giovedì 23 aprile 2020

Il principe dimenticato, il film per ragazzi con Omar Sy in streaming su Amazon Prime Video

Abbiamo incontrato il regista premio Oscar Michel Hazanavicius e vi raccontiamo tutto sul film per famiglia fra i kolosal dell'anno in Francia con protagonista un Omar Sy papà e principe.

Arriva direttamente in streaming anche su Amazon Prime Video, Il principe dimenticato, un film da favola, nel senso che ha tutti i crismi di quel genere così poco frequentato dal cinema europeo. Con tanto di principessa e di studios molto hollywoodiani in cui ogni notte un padre amoroso si trasferisce, dopo aver messo a letto la figliola, per regalare un sogno fiabesco, avventuroso e con lui in persona, rigorosamente, come protagonista assoluto.

Il principe dimenticato, un film per famiglie e bambini

Omar Sy è il papà single protagonista di questa storia. Si chiama Djibi e la figlia di 8 anni, Sofia, è tutto per lui: la sua gioia, la persona intorno a cui ruota la sua giornata, ma soprattutto le sue nottate. Infatti ogni sera mettono in scena in maniera molto particolare il rituale della storia della buonanotte. Papà Djibi la porta nella sua Storyland, uno studio cinematografico vero e prorpio, che richiama l'immaginario della Hollywood dei primi anni o di un mondo animato, visto che il luogo in cui le loro fiabe prendono vita è misto: live action e animato.

Ogni sera diventa un eroico Principe Azzurro, fino a che, dopo alcuni anni, Sofia inizia a diventare più grande, si affaccia quasi all'adolescenza, ed ecco che per la prima volta il suo eroe non è più l'adorato papà, ma il compagno di classe per cui si è presa una cotta. Quella sera il Principe sarà accantonato, non più il protagonista e la star assoluta di Storyland. Urge un intervento da parte di Djibi per cambiare le cose, per tornare al centro dei sogni e delle storie della figlia. Per farlo dovrà vedersela, e poi allearsi, con un altro personaggio delle storie, il belga François Damiens, un caratterista che amiamo alla follia. A proposito di amore, la nuova vicina di Djibi e Sofia, impacciata e sorridente, è la bella Bérénice Bejo, nella vita compagna del regista, Michel Hazanavicius. Una coppia ben affiatata che ha già portato vittorie agli Oscar e a Cannes per The Artist.

 

Omar Sy, il papà star

Non stupisce che negli ultimi tempi spesso reciti la parte del papà tenero, spesso single, alle prese con l'educazione dei pargoli tutta da solo, come accaduto in Famiglia all'improvviso - istruzioni non incluse e, indirettamente, ne Il viaggio di Yao. Del resto Omar Sy ha superato i 40 anni, è una delle stelle del cinema europeo, dopo il successo di Quasi amici, e alcune capatine nel cinema Hollywoodiano, come Jurassic World, Inferno e X-Men Giorni di un futuro passato. Ma soprattutto ha ben cinque figli, con cui vive insieme alla moglie a Los Angeles, molto geloso della sua vita privata.

Michel Hazanavicius, la nostra intervista esclusiva al regista premio Oscar

Abbiamo incontrato qualche settimana fa, a Parigi, il regista del film, Michel Hazanavicius. Ecco un estratto dell'intervista.

"Ho quattro figli, una di 21 anni, una di 16, un ragazzo di 11 e una bambina di 9, ne ho di tutte le età. È un soggetto quindi che conosco, ci sono già passato, ci passo oggi e tornerò a passarci ancora man mano che i piccoli cresceranno. Il soggetto mi è stato inviato e, naturalmente, ho accettato perché il tema mi ha da toccato da vicino, penso sia affrontato molto bene e poi ha delle ambizioni puramente cinematografiche che mi stimolavano molto. Da una parte ci sono delle preoccupazioni molto intime, nel rapporto fra un padre e una figlia, ma dall’altra sono messe in scena in maniera molto spettacolare e ludiche. Una dinamica che poteva essere molto malinconica, come la fine dell’infanzia, quando ti rendi conto che non sarà mai più il tuo piccolo bambino, ma è controbilanciato dall’aspetto molto gioioso del mondo immaginario."

Come in The Artist è una riflessione sulla narrazione?

È vero, anche se non ero cosciente. Bérénice mi ha subito detto, appena vista una prima versione, che avevo rifatto The Artist, che era lo stesso film. L’ultima inquadratura è esattamente la stessa. Non avevo razionalizzato su quanto fossero simili i temi, al centro mi sembra ci sia la necessità di credere, l’apertura di spirito, accettare il fantastico, le cose più belle rispetto a quelle che ci riserva la vita. È molto importante crederci, sono ateo e credere per me non ha alcuna valenza religiosa, ma la funzione mi sembra la stessa. Anche in ambito politico, la democrazia è solo una questione di quanto ci crediamo, altrimenti non funzionerebbe. Lottare contro il cinismo e un’ironia insistita e gratuita. Oggi credo sia molto importante.

Per gli adulti poi c’è il problema di trovare il proprio posto all’interno di una società sempre più competitiva che tende a metterti presto da parte, ci sono vari livelli di lettura per le varie età dei componenti della famiglia. 

Come in The Artist, che raccontava una persona superata dalla sua epoca che si sente inutile e abbandonata. In questo senso i personaggi sono prossimi. Riguardo alla costruzione di un film adatto a tutto il pubblico è veramente difficile. Ho voluto fare un film che posse prima di tutto per i bambini, una volta ottenuto potevamo aggiungere una stratificazione coerente, tappa per tappa. Quando ho fatto OSS, le mie parodie di spionaggio, mi sono reso conto che i bambini dagli 8 anni erano grandi fan, e non me l’aspettavo. Mi ha fatto riflettere molto e in questo caso sono partito dai bambini, ma niente mi impediva di rivolgermi anche agli adulti. Presentando il film in giro per la Francia mi sono reso conto che i nonni escono molto commossi. È vero che la relazione fra bambino e nonno è la più bella del mondo, non c’è che amore, nessuna volontà di educare o inquadrare il carattere di un bambino.

Se le dico che sembra un po’ un film della Pixar, come la prende?

È pericoloso, perché non è un budget alla Pixar [ride]. È un grande film francese, è costato più di 20 milioni di euro, ma certo ben lontano dai 200 milioni della Pixar. Sicuramente hanno rivoluzionato lo spettacolo famigliare, non si possono più fare film per bambini in cui i genitori li accompagnano e poi si mettono a guardare in giro. Lo prendo come un complimento, ma poi la gente potrebbe notare come l’animazione non sia certo a quel livello, ma sono convinto che ce la caviamo, specie in un territorio poco frequentato dal cinema europeo e francese.

Come ha lavorato appunto sull’aspetto tecnico e dei tanti effetti speciali?

Di solito ce ne sono nei miei film, ma sono quelli che non si devono vedere. Avevo quindi pratica, ma la difficoltà è usarli per un’ora e mezza, andavano dosati, ma ho lavorato con degli artisti molto bravi e motivati, appunto perché film così non si fanno tutti i giorni.

Come ha concepito l’universo del racconto, della fiaba?

Quando ho letto la sceneggiatura mi ha fatto pensare alla sede di un grande studio americano, come la Paramount. Poi siamo partiti da dove abbiamo girato, dagli elementi presenti nella periferia di Parigi, poi abbiamo aggiunto degli elementi da luna park, poi qualcosa che somigliasse agli studi cinematografici, luogo dove effettivamente si raccontano delle storie. Djibi poi è un quarantenne che vive in periferia, quindi la sua visione è a metà fra il principe e il supereroe e i costumi li abbiamo creati di conseguenza.

A distanza ormai di parecchi anni, che impatto ha avuto la vittoria agli Oscar sulla sua carriera?

Le possibilità e le tentazioni sono state essenzialmente americane, ho fatto delle scelte che seguissero i miei desideri. Fare dei film in America non rappresenta per me il Santo graal, che per me è invece la libertà, che ho. Se potessi andare là a lavorare mi piacerebbe molto, adoro il cinema e gli attori americani, la mitologia legata a quel cinema, adorerei per esempio fare western, ma non per essere infelice per tre anni. Ho avuto contatti e possibili progetti per le mani, ma con gli studios con cui ho avuto a che fare i tempi sono così lunghi per avere delle risposte che non sai più a chi ti rivolgi. Per i film che faccio qui prendo le decisioni in accordo con i produttori, ma rimane una dinamica umana. Aspettando delle riposte poi ho iniziato a fare degli altri film e sono molto contento di lavorare qui in Francia, che molti ritengono un paradiso dei registi.

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