venerdì 12 settembre 2025

Rukeli, la resistenza diventa animata: incontro con Alessandro Rak

Un pugile e il suo ultimo combattimento, ad Auschwitz. Il cinema d’animazione rivendica il suo spazio e cattura attenzione anche in questa edizione del Festival di Venezia, come dimostra un lavoro speciale di Alessandro Rak, uno dei maestri nazionali del generi, che ha presentato un cortometraggio, fuori concorso nella sezione Orizzonti. Rukeli è la storia del pugile sinto Johann Trollman, detto Rukeli, “simbolo di resistenza e identità contro ogni forma di discriminazione”.

Rukeli è prodotto da AntropicA, RUKELI è una co-produzione Sideways Studios, Film i Väst in associazione con Mad Entertainment, in collaborazione con Rai Cinema, realizzata con il supporto di Film Commission Regione Campania. Distribuzione a cura di Premiere Film.

È lo stesso Alessandro Rak, che abbiamo incontrato a Venezia, a raccontarci come nasce il progetto, e come abbia coinvolto molti ragazzi della provincia napoletana.

"L'associazione chi rom e chi… no, che opera sul territorio e si occupa delle minoranze etniche, rom e sinti, mi ha proposto di fare un laboratorio all'istituto Galileo Ferraris di Scampa. L'idea era fare un laboratorio di animazione, perché questo è il mio settore, e di legarci all'anniversario del Porraimos, una tragedia meno nota rispetto all'olocausto ebreo in cui hanno perso la vita 300.000 persone di etnia sinti e rom. Abbiamo pensato di coinvolgere i ragazzi su temi di carattere storico e sociale. Emma Ferulano e Biaggio Di Bennardo hanno proposto la storia davvero potente di questo pugile rom, che poneva proprio l’attenzione su quello che ci interessava. Quindi ho incontrato i ragazzi varie volte e proposto poi un testo in prima persona di Rukeli che si raccontava, quindi l'abbiamo snellito e smussato insieme con i ragazzi dell'Istituto Galileo Ferraris e siamo passati alla fase delle immagini. Il tutto per dare ricchezza alla narrazione, in modo che funzionassero con la voce del protagonista e facessero calare ancora di più dentro all’esperienza storica. Immagini prese da internet, disegni e fotografie mischiate tra di loro o anche generate dall'intelligenza artificiale, perché la cosa importante era ottenere immagini che vibrassero. Mi hanno dato una mano Antonio Di Matteo, la voce del protagonista, e Marco Sica, musicista dei Guappecartò. Poi Andrea Scoppetta, caro collega e amico di sempre, mi ha dato una mano nella lavorazione dell’animazione, e io ho impastato tutte queste foto, le ho trasformate in qualcosa di più pittorico e gli ho dato vita, per rendere più dinamica la narrazione. Questo corto doveva essere la conclusione di un laboratorio con dei ragazzi e invece per fortuna ha avuto un percorso ulteriore, Antropica ha deciso di entrare proprio nella produzione, come Film i Väst e gli svedesi di Sideways Studios, che hanno fornito una migliore sonorizzazione e mi hanno invitato a Göteborg per finalizzarlo. Poi Mad Entertainment, che è sempre con me. Poi è arrivato l’invito fuori concorso a Venezia, una cosa bella perché mi immagino le emozioni dei ragazzi che hanno fatto un laboratorio a scuola e vedono come attraverso una voce si può cambiare tono, alzarsi, se si toccano temi che hanno una rilevanza per le persone.

I ragazzi hanno un rapporto di grande immediatezza con le immagini, sono abituati ogni giorno a costruire le immagini, a sovrapporle, in qualche modo ad animarle

Ma sono anche abituati a subirle, però. Quindi il fatto di fare un processo attivo con le immagini, secondo me, è importantissimo, perché in alcuni casi ti fa capire anche i tranelli. È bello lavorare nell'audiovisivo con i ragazzi, perché loro hanno delle intuizioni improvvise, magari relative a cosa voglia dire stare dall'altra parte. Aumentano la capacità di lettura dell'immagine.

Mi sembra che l’animazione possa rappresentare in prospettiva un campo da esplorare molto interessante per i ragazzi

Abbiamo iniziato il laboratorio parlando prima di tutto di aspetti tecnici e artistici dell'animazione e dello storytelling, che possono portare in direzione artistica, industriale, in mille direzioni. Diciamo che nel caso di esperimenti così brevi non si può andare verso la precisione tecnica di realtà produttive dell’animazione, per cui l'idea era semplicemente di capire come si fa a mischiare immagini e suoni e raccontare qualcosa. Sono contento di aver capito, attraverso questo laboratorio e l’insegnamento all'Accademia delle Belle Arti, che cosa significa far scattare questi meccanismi nella testa dei ragazzi. Io sono appassionato da sempre, quindi do per scontate un sacco di cose. Vedere invece sorgere delle intuizioni rispetto a questi argomenti mi presenta un quadro che prima non avevo sull'importanza del linguaggio audiovisivo. La parola, il verbo, l'informazione in questo momento storico stanno perdendo terribilmente di significato e di aderenza con la realtà. Questo ripetere in maniera ridicola determinate cose nell’ambito dell’informazione riesce solamente a creare uno scollamento tra le persone, l'informazione, la politica, la società.

Ma invece, su cosa stai lavorando ora?

In questo momento ho messo tutto da parte per lavorare, in tempi strettissimi, a un corto in occasione della celebrazione di 2500 anni dalla fondazione della città di Napoli. In qualche modo è un suggello agli anni di lavoro. Ci sono nato dentro a questo calderone, la città ha un requisito di anarchia e di minoranza, e per fortuna si crea attenzione e interesse attorno alle minoranze. E poi le si spolpa anche, purtroppo, rappresentando una ricchezza sconosciuta. Questi segreti vengono spolpati per essere acquisiti da una cultura di massa, quello che rimane spesso è un territorio un po' mortificato e abbrutito nel ripetere in maniera più ridicola il sé. Io spero che questo non accada a Napoli, perché è una realtà sempre dinamica.



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