Gli incontri del Noir in Festival hanno sempre qualcosa di speciale, e probabilmente dipende dal fatto che chi modera le masterclass, o lezioni di cinema o conversazioni, non solo conosce l'opera e la "poetica" dell'interlocutore, ma spesso fa il suo stesso mestiere, o è comunque anche lui un artista, un creativo.
Nella giornata inaugurale della 33esima edizione del festival dedicato al cinema e alla letteratura noir, il Raymond Chandler Award 2023 racconta di sé scegliendo come pubblico gli studenti della IULM, che, nell'Auditorium dell'Università milanese di Comunicazioni e Lingue, si sono riuniti in molti. A introdurre Daniel Pennac alle ragazze e ai ragazzi è una mente brillante: il giornalista, scrittore e semiologo italiano Stefano Bartezzaghi, figlio di quel Pietro che è stato un glorioso re dell'enigmistica. Bartezzaghi junior adora Pennac e "Il Ciclo Malaussène" (o "Serie di Belleville"), di cui, nel marzo di quest'anno, è uscito il capitolo finale: "Capolinea Malaussène". Dopo la prima domanda, Pennac dice al collega: "Grazie, Barthez”, spiegando che così si chiamava un calciatore e allenatore francese al quale, dopo ogni partita, "i suoi" dicevano, appunto, "Grazie Barthez".
Come spesso si fa quando si deve introdurre a una platea un artista famoso, Bartezzaghi comincia la sua lunga intervista chiedendo a Daniel di parlare dell'inizio della sua carriera. "La radice della mia attività di scrittore" - risponde Pennac - "o meglio la ragione per cui sono diventato romanziere, ha a che fare con un professore che un giorno mi ha detto: 'Scrivi un romanzo'. Quel giorno quel professore mi ha dato una lezione di scrittura e al contempo di pedagogia, il che ha fatto sì che diventassi sia scrittore che professore. Ma perché una lezione di pedagogia? Perché la sua proposta di farmi diventare uno scrittore era una reazione al fatto che gli mentivo in continuazione. Ero uno studente pessimo in tutte le materie, compreso il francese, anche se nella realtà leggevo tantissimo. Un pessimo studente è costretto a mentire quasi sempre, perché si deve inventare, quando non ha fatto i compiti, scuse improbabili tipo: 'La colpa è della mucca che si è mangiata il compito', e può trovarsi di fronte due tipologie di professore. Il modello più diffuso è il professore moralista, che ti dice: 'Sei un bugiardo, sei uno sporco bugiardo, con i bugiardi non si può fare nulla, è impossibile fidarsi, finirai certamente per diventare un ladro, farai a botte, finirai in galera e te lo sarai meritato. Il 90% del corpo insegnanti vanta individui di questo tipo, ma c'è un 10% che ragiona in modo pedagogico e decide di fare il proprio mestiere, e quel professore faceva parte di questo 10%. Avrà pensato: Questo ragazzo ha immaginazione. Come posso utilizzare questa sua immaginazione per creare un rapporto fra lui e la materia che io insegno?'. Così mi ha detto: 'Ascoltami: ora la devi smettere con le tue stronzate, ora devi cercare di mettere a frutto la tua immaginazione scrivendo per me un romanzo. Per tutto il prossimo trimestre, voglio 10 pagine a settimana, e alla fine del trimestre il tuo romanzo dovrà essere concluso, e siccome non voglio perdere tempo con i tuoi errori di ortografia, desidero che lavori con un dizionario aperto accanto e che controlli tutto, anche le parole che credi di saper scrivere'. Avevo 15 anni, ne ho oltre 60 di più, sono diventato scrittore, professore e da 63 anni lavoro con un dizionario aperto sempre al mio fianco".
La caratteristica più nota di Daniel Pennac, e anche la sua trovata più originale, è l'aver inventato un protagonista che di lavoro fa il capro espiatorio: Benjamin Malausséne, apparso per la prima volta ne "Il paradiso degli orchi". Lo scrittore, sempre incalzato da Bartezzaghi, spiega la genesi di questa fantastica idea:"Ho letto 'Il capro espiatorio' di René Girard, secondo il quale qualsiasi gruppo umano riesce a rinforzarsi rifiutando un capro espiatorio che fa parte del gruppo. Naturalmente sono rimasto folgorato da questa idea antropologica. Così ho scritto a René Girard: 'La sua idea è veramente brillante, geniale, chiarissima, semplicissima, è una grandissima verità in ambito familiare, sociale e politico che mi ha fatto venir voglia di scrivere una serie di libri basata su un capro espiatorio professionista, e cioè un tizio che prende uno stipendio per farsi sgridare al posto degli altri. Mi autorizza a farlo?'. Girard mi ha risposto: 'Prima di darle l'autorizzazione, andiamo a pranzo insieme'. Siamo andati a pranzo insieme, abbiamo riso molto e mi ha dato il permesso di cominciare a scrivere".
Gli otto romanzi con protagonista Benjamin Malaussène sono ambientati dunque a Belleville, un melting pot che è diventato famoso proprio grazie a Pennac, oltre che per merito del film d'animazione di Sylvain Chomet Appuntamento a Belleville. Quando lo scrittore lo ha visitato per la prima volta, subito se n'è innamorato. Altro che la Parigi del sesto o sedicesimo arrondissement!
"Belleville può essere descritto come un quartiere multietnico" - dice Pennac - "ma per me è soprattutto il Sud assoluto, perché ci abitato persone che provengono da tutti i paesi del Sud ai quali si sono poi aggiunti i paesi asiatici, ma questo è legato a motivi geopolitici, che dipendono dal fatto che la Francia è stata un paese colonialista, e quando le colonie hanno conquistato la loro indipendenza, i loro abitanti sono emigrati e a Belleville. Infine sono arrivate persone dall'Algeria, dalla Tunisia, dal Marocco e così via, e hanno scelto Belleville perché era il quartiere meno caro di Parigi. Io stesso vivo a Belleville dal 1969 e so che Belleville è il centro di tutte le migrazioni, come lo è, fra l'altro. la Francia. A un certo punto a Belleville si sono stabiliti anche molti ebrei quando ci sono stati i pogrom in Russia o in Ucraina. Lo stesso hanno fatto gli armeni, quando ci sono stati i massacri compiuti dai turchi. Per tutte queste ragioni Belleville è la storia, o meglio la storia ridotta a un piccolo quartiere, a un fazzoletto di terra, la storia con tutti gli emigrati che si sono mossi in quei periodi. Per me Belleville è il quartiere ideale perché è estremamente vario. Si parlano tantissime lingue, si mangiano piatti appartenenti alle cucine di tutto il mondo, si venerano e adorano gli dei più inverosimili. Io mi ci sono trovato molto meglio che nel quinto arrondissement, in cui ho abitato per pochi giorni quando sono arrivato a Parigi. Mentre stavo là, avevo sempre l'impressione di incontrare me stesso non appena uscivo di casa".
Altra caratteristica dei libri di Daniel Pennac, in particolar modo "La serie di Belleville", è un'idea squisitamente contemporanea di famiglia. La famiglia Malaussène - fa notare allo scrittore Stefano Bartezzaghi - è una famiglia non verticale, e quindi ,più che essere un albero, somiglia a un cespuglio. Questo modello adesso è diffuso, è la normalità, ma alla fine degli anni '80 le cose funzionavano diversamente. "La famiglia Malaussène" osserva spiega Pennac - "è una famiglia di tipo elettivo. In fondo, mia moglie ed io in 40 anni abbiamo costruito un po’ lo stesso modello. Noi non abbiamo figli ma siamo stati adottati da bambini che a volte erano già adulti quando lo hanno fatto, quindi siamo stati una famiglia adottiva, e non so più da quante famiglie siamo stati adottati: tipo 15, 20, 30 persone".
A proposito di famiglia, a Daniel Pennac manca tanto suo fratello, che non c'è più. A lui lo scrittore ha dedicato "Mon frère", una delle sue opere più belle che ha pensato di scrivere dopo aver visto una Ferrari: "Avevo un fratello che è morto e che amavo tantissimo. e che mi manca tanto. Un giorno mi trovavo in autostrada e andavo verso il sud della Francia. A un certo punto sono stato superato da una Ferrari, una scheggia rossa che poi è scomparsa all'orizzonte. Quando è accaduto, ho subito pensato: 'Sono stato superato dall'esatto contrario di ciò che era mio fratello'. Quella Ferrari andava a 200 all'ora ed era il simbolo dell'idiozia più totale, e così mi sono detto, pensando a mio fratello: 'Questa Ferrari è assolutamente il contrario di ciò che era mio fratello, che era una persona che desiderava poco. Voglio scrivere un libro su di lui. Se non fossi stato superato da quella Ferrari, ‘Mon frère’ non esiterebbe. In più non mi sarei mai ricordato che lui diceva sempre: 'Non aggiungiamo altre cose all’entropia', e la Ferrari aggiunge tanto all'entropia".
Uno scrittore che piace tanto a Daniel Pennac è Vladimir Nabokov, che poi è l’autore di "Lolita". Sembra che la famiglia dell'uno conoscesse quella dell'altro, e il destinatario del Premio Raymond Chandler del 33° Noir in Festival ha qualcosa da narrare in proposito: "Quando ero bambino la famiglia Nabokov viveva accanto a noi, e siccome ero un ragazzino terribile, mia madre mi diceva: 'Senti, Daniel, vai a trovare i Nabokov' e io ci andavo il sabato e magari ci passavo il weekend. Vladimir era bravissimo a catturare le farfalle e un giorno ha voluto insegnarmelo, ma io ero negato, inciampavo, cadevo, e così Vladimir ha capito che non sarei mai diventato un cacciatore di farfalle e allora mi ha detto: 'Chissà, forse un giorno diventerai invece uno scrittore molto popolare, però, per diventarlo, devi sapere una cosa, e cioè che devi conoscere il personaggio principale di tutti i romanzi. Immagina un transatlantico, uno di quelli che oggi non si fanno più ma estremamente lussuosi, quelli che venivano affondati dagli iceberg, per capirci. Riesci a immaginarlo questo transatlantico?', 'Sì, Vladimir, ci riesco'. 'Ora c'è un viaggiatore. Prova a immaginare questo viaggiatore che sta sul transatlantico e che passa tutte le notti a ballare, danza fino alle 3 di notte, vestito di tutto punto, col suo smoking. Una volta questo passeggero sale sul ponte. Si toglie il farfallino, si toglie la giacca e va verso la prua della nave, poi si arrotola le maniche e comincia a respirare a pieni polmoni l'aria dell'Oceano. A un certo punto un venticello gli solletica il naso e il passeggero starnutisce, e a quel punto accade un dramma: i gemelli che aveva, che erano fatti con diamanti estremamente preziosi, che valevano una fortuna e bastavano per nutrire 3 generazioni, cadono nell'Oceano e vanno a fondo, scendendo di 3227 metri. Ora, lo stesso passeggero, sei mesi dopo, si reca a New York e va nel miglior ristorante di pesce della città. Entra nel locale e gli dicono: 'Buongiorno, benvenuto nuovamente da noi, oggi abbiamo del branzino fantastico. Vuole del branzino?' 'Certo'. A quel punto arriva il maître d'hotel che porta il branzino cotto e dice: Signor Barthez, lo preparo io oppure se lo prepara da solo?'. 'No, me lo preparo io'. Così l'uomo comincia ad aprire il pesce e ad eliminare le spine, e i gemelli dentro il pesce non ci sono'. E questo è quello che mi ha raccontato Vladimir, che però, in realtà, non ho mai conosciuto"
from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/ea7vsQw
via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web
Nessun commento:
Posta un commento