In un futuro prossimo, un ministro della Repubblica grida a gran voce di aver “abolito la criminalità”. Ogni riferimento a fatti o persone non è del tutto casuale.
Comunque. Il fatto è che il sistema carcerario è stato riformato: ora i detenuti scontano la pena in uno stato di sonno profondo, l’ipersonno, che li rende inoffensivi e che ha drasticamente ridotto il tasso di recidiva criminale.
Questo è il quadro generale di partenza di Ipersonnia, film diretto dall’esordiente Alberto Mascia e interpretato da Stefano Accorsi e Caterina Shulha che è stato presentato al Torino Film Festival 2022 e che sarà in cinema selezionati dal 29 novembre.
Nel film, che tenta con coraggio la carta di un genere, il thriller di fantascienza, che non è esattamente comune nel nostro paese, Accorsi è David Damiani, psicologo che lavora in uno dei carceri dell’ipersonno che, per una serie di eventi che non sarebbe nemmeno giusto riassumere si ritrova lui stesso ipersonnato, e poi scarcerato e riammesso in società, convinto però che dietro quanto gli è accaduto ci sia qualcosa di trano. Si confronterà così con i fantasmi del proprio passato, e con una cospirazione che coinvolgerà anche Viola (la bella Caterina Shulha), l’amore della sua vita, e che lo porterà a scoprire che niente è ciò che sembra.
C’è il thriller, in Ipersonnia, c’è del mélo nel rapporto tra David e Viola, e c’è un chiaro sottotesto politico, che non riguarda solo citazioni più o meno riconoscibili di dichiarazioni reali e recenti del mondo politico (nel film si sentono anche frasi come “inutile ideologia”, o “mi occupo di sicurezza e non di giustizia”) ma un tema importante.
“Certe parole del personaggio del ministro Costa riecheggiano frasi che abbiamo già sentito, l’abbiamo anche un po’ costruito su quello”, ammette Mascia, che abbiamo intervistato a Torino. “Il nostro sottotesto politico è però incentrato soprattutto sul sistema penitenziario, e su come si dovrebbe riformare, anche nella direzione di fornire ai detenuti più strumenti per poi reinventarsi la propria vita una volta fuori”. In Ipersonnia, dice Mascia, “abbiamo portato alle estreme conseguenze, esasperando questo aspetto, una tara del sistema penitenziario di oggi che è quella di pensare troppo spesso alle carceri come dei serbatoi di corpi che vengono messi lì e basta”.
La prima sceneggiatura di Ipersonnia risale a diversi anni fa, scritta da Mascia con Enrico Saccà, che col loro copione vinsero la prima edizione del premio Solinas Experimenta, che richiedeva agli sceneggiatori proprio di cimentarsi con storie di genere. “Ci siamo voluti cimentare con un genere che sentivamo nelle nostre corde e che ci piaceva vedere da spettatori”, racconta il regista. “Eravamo consapevoli del fatto che in Italia non ci fossero molti precedenti di questo tipo di film, e i nostri riferimenti sono stati principalmente non italiani”. Cosa che si nota, e non sempre negativamente. “Li abbiamo rielaborati e fatti nostri”, spiega Mascia, “e abbiamo cercato di lavorare con una buona dose di pragmatismo. senza puntare sul dispiego di effetti speciali e scenografie, per raccontare il futuro, ma considerando la storia come il nostro effetto speciale principale, investendo su quello”.
Ipersonnia, dice il suo regista è “un film stratificato su vari livelli temporali e vari livelli di realtà, e ci siamo presi il rischio di fare qualcosa che poteva non essere compreso del tutto dallo spettatore: ma alla fine penso e spero che siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio per mettere in campo una storia che alla prima visione viene compresa nei suoi aspetti generali e che magari a un’ulteriore visione riempie ulteriori tasselli nella percezione di chi guarda”.
Mascia che, come ammette, “alle difficoltà legate a un’opera prima si sommavano quelle di un genere non molto frequentato in Italia”, dice che per lui era importante “non fare il passo più lungo della gamba, lavorare su scenari che non sarebbero stati rappresentati in modo credibile. Anche per questo abbiamo immaginato un futuro molto prossimo senza inseguire la tecnologia o immaginando di prevederne gli sviluppi, ma anzi andando a pescare nel passato, guardando al retro-future, e usando riferimenti che ci hanno aiutato a trovare una giusta misura”.
Girato quasi interamente a Roma (tranne gli esterni del carcere, che sono stati girati in Emilia, nei pressi della centrale nucleare dismessa del lago del Brasimone), Ipersonnia racconta una Capitale surreale e metafisica, che ricorda un po’ quella del cinema di Dario Argento: “Non abbiamo voluto nascondere Roma, ci sono anche luoghi molto riconoscibili come piazza Mastai, ma non abbiamo nemmeno mai dichiarato che quello fosse il setting”, commenta Mascia. “Abbiamo preso uno spazio reale e abbiamo cercato di trasfigurarlo e di renderlo cupo e distopico. L’uso della città e degli spazi del primo Argento è stato sicuramente un riferimento, lui è un maestro”.
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