuazione di Placido Rizzotto, ma una continuazione che ha una particolarità, perché in quel momento la Mafia finisce di essere un fatto esclusivamente agricolo e si trasferisce nelle città. Attraverso la figura di Luciano Liggio, scopriamo che la Mafia non solo si trasferisce nei contesti urbani siciliani ed entra nel traffico internazionale degli stupefacenti, ma si sposta anche altrove, perché Luciano Liggio va a vivere a Milano, dove accumula il capitale col sequestro di persona e investe il denaro in attività lecite, e quindi ecco che la Mafia entra a pieno titolo nel mondo dell’economia italiana, e chi ci fa conoscere queste attività è il Maresciallo Mancuso. Seguendo le sue indagini, cerchiamo di capire cosa la mafia sia diventata. Il giudice Terranova viene a sapere nomi e cognomi e a un certo punto dice che la politica è collusa e l’economia è collusa, e arriva a Salvo Lima e Vito Ciancimino da una parte e ai Salvo dall'altra, e quindi ci dà un quadro completo di ciò che è diventata la Mafia che dalle campagne si è spostata in città".

Fra Placido Rizzotto, che è uscito nel 2000, e Il giudice e il boss, che arriva in sala il prossimo settembre, lei ha realizzato diversi altri film, adattando ad esempio Rosso Malpelo e I Malavoglia di Giovanni Verga. Perché solo di recente le è venuta voglia di parlare di nuovo della Mafia?

Io sono un verghiano nell'anima, quindi quello che mi interessava e che mi interessa ancora oggi è raccontare gli ultimi, e cioè le persone dimenticate della società ma anche della storia. Come Placido Rizzotto, il giudice Terranova e il Maresciallo Mancuso erano stati dimenticati o comunque messi da parte., quindi cosa posso dirti? Non è che le cose le programmi: ti vengono e basta, e capisci che hai lasciato qualcosa in sospeso e lo riprendi, però il punto di partenza è sempre quello: è verghiano consiste nel narrare l'epopea della nostra terra, perché a me piace il racconto epico di uomini che sono stati importantissimi per l'evoluzione della nostra società. Questo film l'ho scritto insieme ad Attilio Bolzoni, che è un giornalista, quindi lui ha portato nel giudice e il boss il concetto di cronaca. Io che ho una formazione culturale da storico, perché all'università ho fatto storia e mi sono laureato in storia contemporanea, ho lavorato sulla narrazione della storia, perché il giudice Terranova e il Maresciallo Mancuso hanno lavorato per 20 anni insieme, e ho preso questo pezzo di storia e l'ho trasformato in epopea attraverso il linguaggio del cinema.

Quanto erano consapevoli Il giudice Terranova e il Maresciallo Mancuso di correre seriamente il rischio di essere assassinati?

Come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sono personaggi tragici. Non sono dei velleitari e hanno coscienza di ciò che potrebbe succedere. A un certo punto i carabinieri  chiamano il giudice Terranova e gli comunicano: 'Guarda che ti vogliono ammazzare', al che lui dice a Mancuso: 'Lenin, hai dei figli, fatti trasferire', ma Lenin gli risponde: 'Ma tu sei pazzo! Abbiamo lavorato insieme fino ad ora e lavoreremo insieme fino alla fine, non ti lascio solo in questa cosa'. Se si comportano così è perché hanno in mente una cosa fondamentale: sono uomini che vengono pagati per agire in nome della giustizia e per il loro senso di giustizia e di lotta alla prepotenza, perché Terranova e Mancuso capiscono che la Mafia per prima cosa è contro i poveri, che va contro gli interessi della povera gente perché blocca l'economia, e in ciò è scandalosamente arrogante.

Ci sono ancora uomini così? Chi sono secondo lei gli eroi di oggi che combattono per il bene comune?

Sinceramente l'unica persona che ho conosciuto che lotta veramente per il bene di tutti noi è Fratello Biagio, Biagio Conte, un uomo che ormai è morto ma che è stato il San Francesco dei giorni nostri. Si è caricato sulle spalle i dolori del mondo, degli ultimi, dei poveri, dei migranti e dei senzatetto e non solo si è occupato di loro, ma lo ha fatto con la sua pelle, con il suo corpo, è andato a vivere sotto i portici, è stato con loro e li ha curati quando si ammalavano, li ha vestiti quando erano nudi, gli ha dato da mangiare quando erano digiuni. Dopo di lui non mi viene in mente nessun altro, né sul piano della politica né sul piano degli intellettuali, e credo che questo sia uno dei grandi mali del nostro tempo.

Cosa pensa dei film e delle serie tv che raccontano la criminalità rendendo leggendari dei personaggi realmente esistiti o inventati? Non sono un cattivo esempio per i nostri ragazzi?

Un ragazzo che cresce in un quartiere popolare di Palermo o in un paesino della Sicilia ha già come modello culturale il mafioso: Lo vede potente, lo vede forte, lo vede ricco, lo vede rispettato dagli altri. Come ci si può opporre a questo? Attraverso la cultura. Quando un bambino va a scuola, incontra una cultura diversa, vede altro. Guarda la televisione o va al cinema e vede altro. Ma se, attraverso il tipo di cinema di cui parlavi tu e che non voglio criticare perché ognuno è libero di fare il cinema che vuole, un ragazzo ha la conferma che il mafioso è il mito da seguire, noi abbiamo perso, culturalmente abbiamo perso. Se tu vedi Il Padrino, lo contestualizzi e lo capisci, ma quel film è diventato per i mafiosi un vero e proprio modello a cui rifarsi. Il problema è proprio questo: l'incapacità del cinema di proporre eroi epici e non santini, e quindi individui con dei difetti che siano l'opposto dei criminali e con i quali i ragazzi si possano identificare. Paolo Borsellino diceva: 'Noi combattiamo la Mafia dal punto di vista militare, facciamo i processi e così via, ma finché non sconfiggiamo la Mafia sul piano culturale, non abbiamo fatto niente. È la verità, ancora oggi è la verità e purtroppo la maggior parte degli intellettuali cosiddetti di sinistra se ne frega e non capisce che oggi la Mafia è più pericolosa di 20 anni fa, proprio perché non spara e non si vede, e tuttavia ha nelle mani l'economia, ha così tanti soldi che compra tutto e tutti.



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