lunedì 1 febbraio 2021

David Fincher: "Non credo nel concetto di autore", usa Taxi Driver come esempio

Ha diretto Fight Club, The Social Network e Zodiac, è di nuovo in odore di Oscar per Mank su Netflix: tra i cineasti americani etichettabili come "autori", David Fincher è uno dei più quotati, eppure in una lunga intervista sul sito ufficiale di Mank ci fa sapere che non crede nel concetto di "autore" al cinema. Come è successo altre volte, le considerazioni di Fincher rimangono argute e intelligenti per chiunque segua la settima arte. Selezioniamo.

L'autorialità potrebbe funzionare se mi capitasse mai di vedere chi comanda in grado di spiegare esattamente cosa vuole, e le rimanenti 85 persone eseguire esattamente quella cosa. A quel punto potrei di sicuro puntare il dito su quella persona. Ma [...] a volte l'imbrocchi, a volte no. Rimarranno cose con cui continuerai a combattere, sarà un processo che coinvolgerà tantissime persone, con la produzione di un sacco di rifiuti e scarti. Come diciamo sempre, "un film non lo finisci, lo abbandoni."

David Fincher: Robert De Niro, Taxi Driver e il concetto di autore

Per spiegare la sua idea di autorialità "collettiva" che non nasce tuttavia dal caos ma dal formarsi di un'identità in corso d'opera, David Fincher sceglie un esempio illustre: Taxi Driver (1976) di Martin Scorsese, dove Robert De Niro improvvisò la battuta iconica "Stai parlando con me?", non presente sulla sceneggiatura di Paul Schrader. In quel momento allora chi è l'autore del film? David prova a farcelo capire.

Il fatto che quella battuta non avesse mai preso la strada della carta attraverso una macchina da scrivere, non la rende meno il prodotto di una collaborazione perfetta. Lo sceneggiatore magari non era nemmeno presente sul set, ma aveva dato al regista e all'attore, e a tutti, il direttore della fotografia, il microfonista, tutti, questa cornice per capire chi fosse Travis Bickle. [...] Questo non significa che Robert De Niro abbia scritto Taxi Driver. E non significa che Martin Scorsese non sia un genio perché si è limitato a dire: "Teniamo questa". Mi spiego? [...]
Quando chiedi a un attore d'improvvisare, nove volte su dieci non viene fuori "Stai parlando con me?" A volte vengono fuori cazzate e dici: "Okay, forse non gli ho dato abbastanza materiale". [...] Quando si crea una sola entità, sceneggiatore, produttore, regista, operatore, tecnico del suono, attore, controfigura, dolly, fuochista - quando tutta questa dinamica gira a mille, vengono fuori quelle cose.

David Fincher, la realtà della regia e come funziona

David Fincher, dopo un quarto di secolo trascorso a dirigere lungometraggi (e ancor di più a dirigere in generale, a partire dai suoi videoclip), ha chiarissima l'idea di come funzioni la regia e di quale rapporto abbia con l'esito di un film. Mettete via il blocchetto di appunti, perché c'è più materiale in chi sia disposto a credere alla magia della settima arte. Ricorda una sintesi storica di Kubrick: "Fare un film è come cercare di leggere Guerra & Pace sulla macchinina dell'autoscontro al luna park".

Come chiunque sia stato sul set sa, ci sono sudore, imprecazioni, trucchetti, manipolazioni, devi saper avere la mano pesantissima e devi saper scolpire i chicchi di riso. È neurochirurgia, decorazione d'interni, posa delle fondamenta e psicologia infantile. Tutte queste cose allo stesso tempo. È molto difficile per chi non è iniziato immaginare la controllata stronzaggine che c'è dietro. A volte accade per caso, a volte accade per esplicita progettazione geometrica. A volte ancora qualcuno sbaglia una battuta nel modo migliore possibile e centra il senso di quella scena.
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