mercoledì 29 aprile 2020

Il Ribelle: Il protagonista del film Jack O'Connell: "Vi mostro com'è essere cattivi senza volerlo"


Jack O'Connell è un giovane carcerato ingestibile nel film Il Ribelle - Starred Up, al fianco di Ben Mendelsohn e Rupert Friend.

Nel film Il ribelle - Starred Up (2013), Jack O'Connell interpreta Eric, un incontenibile giovane che passa dal riformatorio alla galera, per cominciare a vedere una luce in fondo al tunnel solo quando incontra in carcere suo padre, portato sullo schermo da Ben Mendelsohn. Jack e il regista David Mackenzie hanno spiegato la genesi del progetto e l'approccio al personaggio: selezioniamo per voi stralci da varie interviste rilasciate a Guardian, Telegraph, Complex, Vulture e Indiewire.

Il Ribelle: Jack O'Connell e il destino di carcerato

David Mackenzie spiega come, durante il casting, Jack O'Connell l'abbia convinto anche per aver semplicemente ammesso che, se le cose non gli fossero andate bene, forse avrebbe condiviso il destino del suo personaggio. Jack spiega:

Da ragazzino non riconoscevo l'autorità, sono sempre stato quello che voleva spassarsela. Ma ora sono fortunato, perché posso canalizzare la mia esperienza in questi personaggi, la mia intenzione è influenzare le persone. [...] Ciò che ho imparato dalla scuola, a parte gli insegnamenti, sono state forse altre lezioni preziose: come mentire, come stare al gioco, come ritorcere l'autorità contro se stessa .[...]
Eric attacca per principio, lo fa più per difesa che per altro. Sono tratti che considero onorevoli nel mondo in cui vive. Dev'essere un po' sgradevole e deve ignorare il dolore. Oggigiorno ci sono tante soddisfazioni superficiali, e forse la gente non si concentra sull'onore e la longevità. Lui sì, dentro di sè. [...]
Scegliendo di fare questo lavoro sono sempre stato interessato a esemplificare cosa significhi essere cattivo. Non nel senso di commettere cattiverie di proposito. Nel senso di essere un prodotto del proprio ambiente, e di avere una morale alternativa.

Il Ribelle: una storia su un carcere raccontata in un carcere

Mackenzie ha girato il film cercando il massimo realismo e la massima crudezza, ispirato da una sceneggiatura scritta da Jonathan Asser, che aveva lavorato a stretto contatto con i detenuti. Ecco cosa ci racconta in merito sulla genesi del film, mentre O'Connell ci spiega quale sia stata una delle sfide durante le riprese.

MACKENZIE: Ho incontrato Jonathan e sono rimasto di sasso davanti alla sua disarmante onestà verso ogni cosa, mi ha spiegato perché si fosse interessato al sistema carcerario, essenzialmente perché riteneva se stesso un internato. Si era trovato in prigione per caso, per delle performance poetiche, e si era subito reso conto di sentirsi a casa per la prima volta in quindici anni. E' stato un viaggio personale enorme, nel modo in cui si è rapportato ai carcerati e alla prigione, nella terapia che ha sviluppato, illustrata nel film.
O'CONNELL: Avendo avuto accesso a una prigione, abbiamo potuto girare in sequenza. Anche se le condizioni di ripresa a volte erano pesanti, compensavamo col poter raccontare la storia così come si svolgeva. [...] Un po' improvvisavamo, un sacco delle scene di gruppo le abbiamo mantenute spontanee. [...] Bisogna costruire una fiducia reciproca nelle prove, così tutti sono sintonizzati e capiscono la differenza tra recitare e diventare proprio qualcuno. [...] Le scene di combattimento dovevano sembrare davvero rischiose, non volevamo una bella coreografia, tutto doveva sembrare confuso. Di certo sono stato avvantaggiato perché alcuni comprimari erano cascatori allenati, hanno reso tutto fattibile e anche sicuro.


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