Wild Life racconta il viaggio lungo decenni di Douglas Tompkins, la sua storia d’amore per la natura selvaggia e i panorami, a cui dedicò la seconda parte della sua vita e quella con Kristine, che come lui si lasciò alle spalle un lavoro in brand di successo per la vita outdoor. I due crearono o ampliarono Parchi nazionali per milioni di ettari e delle aree di ripopolamento di specie animali in Cile e Argentina. Il documentario racconta gli alti e i bassi, le difficoltà e i grandi successi della più grande donazione privata di terreni della storia.
A raccontarla, questa vicenda, un’altra coppia, quella composta da Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin, premi Oscar per Free solo, splendido racconto dell’ostinazione di un alpinista per una cima in California. Ancora una volta nella natura, e come in quel caso i due non si limitano a illuminare la vicenda pubblica, l’ostinazione di persone capaci di pensare al di là degli schemi comuni, ma donano profondità esplorando anche la parte più intima, le inevitabili fragilità e complessità umane di personalità così particolari. Doug e Kris, o Birdy e Lolo, come si chiamavano nei momenti di intimità, volevano salvare il pianeta.
Semplicemente questo. Il loro piccolo angolo di pianeta, sempre più grande a dir la verità, mentre continuavano a spendere i molti soldi che Doug aveva guadagnato come creatore di un marchio globale dell’abbigliamento degli anni ’80 come Esprit, dopo aver fondato e venduto The North Face, mentre Kris era stata per anni a capo di Patagonia. Marchi che crearono letteralmente l’abbigliamento per la montagna e la natura estrema, a partire dalla semplice esigenza di un gruppo di scalatori giovani e pieni di energia che, non avendo attrezzatura per arrampicare e vestiti per coprirsi al meglio in quota, se li inventarono. Crearono uno stile di vita, fra surf sci in altura e scalate. Come dice nel film Yvon Chouinard,, fondatore di Patagonia e miglior amico di Tompkins, “per individuare un imprenditore cerca un delinquente giovanile”. Un gruppo di amici che trovarono nel Cile e nella Patagonia un “west americano di cento anni prima, ma autentico”. Tutti gli ecologisti erano scalatori, perché vedevano la natura distruggersi e, assecondando questo fenomeno, avrebbero distrutto loro stessi.
Presentato come evento fra i più attesi, in concorso, al Trento Film Festival, Wild Life prenota un posto di rilievo per la prossima stagione dell’Oscar al miglior documentario. Appena uscito nelle sale americane, dopo la proiezione a sorpresa a Telluride e la presentazione al South by Southwest, è una produzione National Geographic sarà disponibile in streaming dal 26 maggio su Disney+.
Si tratta fondamentalmente di una splendida storia d’amore, non una di quelle previste e scontate, magari scritte nelle stelle. Non erano destinati a esserlo, innamorati. È piuttosto una di quelle storie nate dalla voglia di cambiare le rispettive vite, di ricominciare, e in questo senso è una storia Americana per eccellenza, terra delle seconde opportunità. Loro erano già andati all’ovest e da lì partirono per il sud estremo, per il Cile e la Patagonia. Allo stesso tempo rappresentano l’epitome del romanticismo, perché dimostrano che forse davvero è possibile trasformarsi, cambiare, e farlo perché una persona che ci si trova davanti lo rende inevitabile. “Come quando vieni colpita da un fulmine” dice Kris o “un grande atto di fede”. Come preferite. E poi, naturalmente, c’è la natura. Ci sono gli ambientalisti che comprano terreni grandi quanto lo Yosemite, per creare un parco nazionale da restituire alla gente. Loro che erano cresciuti assorbendo lo spirito hippy della California anni '60, negli anni '90 lasciarono tutto per inseguire un altro sogno, adulto e orientato a preservare un mondo che avevano imparato a conoscere. E a cui non potevano più fare a meno.
from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/jQWxOKV
via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web
Nessun commento:
Posta un commento