domenica 16 giugno 2024

Brividi d'autore al Tribeca Film Festival 2024

Il Tribeca Film Festival come ogni anno ha messo insieme un cartellone che ha proposto il meglio del cinema veramente indipendente americano con una serie di lungometraggi di valore provenienti dal circuito internazionale. La caratteristica principale delle opere migliori viste alla kermesse newyorkese è stata quella di adoperare la tensione narrativa - e quindi generi come l’horror, il thriller, l’action o il dramma psicologico - per proporre al pubblico variazioni sul tema degne di interesse e discorso non scontati sullo stato del cinema contemporaneo. E dietro di esso, magari, gettare uno sguardo alle contraddizioni del nostro presente. Ecco dunque i migliori film del Tribeca Film Festival 2024 che hanno proposto i requisiti sopra indicati. Come sempre buona lettura.

Brividi d’autore al Tribeca Film Festival 2024

  • Beacon
  • The Devil’s Bath
  • Firebrand
  • Hunters of a White Field
  • Kill
  • The Shallow Tale of a Writer Who Decided to Write About a Serial Killer

Beacon

Thriller con sfumature soprannaturali che consegna al pubblico il classico gioco al massacro tra vittima e carnefice, sfumandone però i ruoli in maniera intelligente e dosata col giusto tasso di dubbi. Diretto dalla taiwanese-americana Roxy Shih, Beacon (sezione Midnight) vede una giovane donna salvata in mare aperto dal misterioso guardiano di un faro. La permanenza nell’isola dove i due sono confinati diventa ben presto messa in discussione da eventi sinistri, che porteranno i due esseri umani a dubitare l’una dell’altro fino alle estreme conseguenze. Un’impalcatura narrativa di questo tipo non poteva funzionare se non supportata dall’efficacia dei due unici attori in scena: sono infatti il candidato all’Oscar Demián Bichir (The Nun) e Julia Goldani Telles (The Slender Man) ad elevare la tensione di beacon fino a renderlo un prodotto magari non originale ma senza dubbio interessante. La Shih adopera con lucidità l’ambientazione arcigna ed affascinante per rendere la cornice estetica altrettanto coinvolgente. Prodotto di genere realizzato con pochi mezzi ma un discreto numero idee. 

The Devil’s Bath

Già premiato con l’Orso d'Argento per il contributo artistico al Festival di Berlino, il film diretto da Severin Fiala e Veronika Franz è stato anch’esso inserito dal festival nella sezione Midnight. Ambientato nelle campagne austriache del XVIII Secolo, The Devil’s Bath si presenta come una commistione ipnotica di dramma rurale e folk-horror. La messa in scena offre allo spettatore momenti visivamente potenti, non risparmiando le parti maggiormente violente e gory della vita di quel periodo. Nel cuore però questo film racconta il viaggio verso la follia di una donna sempre più isolata da un tessuto sociale alienante, abusivo, da cui cerca di liberarsi con la poca forza fisica e psicologica a disposizione. L’ultima mezz’ora del film è senza dubbio la parte migliore - e non succede spesso quando parliamo di horror - perché aggiunge una dimensione emotiva di spessore, oltre a un discorso socio-civile sotterraneo ma pulsante al film. The Devil’s Bath funziona sotto ogni punto di vista, e riesce a scuotere lo spettatore prima attraverso lo sguardo messo a dura prova e successivamente nel profondo, dove conta davvero. 

Firebrand

Lo stesso discorso di The Devil’s bath vale in qualche modo anche per il dramma in costume diretto da Karim Aĩnouz. Anche in questo caso la messa in scena, solitamente impostata verso l’eleganza dei costumi e lo sfarzo delle scenografie, si dirige al contrario verso i meandri dell’horror psicologico. L’utilizzo di un fotografia che predilige un’illuminazione naturale e l’esposizione continua delle ferite putrescenti di Henry VIII immergono Firebrand dentro un’atmosfera torbida, asfissiante, dove il senso di pericolo e oppressione si sviluppa con pienezza. Il duello tra i due protagonisti Jude Law e Alicia Vikander può essere tranquillamente quello di un thriller psicologico, il che rende Questo lungometraggio un ibrido a tratti complesso da gestire, che scena dopo scena si trasforma in un film cupissimo, capace di riflettere sulla corruzione del potere e sul patriarcato che, pur ridotto alla putrescenza, non vuole abdicare senza lottare fino all’ultimo briciolo di forze…

Hunters on a White Field

Inserito nella sezione International Narrative Competition, questo thriller svedese diventa sequenza dopo sequenza una disamina pungente di tutto quanto non funziona nella società scandinava. Due cacciatori consumati e un novizio si immergono in un weekend di caccia che ben presto si trasforma in un confronto devastante tra psicologie complesse, addirittura contorte, che vivono la caccia e il confronto quasi ancestrale con la natura in maniera diversa. Il crescendo narrativo di Hunters on a White Field viene costruito da una sceneggiatura di notevole lucidità, che lascia trasparire poco a poco le piccole incrinature nella personalità dei personaggi che li lasciano progressivamente franare nella follia. Le scene di caccia sono dirette magnificamente da Sarah Gyllenstierna, specialmente quando assumono il punto di vista di quello che è apparentemente il più debole dei tre personaggi. Anche la metafora dietro la storia non viene mai ostentata ma rimane comunque sempre presente e tangibile. Se non fosse per una ultima scena piuttosto incomprensibile, che a nostro avviso non è troppo coerente con quanto visto in precedenza, Hunters of a White Field non avrebbe davvero altri difetti da sottolineare. Film di efficacia indiscutibile. 

Kill

Questo action violentissimo proveniente da Bollywood - ma coproodotto dalla Lionsgate - possiede la profondità emotiva necessaria per convincere oltre le evidenti doti di messa in scena appartenenti al genere. Il primo merito sta nella sceneggiatura, la quale lavora con efficacia sull’unità di luogo del treno sviluppando un meccanismo narrativo chiaro e con praticamente nessuna lentezza. Quando poi Kill si trasforma da storia di salvataggio in revenge-movie, il livello emotivo dei personaggi sale di tono, integrandosi ottimamente con lo spettacolo di una violenza grafica a tratti davvero brutale. Il regista Nikhil Nagesh Bhat gestisce il tutto con una regia precisa e adrenalinica, e un paio di momenti visivamente portentosi riguardanti un paio di vagoni del treno. Il resto lo fa il testosteronico protagonista Lakshya, carismatico vendicatore, con la partecipazione sentita di Tanya Maniktala. Una delle sorprese del Tribeca Film Festival di quest’anno, che lo ha inserito nella sezione Escape From Tribeca.

The Shallow Tale of a Writer Who Decided to Write About a Serial Killer

Piccola grande commedia grottesca totalmente newyorkese, nella dimensione snob dei personaggi quando nella folle atmosfera dell’ambientazione. Uno scrittore in crisi creativa ma soprattutto matrimoniale viene avvicinato da un uomo che sostiene di essere un assassinio seriale in pensione, e vuole che l’altro scriva un nuovo libro sulle sue metodologie criminali. Il grande problema nasce quando il serial-killer diventa anche consulente matrimoniale della coppia in crisi. Tolga Karaçelik dirige The Shallow Tale of a Writer Who Decided to Write About a Serial Killer con una scioltezza rara in questi tempi, seguendo maggiormente le suggestioni comiche che una storia realmente consolidata in sceneggiatura. E questo invece di essere il limite del film diventa paradossalmente il suo maggior pregio, trasformandolo in una sorta di happening comico/grottesco con momenti davvero molto divertenti. John Magaro e Steve Buscemi come protagonisti non potevano che essere efficaci, ma la vera forza del film è senza alcun dubbio Britt Lower, elegante e folle al punto giusto. La marcia in più di una commedia libera, senza centro e senza finale, un esperimento magari incompiuto ma assolutamente vitale. 



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