Ad affiancare il concorso del Noir in Festival 2024, composto di 8 film di varia provenienza, sono alcuni eventi speciali. Fra questi c'è un’opera prima intitolata Indelebile che arriva da un giovane regista di documentari che si chiama Simone Valentini.
Distribuito in Italia da Adler Entertainment, Indelebile è ambientato in un paesino dell'entroterra siciliano, dove una ragazza di città di nome Veronica viene mandata dai genitori durante le festività natalizie. La giovane donna si ritrova così a vivere con suo nonno Carlo, che non vede da tempo. Tutto sembra andare per il meglio quando una donna del paese scompare e la gente si convince che a rapirla, o peggio ancora ad ucciderla, sia stata la stessa persona che tempo prima ha assassinato 3 donne sempre del piccolo centro abitato. Questa persona, almeno secondo i più, sarebbe proprio il nonno di Veronica, che decide così di andare a caccia della verità.
La presenza di un ipotetico serial killer colloca subito Indelebile all'interno del genere del noir o thriller, ma il film è anche un romanzo di formazione nonché un teen movie, di cui è protagonista Giulia Dragotto. Al suo fianco, nel ruolo del nonno, troviamo Fabrizio Ferracane, che ha creduto molto nel film e che ancora ne parla con grandissimo entusiasmo. Quando lo incontriamo in una saletta riservata al festival presso l'Hotel De La Ville di Milano, è di ottimo umore e le sue parole sono un fiume in piena, specialmente quando ci racconta della sua famiglia e in particolare di suo nonno, che non era troppo dissimile dal personaggio di Carlo.
"Sono contento" - dice l'attore - "perché mi rendo conto che Indelebile è un film fatto con amore. A volte, nonostante la bellezza delle immagini e la bravura degli attori, capita che un film annoi gli spettatori e anche gli interpreti. Questa invece è un'opera prima molto coinvolgente. Simone è stato molto bravo sia con il cast artistico che con quello tecnico. Poco fa ricordavamo il giorno in cui ci siamo incontrati a Palermo per parlare del film. Già da una prima lettura del copione mi sono reso conto che c'era terreno fertile e un grande calore, soprattutto nel rapporto fra nonno e nipote. Nel personaggio di Carlo riconosco completamente mio nonno, che ha fatto due guerre, era conosciuto come il Barone Hopps ed era uno strenuo sostenitore del Movimento Sociale Italiano. L'amore che aveva per i nipoti era fortissimo. Mio nonno è stato la prima persona a cui ho fatto l'autografo. i suoi dipendenti, così come i negozianti del paese dove abitava, che era Castelvetrano, lo amavano molto perché aveva fatto tanto per loro. Era un proprietario terriero e il palazzo dove abitano ora i miei genitori apparteneva a lui. Quando devo diventare un altro e lasciare da parte Fabrizio, vado a fare una passeggiatina e cerco di avvicinarmi al personaggio che mi è stato affidato. Penso a come è vestito, al suo viso, alla barba e ai capelli, e quando mi hanno detto che Carlo aveva una massa di capelli bianchi, mi è subito balenata nella mente l'immagine di mio nonno, che oltretutto aveva una grandissima presenza scenica. Credo di aver portato nel film questa sua caratteristica, e forse è anche per questo che Indelebile mi è così caro".
Al di là del personaggio di Carlo, cosa le piaceva, e ancora ti piace, di Indelebile?
Mi piace che sia un film che parla d'amore, di famiglia, di famiglie allargate e famiglie classiche. Accanto all'amore c'è però il sospetto, che è una cosa che può fare veramente male, come si vede ad esempio nello splendido film con Mads Mikkelsen che si intitola proprio Il sospetto. Questo sentimento finisce a un certo punto per avere la meglio su Veronica, spingendola a gridare: "Se mio nonno è un cazzo di mostro lo voglio sapere!". Giulia pronuncia benissimo questa battuta, e sono stato contento di trovare in lei una compagna di lavoro molto brava e capace di ascoltare. Quando gli attori sono validi, vinciamo tutti, anzi vince il film, perché io non devo vincere niente, e quindi vince la storia, una storia in cui mi sono buttato totalmente.
A cosa allude secondo lei il titolo del film? Cos'è indelebile nel racconto?
Ad essere sincero il titolo non mi ha mai convinto e Simone lo sa perfettamente, ma non è certo un problema, perché costruisco il carattere di un personaggio su altre cose. Il titolo non mi condiziona e non è per me di primaria importanza. Nel caso di questo film mi convince di più il titolo internazionale Family First (prima la famiglia). Ha una risonanza positiva, più musicale, orchestrale. Io vivo in casa con il figlio di mia sorella, che si chiama Daniele, e con mia sorella, che è una mamma single. Per me loro due vengono prima di qualsiasi altra cosa, come del resto è giusto che sia. Durante il primo anno d'asilo, Daniele faceva molti disegni. In uno c’ero io, colorato di rosso e con delle braccia lunghissime. Ero gigante e proteggevo tutti: mia sorella, mia madre, mio padre e lo stesso Daniele. I bambini devono sentirsi coccolati, protetti e rassicurati, e quando succede sono sereni. In questo film nessuno si sente particolarmente rassicurato, perché ci sono cose dette ma anche cose non dette.
Che immagine della provincia ci restituisce questo film?
Io sono della provincia di Trapani e abito in un paese tremendo, tristemente famoso per fatti di Mafia. 30 anni fa a Castelvetrano c'erano 20 compagnie di teatro amatoriale, c'era movimento, c'erano le feste e le sagre. Adesso è un paese vuoto. La provincia è un po’ così: piena di pettegolezzi, pregiudizi e preconcetti. A volte è anche "piccola", perché piccola è la testa degli uomini e quindi non c’è scambio. Per fortuna ci sono delle eccezioni, perché Castelbuono, dove abbiamo girato, è un paese straordinario: fanno la raccolta differenziata con un mulo che va nelle stradine e trasporta un signore con due ceste. E poi ci sono il jazz festival, il film festival e molti altri eventi, e dipende dalla mentalità della gente, che in questo caso ha voglia di far conoscere il luogo in cui abita.
Come ha affrontato il personaggio di Carlo?
La Sicilia è Grecia, è monumenti e templi, e farmi crescere la barba e avere questa capigliatura imponente, questo ciuffo, mi ha dato la sensazione di avere l'autorità per abitare in questa mia regione. Mi sono mosso con grande attenzione, perché a volte basta poco per essere ridicoli, ma siccome nel mio lavoro devo sempre essere vero, raramente vado sopra le righe. Ci devi credere nelle cose che fai e anche la natura ti aiuta a sentire, a ponderare, a respirare cose. La terra è importante come pure l'agricoltura, e quindi sporcarsi le mani, le galline... Nel film ho pensato di esaltare queste cose, di renderle un po’ solenni, perché raccontano il personaggio di Carlo, "fanno" il personaggio di Carlo. Certo, bisogna stare attenti a non cadere negli stereotipi. Anche per questo mi sono lasciato aiutare da questa solennità e perfino dal canto mattutino degli uccelli. Devo dire che stare 5 settimane in quei posti è stato un arricchimento.
Il Noir in Festival ha tributato a Fabrizio Ferracane il Premio Luca Svizzeretto
Le foto dell'articolo sono di Moris Puccio
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