martedì 28 giugno 2016

Tutti vogliono qualcosa

Dopo Boyhood, grande successo per la critica, il giovane regista americano, porta sul grande schermo Tutti vogliono qualcosa che continua il racconto della storia di una giovinezza da dove il film precedente si era concluso. Questa volta però tutto si svolge in un esplosivo, seppur comune, campus americano.
Qui si va all'università, e come in tutte le tradizioni che si rispettino, la vita dei ragazzi statunitensi, caratterizzata dall'ossimoro incoscienza/responsabilità viene completamente sconvolta, grazie alla totale autonomia dei singoli; si comincia un'esperienza iniziatica dell'esistenza, in cui i giovani, seppur scalmanati, si inseriscono da " all'interno di una diversificata serie di gruppi di lavoro, evocativi della più forte energia di coloro che iniziano un percorso della vita da adulti.

Jake, -uno splendido Blake Jenner- fa parte della squadra di baseball del College, e per lui come chiunque faccia parte del team significa aver più di un punto a favore sin dall'inizio: più meriti e meno studio, soprattutto più successo con le ragazze e uno spirito cameratesco, che in alcuni frangenti, aiuta a superare la solitudine di un ambiente sconosciuto e pieno di sfide dovute allo spirito iper esuberante dell'età.
Jake si ritrova a vivere in una casa affollatissima e con una squadra composta dagli elementi più svariati: quello super brillante, il latin lover, il maniaco depressivo, il campagnolo/tradizionalista con fidanzata a casa, il freak californiano, non iscritto, che ogni anno si intrufola in un'università diversa solo per poter giocare a baseball... Insomma un'umanita talmente estesa nella propria sconfinata giovinezza, che permette a Linklater di spaziare in maniera intensa e leggera al contempo, descrivendo, attraverso azione e molto colore una generazione ben precisa: quella degli anni 80'.
Reagan era appena stato eletto e lo spettro dell'Aids non si era ancora manifestato, tutto sembrava esprimere gioia di vivere e innovazione. Non è un caso che Linklater abbia scelto proprio questo periodo storico per fotografare un gruppo di studenti alle prese con la vita universitaria: è in quegli anni straordinari, che la vita culturale americana ha sfornato dei veri e propri talenti musicali, in parallelo ai cugini inglesi(punk, rock) e sempre in quel momento il teatro viveva un periodo di grande innovazione, la musica disco impazzava, si respirava un'aria di libertà, di contaminazione e di scambio.
È ciò che vivono Jake e company passando da una festa pop a una country per poi finire in una punk, dove l'importante era fare colpo sulle ragazze: in effetti lo scopo prioritario per i virgulti del baseball sembrerebbe essere proprio questo, ma la sceneggiatura del film non lascia spazio a fraintendimenti: c'è la scoperta dell'alterità, i protagonisti entrano a far parte di un mondo in cui ci si affaccia alla vita adulta, si sperimentano, ma alla fine si opta per una via specifica, per forza di cose, poiché si sceglie chi essere. Linklater non perde mai occasione per parlare, in questo caso attraverso un affresco molto vivace e potremmo aggiungere "vitalistico", del ciclo dell'esistenza, come se per lui fosse fondamentale fissare la realtà magica di alcuni momenti che seppur comuni, rappresentano una forte manifestazione dell'io, in fin dei conti è come se descrivesse un "Bildungroman" in versione americana: quale topos migliore che un Campus universitario, fulcro dell'esperire più rapido e incisivo per avvicinarsi alla scoperta di sé?

(Everybody wants some ) Regia: Richard Linklster; sceneggiatura: Richard Linklater ; fotografia: Shane F. Kelly ; montaggio: Sandra Adair; interpreti: Blake Jenner: Jake Zoey Deutch (Beverly), Ryan Guzman (Kenny Roper), Tyler Hoechlin (Glen McReynolds), Glen Powell (Finnegan), Wyatt Russell (Willoughby); produzione: Annapurna Pictures; distribuzione: Notorious Pictures; origine: USA, 2016; durata: 116'



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